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Mercoledì 03 Luglio 2024
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AFTER LOVE
Drammatico
di Aleem Khan
con Joanna Scanlan, Nathalie Richard, Talid Ariss, Nasser Memarzia
89 minuti - Gran Bretagna 2020

Non c'è altro modo di iniziare la nostra recensione di After Love se non esprimendo sin da subito la nostra sorpresa nel ritrovare in questo piccolo film l'opera d'esordio di un giovanissimo regista. Classe 1985, Aleem Khan, britannico ma di origine pakistana, dà vita a un racconto prezioso sul lutto e l'identità personale, attraverso un film di rara eleganza. Dallo stile asciutto e raffinato, sorretto da una coppia di attrici protagoniste che ammaliano, After Love è stato il trionfatore dei British Independent Film Awards, vincendo ben 6 premi, e arriva in Italia grazie a Teodora Film. La trama del film ruota intorno a Mary, donna inglese sposata felicemente con il musulmano Ahmed e che, per amore verso di lui, ha scelto di convertirsi all'Islam con il nome di Fahima. Una sera, Ahmed muore improvvisamente lasciando Mary sola e affranta, incapace di elaborare il lutto se non attraverso il ripetuto ascolto di un messaggio vocale lasciato in segreteria. Le certezze della nostra protagonista verranno meno quando scoprirà, all'interno del portafoglio del defunto, una carta d'identità di una donna di nome Genevieve, che vive in Francia. Ahmed sembra aver vissuto una doppia vita, tradendola continuamente al di là della costa. Mary sceglie, quindi, di viaggiare in Francia per conoscere l'amante del marito. Non tutto andrà come previsto, dando vita a un serie di conflitti e relazioni che porteranno Mary a conoscere non solo la rivale in amore, ma anche sé stessa. Come si può intuire dalla sinossi, il film si basa su una storia a primo impatto semplice, più legata alla dimensione interiore dei personaggi che agli eventi esterni. Si tratta di un film che scava a fondo nelle psicologie dei protagonisti attraverso un ritmo disteso e una serie di piccoli indizi poco urlati, a cui lo spettatore deve prestare attenzione e, di conseguenza, cercare di comprendere, attraverso di essi, ciò che spinge i sentimenti e le azioni delle figure umane sullo schermo. Perché After Love è un film che mette in scena anche una forte crisi d'identità da parte della protagonista. La morte del marito non è solo la frattura di una quotidianità che sembrava sicura, ma anche una crepa personale e interiore che divide Mary. È la messa in scena di dubbi, domande e incertezze che Mary si pone nei confronti di sé stessa: per la fede nell'amore del marito è stata disposta a cambiare il proprio credo religioso, eppure Ahmed l'ha tradita lo stesso. Incapace di elaborare questa doppia morte, la prima, fisica, legata alla perdita del marito, la seconda, spirituale, legata all'amore e alla fede, Mary fatica a trovare parole, per gli altri e per sé stessa. È un film, di conseguenza, composto di silenzi, dove i dialoghi tra le persone sembrano nascondere continuamente un ribollire interiore, e dove anche le parole pronunciate ne sommergono altre che non vengono dette. Lo si intuisce anche dallo stile di regia, elegantissimo, composto da inquadrature fisse in cui la macchina da presa si muove lentamente e solo per sottolineare il momento. After Love è cinema d'autore, dove lo sguardo del regista è stile necessario alla narrazione e dove il racconto si esprime al meglio attraverso un'empatia nei riguardi dei personaggi. Serviva un cast talentuoso per riuscire a mettere in scena la profondità del racconto. After Love trova nella protagonista Joanna Scanlan uno dei suoi maggiori pregi che, anche nei momenti un po' più dilatati del film - che nella parte centrale sembra pagare un momento di stasi - costruisce un forte legame empatico con lo spettatore. Nei panni di Mary, Scanlan dà corpo e soprattutto volto a una donna ferita e spaesata, che cerca di trovare la verità, sia quella oggettiva che quella personale (obiettivo non facile). Soprattutto nei momenti in solitaria, dove diventa una figura umana inserita in un ambiente naturale, la sua Mary sembra vagare in un mondo di fantasmi, come uno spirito inquieto con una lieve fiammella di vita. La sua è una storia di riscatto personale e di ricostruzione. Non è da meno la Genevieve di Nathalie Richards, che si nasconde dietro una facciata più dura e sicura, ma nasconde una serie di insicurezze che ben si sposano con quelle della protagonista. Tra di loro si percepisce il conflitto che anima il film. E proprio nel risolvere questo conflitto, il film regala, alla fine, un'ultima inquadratura davvero potente che ne conferma la bontà, lasciando allo spettatore la sensazione di aver assistito a una storia universale e, al cinefilo, di aver appena visto la nascita di un interessante cineasta.
Matteo Maino (Movieplayer.it)
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