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QUASI NEMICI - L'IMPORTANTE E' AVERE RAGIONE
Commedia
di Yvan Attal
con Daniel Auteuil, Camélia Jordana, Yasin Houicha, Nozha Khouadra, Yvonne Gradelet
95 minuti - Francia 2017

Da quando Quasi amici (che poi, in francese, aveva tutt'altro titolo, Intouchables), commedia d'oltralpe del 2011, ha avuto un discreto successo anche da noi, non appena c'è una commedia francese da lanciare in Italia parte il gioco dei titoli, e si trova una locuzione simile. C'è stato Troppo amici e ora arriva questo Quasi nemici - L'importante è avere ragione (in originale Le brio), un film che con Quasi amici non ha poi molto in comune. Il film di Yvan Attal racconta la storia di una studentessa e del suo professore. Nella Salah (Camélia Jordana) vive a Creteil e studia per diventare, un giorno, avvocato. Alla Scuola di Legge Assas, a Parigi, si scontra da subito con il Professor Pierre Mazard (Daniel Auteuil), un uomo tanto abile con le parole, quanto meschino nelle sue idee e nel mettere in difficoltà le altre persone. Una sua boutade razzista nei confronti di Nella viene ripresa, com'è inevitabile oggi, da uno smartphone e condivisa sui social network. Scoppia lo scandalo e, per mantenere il posto, Mazard accetta di preparare Nella per un prestigioso concorso di retorica. Quasi nemici, cosa già accaduta in passato (ricordate Se mi lasci ti cancello?) è un titolo che potrebbe risultare fuorviante. Perché Quasi amici e Quasi nemici - L'importante è avere ragione sono due film completamente diversi: un'opera di situazioni, ed emozioni, il primo; un film di parole, e di testa, il secondo. Ambizioso fin dai titoli di testa, quando scorrono sullo schermo le immagini e le parole di personaggi come Jacques Brel, Levi Strauss e altri, Quasi nemici è una di quelle commedie (la definizione va intesa in senso ampio perché, se strappa qualche sorriso, il film punta decisamente a far pensare più che a far ridere) intelligenti, fatte di un sapiente lavoro di sceneggiatura, dai toni misurati e dagli elementi ben dosati, una riflessione importante sulle parole, sul loro uso, sul loro ruolo nella nostra vita e nel mondo di oggi. "Ciò che conta è avere ragione. Della verità chi se ne frega". È la retorica, bellezza: l'arte di convincere gli altri con le parole, di usarle a nostro piacimento, e secondo regole ben precise, per raggiungere il nostro obiettivo. Arte antichissima e tema attualissimo, visto che, pur senza che nessuno sappia usarla in modo così raffinato, dalla politica alla società ne possiamo constatare uno sfoggio costante. E molto poco nobile. La prima riflessione che ci sovviene, già dai primi minuti di film, è che un film simile in Italia non verrebbe mai prodotto. E già questo è un motivo per andarlo a vedere. Un film che cita a piene mani Schopenhauer, Giulio Cesare, Baudelaire, che punta alla nostra testa e non alla pancia, che non cerca mai la risata facile, verrebbe considerato rischioso. Eppure, come potete capire, ci riguarda tutti piuttosto da vicino. Perché le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti. E in quest'era lo sono ancora di più, il perché è di facile comprensione. Quasi nemici viaggia poi nella Francia di oggi, ma potrebbe essere qualsiasi parte d'Europa, per parlare di terrorismo, integrazione, razzismo. È un film a due facce: cinema francese classico nelle scene in cui è in scena Daniel Auteuil, cinema più nuovo, quello di Kassowitz e di Kechiche che ci ha raccontato le Banlieue, nei momenti in cui è in scena Camélia Jordana (l'attrice lanciata da Due sotto il burqa), espressiva e affascinante nella sua bellezza imperfetta. Quando i due sono insieme va in onda lo scontro tra due mondi, come dev'essere, e la strana coppia funziona, perfetta nei tempi recitativi. Raramente abbiamo visto un film così denso di cultura come Quasi nemici: è uno di quei film che fa venire voglia di uscire dalla sala e andare a leggere, a divorarsi un libro. Tutta questa cultura però, oltre ad essere la forza, è anche il limite del film. Quasi nemici è come una di quelle persone colte e intelligenti che sono così sicure della loro cultura da non usare altri mezzi per conquistare le persone. Tradotto nell'economia del film, questo vuol dire che, confidando sulla sceneggiatura ben scritta e ricca di contenuti, ci sia scordati di dare una struttura più dinamica, sorprendente, al film. Che risulta per essere un po' prevedibile: la "distanza" tra i due caratteri diversi dura poco, e al secondo incontro dimostrano già di piacersi e stare dalla stessa parte; la svolta che cambia la loro storia, arriva (ce n'è solo una in tutto il film) ed è piuttosto debole e telefonata. Qualche saliscendi emotivo, qualche sorpresa avrebbe giovato al film, rendendolo quasi perfetto. Ma già così è un prodotto notevole. Da vedere, ricordandoci che "la stupidità in fondo è pigrizia, è il grasso intorno al cervello". Una frase da tenere sempre bene a mente, per tenere il cervello allenato. Anche con film come questo.
Maurizio Ermisino (Movieplayer.it)
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