Drammatico di Philippe Claudel con Olivier Cruveiller, Frédéric Pierrot, Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein 115 minuti - Francia, Germania '08
Juliette degli spiriti, ventate di ricordi, l' agguato del tempo e dei rimorsi. Il titolo francese coniuga il verbo al passato (ti amo da molto tempo), quello italiano punta sul futuro. E il film è un magnifico esempio di cinema europeo, con azione interiore, molto francese, analisi psicologica raffinata e sofferente ma anche con due sorprese, una dopo 30 minuti; l' altra straziante, in fine. Riveliamo solo che si tratta dell' incontro di due sorelle, nella provinciale Nancy: Juliette, dopo 15 anni di prigione, torna dalla sorella insegnante Lèa che la ospita in casa col marito tifoso, due figli adottivi, il suocero muto per malattia e incomunicabilità, un quadro familiare tipo il Tram che si chiama desiderio di Williams. Nella ragnatela dei rapporti e della vita che ricomincia si inseriscono un commissario, un prof., un dott., una famiglia didascalicamente irachena. Al mondo si risponde senza parole, i bilanci emotivi son difficili da quadrare: segreti, bugie, sussurri e grida, sorellanze e le affinità elettive; ondate di memoria e foto ingiallite, l' importanza proustiana del passato remoto. Una storia virata al femminile senza vezzi ma gran sensibilità. Philippe Claudel vuole omaggiare la forza delle donne nel rimettere a posto i pezzi di vita, loro e altrui. Una straordinaria Kristin Scott Thomas (nomination all' Oscar era d' obbligo) percorre il film guardandoti negli occhi gelidi dentro cui ribolle una insofferenza, un rimorso svelati nella scena madre; le dà risposta pure in silenzio l' attrice di rara sensibilità Elsa Zylberstein, ma sono da citare anche tutti gli apporti maschili, vari e perfetti. Thriller moral giudiziario con mini lacune di verosimile ma una tessitura drammatica di forza eccezionale, capace di accendere un «divertimento» emotivo intellettuale continuo. Il Libro (la notte sta di conforto sul letto) risulta al centro dell' attenzione e le citazioni di Dostoevskij e Leopardi non casuali, mentre si dice che Rohmer è il nostro Racine, dalla parete occhieggia un poster di Lubitsch. Bellissimo film cui vince su tutti la Parola che nel cinema può essere un Silenzio: fidatevi.
Maurizio Porro (Corriere della Sera) |