Don Marco Ferrari
(era stato eminente Rettore del Seminario di Saronno)
Con don Marco, giunto fra noi nel 1972 è iniziata l’epoca dei parroci a termine. Prima
ancora del suo ingresso ufficiale, permanendo in parrocchia per gli opportuni contatti
con il parroco rinunciatario, don Marco influenzò positivamente i parrocchiani
soprattutto per il suo modo di predicare. Nel proporre le riflessioni durante l’omelia
praticava argomenti propositivi che inducevano ad approfondire i problemi, a ricercarne
le soluzioni in modo esaustivo e convincente.
L’uditorio veniva così accattivato, coinvolto positivamente,
spronato e accompagnato a far luce sui dubbi, sulle
questioni inerenti l’attualità, la formazione personale, la
partecipazione non solo alla vita parrocchiale, ma anche
a quella sociale, nazionale, universale. Per la verità il discorso
non era nuovo per noi. Differiva però nel modo in
cui il novello parroco lo andava riproponendo al suo
gregge. E noi, prendendo seriamente in considerazione
il suo programma di attività pastorale, abbiamo messo le
basi per un rinnovato cammino alla luce del Vangelo. I
festeggiamenti per l’ingresso di don Marco misero ben in
evidenza la nostra simpatia verso di lui e l’entusiasmo per
la sua disponibilità sacerdotale a mettersi al servizio della
nostra comunità. Eravamo comunque ben coscienti
anche delle inevitabili difficoltà che avremmo incontrato nel cammino.
Ci confortava però la speranza che i lunghi anni da trascorrere col nuovo pastore
avrebbero maturati evidenti frutti duraturi e consolidati. Pensavamo che gli oltre cinquant’anni
trascorsi con don
Francesco venissero assicurati
anche alla lunga vita che don
Ferrari avrebbe potuto trascorrere
a Osnago. In realtà non fu così.
Gli anni che don Marco dedicò
alla parrocchia di Santo Stefano
furono solo nove. Furono anni
densi di attività in diversi settori
della realtà quotidiana. In primo
piano c’era la realizzazione del
nuovo oratorio. Sul fascicolo per
l’ingresso del nuovo parroco, tra
gli scritti di eminenti prelati che ci hanno presentato don Marco, c’è una breve lettera
che don Francesco indirizza a don Marco. In essa egli fa esplicitamente menzione al
problema del nuovo oratorio. Ne affida l’attuazione al novello pastore pur rammaricandosi
di potergli mettere a disposizione una cifra piuttosto esigua: 25 milioni raccolti di
casa in casa. Preventivando i costi: poca cosa! Però c’era dell’altro che poteva tornare
di buon auspicio per la realizzazione di un’opera di primaria importanza: tanto terreno
preventivamente procurato da don Giuseppe Sironi. E don Marco si mise all’opera.
Con impegno, con tenacia, anche con qualche apprensione... Tuttavia si formò un
comitato, fu ideato un progetto e, nel giro di qualche annetto, l’oratorio nuovo divenne
realtà. Bello. Imponente. Moderno ed invitante; la nostra gioventù se lo trovò in
breve a completa disposizione. E attualmente ne vediamo la proficua prestazione. Ora
si chiama Centro Parrocchiale.
Non è più quel modesto
ambiente ricordato dal nostro
concittadino novantenne Padre
Ludovico Morell che, di recente,
lo tratteggiò tuttavia come
luogo in cui i ragazzi eran vissuti
in gioiose e pur formative attività
cristianamente motivate.
Era, allora, quel mitico oratorio
del 1911, un’entità decisamente
embrionale rispetto a questo
esuberante complesso moderno.
Merito senz’altro dell’avvedutezza
di don Marco e anche
della generosità di tutta la nostra gente. E bisognò affrontare qualche altro problema.
La chiesa era stata ormai adattata alle esigenze conciliari. La situazione liturgica non
appariva negativa, ma mostrava evidenti necessità di qualche cura rivitalizzante e di
opportune puntualizzazioni. Don Marco iniziò ad introdurre qualche nuovo canto
corale. Puntò decisamente sui più classici e su quelli che potevano meglio sottolineare
le celebrazioni eucaristiche (fino allora improntate su canti in lingua latina). Ne introdusse
anche alcuni che potessero tornare utili in assemblee d’altro genere. Quando
poi fu affiancato da don Silvano Provasi, questo quadro fu ben assestato anche con
proposte che per la verità predominano ancor oggi nelle nostre celebrazioni.
Don Marco, componente di una famiglia con numerosi figli, aveva una sorella segretaria
nazionale dell’associazione genitori (AGE).
