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Mercoledì 03 Luglio 2024
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IL FIUME HA SEMPRE RAGIONE
Documentario
di Silvio Soldini
con Alberti Casiraghy, Josef Weiss
72 minuti - Italia, Svizzera 2016

Alberto Casiraghy e Josef Weiss non sono due artisti nel senso che comunemente intendiamo. La loro arte è quella della tipografia. Arte che a dispetto dei tempi continuano a intendere e a esercitare come pratica della manualità, come lavoro artigianale. Casiraghy è un uomo di poesia, aneddoti e aforismi (uno dei quali ha dato proprio il titolo al film). La sua casa dice molto di lui: è piena di foto, disegni, memorabilia, statuette, cimeli vari, ma soprattutto tanti tanti libri e lettere manoscritte. Oggetti carichi di significato, ognuno con una propria storia. Molti artisti, disegnatori e poeti si fermano nella sua bottega a Osnago e insieme a lui stampano le loro opere per mezzo del suo gioiellino, la sua reliquia sacra: una stampante meccanica a caratteri mobili. Josef è grafico e restauratore di libri. Il suo atelier a Mendrisio in Svizzera nel Canton Ticino viene definito da Casiraghy, con l'acume che lo contraddistingue, un "convento laico", a sancire l'aura di sacralità che avvolge il lavoro dell'artigiano. La dedizione e la poesia con cui praticano la loro arte è ciò che accomuna queste due adorabili figure. Silvio Soldini, autore con un'esperienza consolidata nel cinema documentaristico [...], realizza un ritratto di due figure dei nostri giorni che consapevolmente hanno deciso di non smettere di praticare la stampa e la grafica contro le logiche moderne che allontanano sempre di più dall'apporto umano [...]. Il regista milanese osserva i due poeti della tipografia in silenzio, seguendoli nella loro quotidianità. Con la stessa cura con cui Josef piega carta e cartoncino per riaccomodare un libro, [...] Soldini intesse un racconto fatto di dettagli e attenzione al particolare, esaltando la poesia della manualità ad esempio stringendo sulle mani operose di Josef [...]. La colonna sonora è affidata ai micro rumori ambientali, ai fruscii dei polpastrelli che scorrono sulla carta mentre viene piegata, stesa, fin accudita, e dai rumori sferraglianti, ma mai troppo invasivi, della macchina a caratteri mobili. Il documentario alterna in maniera molto armonica e complementare le sequenze nelle botteghe dei due tipografi. [...] È un film dove la manualità e la tipografia vengono esaltate come forme d'arte, che ci riportano contemporaneamente all'essenzialità delle parole e di conseguenza all'essenzialità dei pensieri. In questo senso, il documentario riesce nell'intento di ridare dignità alle lettere e riconcilia il singolo carattere alla propria storia, che risale all'invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg nella prima metà del 1400. L'attenzione per il carattere, per il dettaglio ha a che fare con la formulazione del pensiero, delle massime, degli aforismi, delle poesie in cui, si sa, la posizione delle parole, delle sillabe, così come delle lettere non è casuale, ma è alla base dell'atto artistico-creativo. In fondo, anche lo stesso racconto audiovisivo si compone di un montaggio di tanti piccoli elementi visuali e sonori: i fotogrammi che si susseguono e si organizzano dando luogo al film stesso.
Tommaso Moscati (MyMovies.it)
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