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Mercoledì 03 Luglio 2024
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LADRI DI BICICLETTE
Drammatico
di Vittorio De Sica
con Lamberto Maggiorani, Lianella Carell, Elena Altieri, Enzo Staiola, Vittorio Antonucci
b/n, 92 minuti - Italia 1948 (versione restaurata 2019)

Ladri di biciclette rappresenta, per molti versi, il centro ideale del neorealismo cinematografico italiano. Il film di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini (per quanto alla voce 'sceneggiatura' si affollino molti nomi, il lavoro fu svolto essenzialmente da quest'ultimo, con il quale De Sica formò uno dei sodalizi più duraturi e produttivi nella storia del cinema italiano) possiede tutte le caratteristiche di fondo del movimento: ambienti reali, attori non professionisti, una vicenda drammatica sulla durezza della vita quotidiana delle classi popolari. Non che Ladri di biciclette sia esteticamente più compiuto di altri capolavori neorealisti, da Roma città aperta di Rossellini a La terra trema di Visconti: ma certo il film di De Sica incarna nell'immaginario collettivo internazionale (vinse l'Oscar come miglior film straniero) la quintessenza del neorealismo. Tale 'centralità' dipende anche dal fatto che il film appare una sorta di radiografia dell'Italia nel cruciale 1948, anno che vide il paese violentemente spaccato in due, tra Fronte popolare e Democrazia cristiana, alle elezioni del 18 aprile. Antonio si imbatte in una serie di situazioni e personaggi rappresentativi del clima sociopolitico dell'epoca: la stazione di polizia, con il reparto Celere che parte alla volta di un comizio; la riunione della cellula sindacale; le dame di carità che offrono un pasto ai poveri, ma solo dopo che questi hanno ascoltato la messa; i ricchi del tavolo accanto nella trattoria, il cui lauto banchetto, innaffiato dallo spumante, lascia esterrefatti Antonio e Bruno. Attraverso la lunga 'passeggiata' romana alla ricerca della bicicletta emerge uno spaccato ricchissimo della vita italiana del dopoguerra, con i suoi drammi e suoi piccoli eroismi, tra i segni del conflitto da poco terminato e i segnali di una rinascita che sta per arrivare. E la vicenda di Antonio è tanto più tragica, quanto più il personaggio sembra essere incapace di far parte di quel 'miracolo italiano' che sta per avere luogo. [...] Certo Ladri di biciclette, nel contesto del cinema iperstilizzato degli anni Trenta-Quaranta, presenta inediti elementi di realismo: inoltre, sul piano della costruzione drammaturgica il film obbedisce alla teoria zavattiniana del 'pedinamento', per cui la macchina da presa segue i personaggi come in tempo reale (l'ultima mezz'ora del film è quasi completamente priva di salti temporali). Lo stesso soggetto è di una banalità disarmante, apparentemente materia insufficiente a un film; la grandezza di De Sica e Zavattini è proprio qui, nella loro capacità di conquistare lo spettatore con una vicenda minimale. Ma a ben guardare, Ladri di biciclette non è affatto 'film senza film': se lo spettatore ne viene conquistato è perché dietro c'è un lavoro sapiente di scrittura, una scrittura che - come sempre in ogni forma di arte realista - punta a negare la propria presenza, a travestire l'artificio stilistico da 'realtà'.
Giaime Alonge (Enciclopedia del Cinema, Treccani, 2004)
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