Naturalmente ne condivideva intendimenti, proposte e attività concrete. Attività che
miravano a sensibilizzare e organizzare i genitori degli alunni ad una partecipazione
attiva, vigile e costruttiva all’interno delle scuole di ogni ordine e grado. L’Age, naturalmente
di ispirazione cattolica, si proponeva (e lo fa ancor oggi) di introdurre nei nuovi
organi di democrazia scolastica, (in virtù dei decreti delegati del 1974) personalità
capaci di qualificati interventi operativi. Tali cioè da garantire sane interpretazioni dei
programmi e delle varie attività didattiche ed educative. E don Marco, non solo perchè
aveva una sorella che operava in quest’ambito, ma soprattutto per sue prerogative
personali caldeggiava la formazione dell’associazione genitori anche nella nostra
comunità. E s’impegnò per costituirla.
C’erano però allora posizioni ideologiche spesso contrastanti, pregiudizievoli talvolta
nei rapporti tra convinzioni differenti; poco propense ad un confronto sereno e
costruttivo. Contrapposizioni che, inizialmente, condizionarono l’impegno di taluni
operatori, perfino in antagonismi inconcepibili. Non certo confacenti a vera responsabilità
obiettiva. Don Marco peraltro s’impegnò in prima persona, in qualità di docen-
te, nel Consiglio d’Istituto nella nostra scuola media che, allora, aveva sede qui in
Osnago e comprendeva anche le sedi distaccate di Cernusco e di Verderio. Quindi
sperimentò con me le non indifferenti difficoltà di quella iniziale esperienza. Ero stato
infatti eletto a presiedere quel primo Consiglio d’Istituto e quella mansione non è stata
certamente priva di sorprese e di difficoltà. Furono inizialmente un gruppo di docenti
a creare disagi. Per pregiudizi, soprattutto. E, per pregiudizi, neppure le
Amministrazioni Comunali interessate favorirono l’espletamento delle competenze di
quell’organo collegiale.
E don Marco, toccò quindi con mano quei contrattempi che, per fortuna, si risolsero
presto. Cioè quando ci si convinse che l’ideale non era la contrapposizione ideologica
ma un’autentica ed obiettiva responsabilità collaborativa.
A ricordarci il passaggio di don Marco, all’interno della parrocchia, resta lo stendardo
solenne che viene portato tuttora in processione nelle grandi occasioni liturgiche. Non
era in condizioni ottimali. Grazie all’iniziativa del parroco Ferrari, appare ora rinnovato
e splendente. Ebbe a cuore, don Marco, anche la consuetudine che i quarantenni
accompagnassero la statua dell’Assunta nel giorno della Sua festa. Ricordo che quando
questo privilegio toccò alla mia leva, don Marco ci accolse nel suo giardino e, registro
alla mano, ricordò a ciascuno di noi la data effettiva del nostro battesimo.
Qualche tempo prima che si concludesse tra noi il suo mandato pastorale, gli tolsero
don Silvano. Ne soffrì visibilmente
il nostro parroco.
Con lui aveva intessuto
rapporti di autentica collaborazione.
Ci basti ricordare i diversi
campeggi estivi organizzati
sulle zone alpestri e il
funzionamento ideale dei
rapporti con gli adolescenti
all’interno del
Centro Parrocchiale.
E, proprio nel Centro
Parrocchiale vide nascere
quel germoglio che diede vita alla Fiera di San Giuseppe artigiano. Ne benedisse entusiasta
i primi passi nell’aprile del 1980. Non esitò, il parroco, a mettere a disposizione
della Fiera quanto potè, all’interno del complesso oratoriano. Ne seguì commosso e
soddisfatto le prime manifestazioni e ne auspicò lo sviluppo e la proficua durata nel
tempo.
Mentre era ancora tra noi gli venne a mancare il padre. Lo affidò volentieri alle cure
della nostra comunità. Le sue spoglie riposano attualmente all’interno del nostro cimitero.
Alle cerimonie tipiche del tempo dei morti, don Marco torna a celebrare la messa
sull’altare del nostro camposanto. Partecipano con lui anche alcuni componenti della
sua famiglia. E si rende allora evidente la convinzione che don Marco Ferrari (nel frattempo
divenuto Vescovo) occupa ancora qualche angolino nel cuore di noi osnaghesi.
La piazza! Se adesso la nostra chiesa possiede una piazza, sia pur laterale, è dovuto
alla generosità di don Marco che in tal senso aveva stipulato un accordo con
l’Amministrazione del suo tempo. Era allora sindaco Angelo Bonanomi che aveva con
il parroco grande familiarità e comunione d’intenti. Com’è del resto auspicabile che
così si realizzi ancor oggi in ogni occasione della vita civile e religiosa.
- scritto nell'anno 2006 -
Autore del testo
Alfredo Ripamonti