Drammatico di Xavier Giannoli con Benjamin Voisin, Cécile De France, Vincent Lacoste, Xavier Dolan, Salomé Dewaels 144 minuti - Francia 2021
Vecchie storie che non diventano storie vecchie. Film che tolgono polvere dalla parola "classico". È questo il primo pensiero che ci viene in mente scrivendo la recensione di Illusioni perdute, il nuovo film di Xavier Giannoli che adatta sul grande schermo il celebre romanzo omonimo di Honorè de Balzac. Ci sarebbero stati tutti gli ingredienti per adagiarsi sul tipico melodramma ottocentesco in costume, con tanto di struggente storia d'amore e personaggio tragico alle prese con un lungo percorso di formazione. E invece Illusioni perdute non si siede sugli allori e non pecca di pigrizia. Pur rispettando molti canoni del melò, Giannoli non si accontenta di rievocare il passato, ma semina tra le pagine del film tantissimi ganci che parlano di oggi, raccontano di noi.
Così la storia di un giovane poeta alla ricerca di fortuna nel cuore di Parigi rompe gli argini del tempo e arriva nelle nostre vite senza sembrare poi così lontana.
Parte tutto da un sogno intinto nell'inchiostro. Il giovane Lucien è un poeta in erba dotato di grande talento e spiccata sensibilità. Per inseguire la sua nobile vocazione artistica decide di lasciare la tipografia di famiglia, dove ha imparato presto a dare peso a ogni parola, per tuffarsi tra le infinite possibilità di una Parigi caotica e irrequieta. Qui Lucien capisce presto che la poesia non sempre eleva il reale, ma deve scendere a patti con la realtà. Sin dal titolo Illusioni perdute ci mette in guarda: il destino del suo sognatore protagonista si sporcherà di fango e lacrime. Con buona pace del calamaio pieno di inchiostro, romanticismo e buoni propositi. Come una parabola fatta di picchi e vertiginose discese, la vita di Lucien trova in Parigi più di una città. Giannoli regala alla capitale francese una personalità vera e propria, la descrive come un'amante generosa ed esigente. Un posto che ti dà e ti toglie, che offre possibilità inimmaginabili altrove e subito dopo ti risucchia nel suo vortice mondano. Attraverso questa scrupolosa descrizione del contesto in cui si muove Lucien, Illusioni perdute lega le vicende del protagonista al racconto di un'epoca intera. Quella Parigi di metà Ottocento incarnava una modernità scalpitante, con la società in piena evoluzione e le abitudini stravolte. Erano gli anni in cui la stampa, l'editoria e il giornalismo stavano creando un nuovo tipo di pubblico. Una platea sempre meno passiva, più attenta, consapevole e di conseguenza decisiva. Che spazio c'è per la scrittura in questo mondo sempre più frenetico? L'autore deve adeguarsi al lettore o andare dritto per la sua strada? Lost Illusions non si schiera, non demonizzata o glorifica il progresso, ma si sofferma sulle scelte etiche di un poeta sempre più disilluso.
Sarebbe stato facile sentire "puzza di vecchio" in un film del genere. Come detto, melodramma ottocentesco di matrice letteraria prestava il fianco a una trasposizione senza guizzi. Sia chiaro: Illusioni perdute non è un film rivoluzionario, perché nella forma rimane abbastanza canonico, sostenuto da una voce narrante sin troppo verbosa e ridondante e da una messa in scena quasi accademica. Però Giannoli ha avuto l'intelligenza di far venire a galla tutta l'attualità del racconto, ponendo l'accento su temi che prestano ancora benissimo a raccontare i nostri tempi. E così Illusioni perdute si dedica al potere dell'informazione, evidenzia il potere della manipolazione (con gli albori delle fake news) e la vanagloria di una classe intellettuale costretta a scendere a patti con la società di massa. Un braccio di ferro tra il vecchio e il nuovo, la tradizione e l'evoluzione in cui emergono vizi e tragedie umane mai andati via. In fondo siamo ancora tutti immersi nella profezia di Honorè de Balzac, invidiosi del talento altrui, impauriti dal cambiamento e pronti a svenderci per un pubblico (ap)pagante.
Giuseppe Grossi (Movieplayer.it) |