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L'ORA PIU' BUIA
Drammatico
di Joe Wright
con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James, Stephen Dillane, Ronald Pickup
114 minuti - Gran Bretagna 2017

Vi sono interpretazioni che travalicano l'opera giustificandone l'esistenza e rappresentandone l'essenza. E' questo il caso de L'ora più buia, solido biopic a sfondo storico che offre un punto di vista privilegiato sulla figura di Winston Churchill. Con questa pellicola il regista Joe Wright realizza uno dei suoi film più lucidi proponendo un inedito ritratto dello statista che traghettò l'Inghilterra nell'ora più buia, la Seconda Guerra Mondiale, permettendole di uscire vincente dal conflitto, ma a benedire il film con una performance magistrale è Gary Oldman. I rumor intorno a un possibile Oscar, dovuto visto che sarebbe il primo per lo straordinario Oldman, sono d'obbligo. Finora l'Academy si è dimostrata avara di riconoscimenti nei confronti dell'attore inglese tributandogli solo una nomination per La talpa. Stavolta, però, Gary Oldman non si limita a mettersi al servizio di un autore con le idee chiare che ne sfrutta il talento come un tassello di un puzzle più ampio, ma offre una performance profondamente umana, complessa e sfaccettata. Performance supportata da un trucco che ne stravolge la fisicità senza risultare posticcia e da una sceneggiatura calibrata alla perfezione sullo humor caustico sfoderato a più riprese dal leader politico. Sarà un caso che mentre l'Inghilterra pro Brexit si prepara a uscire da quell'Europa che dovrebbe garantire la pace si moltiplicano i film bellici sugli anni '40? Dopo Churchill di Jonathan Teplitzky e Dunkirk di Christopher Nolan, il film di Joe Wright illumina la situazione politica dell'epoca gettando uno sguardo sugli scontri tra laburisti e conservatori che fungono da sfondo all'ascesa di Winston Churchill, leader dei conservatori inviso ai vertici del suo partito e rispettato dall'opposizione. Curiosamente L'ora più buia si pone come prequel ideale di Dunkirk, aprendosi poco prima della nomina di Churchill a Primo Ministro e concludendosi con l'avvio dell'Operazione Dynamo, ideata dal politico per salvare i soldati britannici bloccati nel porto francese dall'avanzata dell'esercito tedesco. Fin dalla prima apparizione di Winston Churchill in scena, preceduta da un vivace montaggio che esplora in dettaglio i preparativi per la sua lauta colazione, non possiamo non cogliere l'originalità di sguardo sull'eccezionale personaggio. La prima volta che lo vediamo, Churchill si trova a letto, avvolto in una vestaglia rosa mentre, vassoio della colazione appoggiato sul ventre prominente e sigaro in bocca, detta incessantemente istruzioni e missive indirizzate ai suoi collaboratori. Joe Wright valorizza il protagonista della sua opera con grande intelligenza adottando un punto di vista fluttuante che, in questa prima fase, aderisce alla titubante dattilografa interpretata da Lily James, costretta a fare i conti col carattere scorbutico del suo nuovo datore di lavoro. Per far emergere il ritratto di Churchill nel modo più incisivo possibile, il regista gli costruisce intorno una fitta rete di relazioni e personaggi che contribuiscono a farne emergere i tratti dominanti della sua personalità. Oltre al personaggio della James, che diverrà la sua fedele segretaria, troviamo i colleghi politici intenti a tramare alle sue spalle, la comprensiva moglie Clemmie, incarnata da Kristin Scott Thomas che offre l'ennesima pungente interpretazione, e il sovrano Giorgio VI, interpretato da Ben Mendelsohn. Nel film scopriamo che i rapporti tra Churchill e il re non furono subito idilliaci. Informato della necessità di dover incontrare il sovrano una volta alla settimana, il caustico Churchill commenta: "E' come dire che devono toglierti un dente una volta alla settimana". Grazie alla solida sceneggiatura di Anthony McCarten, già autore de La Teoria del Tutto e dell'atteso Bohemian Rhapsody, Joe Wright ci regala un ritratto eccezionale del carismatico leader inglese fornendo, al tempo stesso, un'interessante lettura dei conflitti politici dell'epoca. Dietro lo statista scopriamo l'uomo che "porta sulle proprie spalle il peso del mondo", costretto a resistere alle pressioni dei colleghi di partito che smaniano per intavolare le trattative di pace con Hitler usando Mussolini come mediatore. L'umanità di Churchill emerge dalla vibrante performance di Gary Oldman che scava a fondo dentro se stesso per restituire le fragilità del suo personaggio fotografato nel momento della scelta più ardua. Più che un pamphlet, L'ora più buia si configura come un thriller dall'andamento ritmato e incalzato. L'azione si svolge in una manciata di giorni, il tempo è scandito dalle scritte in sovrimpressione mentre per Churchill si avvicina il momento di prendere una decisione definitiva: patteggiare un accordo di pace vincolante con i tedeschi o entrare in guerra. La risposta definitiva al leader la fornirà il suo popolo in una emozionante sequenza ambientata nella metropolitana di Londra in cui Churchill si confronta con i londinesi prima di tenere il celebre discorso al Parlamento in cui promette "lacrime, sudore e sangue". Pur distinguendosi per ritmo e asciuttezza, ne L'ora più buia non mancano un paio di momenti in cui traspare un velo di retorica nazionalista. Se il primo discorso alla radio di Churchill dissolve nell'occhio privo di vita di un soldato caduto, qualche ralenty ben studiato sui londinesi che invadono le strade offre una visione eroica di un popolo che, di fronte al sacrificio, sosterrà il suo condottiero fino alla fine del conflitto mondiale. La voglia di Joe Wright di fornire un esempio di leader politico virtuoso in tempi mediocri come quelli che stiamo vivendo è palese, supportata da una regia funzionale e dalle suggestive musiche dell'italiano Dario Marianelli. Quali che siano i dubbi sulla lettura politica fornita da Joe Wright, la performance di Gary Oldman è talmente maestosa da avere la meglio su tutto il resto, perfino sullo scetticismo.
Valentina D'Amico (Movieplayer.it)
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