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Mercoledì 03 Luglio 2024
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REVENANT - REDIVIVO
Drammatico/Avventura
di Alejandro González Iñárritu
con Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Domhnall Gleeson, Will Poulter, Forrest Goodluck
156 minuti - USA 2015

Una figura leggendaria quella di Hugh Glass, un uomo di frontiera di origini scozzesi vissuto a cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, famoso - tra le tante incredibili avventure - soprattutto per la storia del suo sanguinoso incontro con un grizzly, la miracolosa sopravvivenza alle gravi ferite e il lungo viaggio a piedi alla ricerca degli uomini che lo avevano lasciato a morire. Partendo dal mito, dalle testimonianze e dal libro del 2002 di Michael Punke a cui Revenant - Redivivo deve il suo titolo, Alejandro González Iñárritu, reduce dagli interni labirintici e dalle nevrosi teatrali di Birdman, ci porta in spazi aperti e vertiginosi, nella natura incontaminata, al fianco di un uomo silenzioso e determinato, alle prese con prove fisiche inconcepibili e con un profondo e straziante travaglio interiore. Si è parlato tanto delle ambizioni e delle difficoltà produttive incontrate durante la realizzazione di Revenant, al punto che non riteniamo sia il caso di discuterne anche qui. Qui diremo solamente che trascinare il suo generoso protagonista Leonardo DiCaprio, il suo geniale direttore della fotografia Emmanuel Lubezki e il resto del suo cast e dei suoi collaboratori per una dozzina di location una più gelida e ingrata dell'altra tra il Canada, l'Argentina e gli Stati Uniti Inarritu ha decisamente pagato, perché questo è un film, per molti versi, come non se ne sono mai visti. Una storia di sopravvivenza e determinazione che ha pochi uguali, dunque, quella di Glass, che ne ha fatto una delle figure più rappresentative della mitologia del Vecchio West: nel 1822, l'uomo si trovava lungo il fiume Missouri nel nordovest degli States, al seguito di una compagnia di cacciatori di pellami a cui faceva da guida, quando, durante una ricognizione, s'imbattè in una mamma grizzly. Sentendosi minacciata dall'uomo che puntava un fucile sui suoi piccoli, l'orsa attaccò e, prima che Glass riuscisse a ucciderla, gli inflisse ferite gravissime anche se non immediatamente letali. Il comandante della spedizione, incalzato da un manipolo di bellicosi guerrieri Arikara, lasciò indietro due uomini con il compito di seppellire quello che era evidentemente un moribondo; i due disobbedirono agli ordini, e l'abbandonarono in una tomba improvvisata; per ritrovarli, Glass, con una gamba rotta, attraversò 320 chilometri di territorio selvaggio. Non sono pochi, tuttavia, gli elementi in cui lo script, pure molto asciutto ed essenziale, firmato da Iñárritu e da Mark L. Smith, si allontana dal libro di Punke dai fatti come sono stati trasmessi, ma la "licenza poetica" più cospicua che si prende Iñárritu è Hawk, il figlio mezzosangue di Glass; non c'era nessun figlio adolescente al fianco dell'esploratore lungo il Missouri River, anche se è noto che trascorse un lungo periodo con una tribù di nativi finendo anche per unirsi a una donna Pawnee. Ma Hawk serve alla direzione che il regista messicano vuol dare alla sua storia; non gli basta il desiderio di affrontare gli uomini che l'hanno tradito, derubato e abbandonato, vuole un tormento più profondo e una motivazione più pungente per il suo eroe. E vuole affiancare al viaggio del vendicatore un altro percorso, altrettanto doloroso ma più intimo, personale e universale allo stesso tempo, al servizio del quale mette l'ordalia di DiCaprio e la metafisica bellezza della sua visione. Sin dall'apertura - un bellissimo piano sequenza che ci fa librare sulle acque basse tra la foresta e gli argini del fiume, e in seguito accoglie in campo Glass e altri membri della spedizione, armati, guardinghi e vulnerabili - il film di Iñárritu rivela il suo manifesto estetico, il modo in cui intende narrare la sua storia dal cuore della natura e non farne un mero sfondo, per una nuova prova di regia da autentico maestro. Per due ore e trentasei minuti ci mostra senza reticenze un'atrocità dopo l'altra senza permetterci di distogliere lo sguardo grazie alla magnificenza degli scenari e alla formidabile cura della messa in scena, per farci vivere sulla nostra pelle l'odissea di Glass. Il corpo a corpo con l'orso da solo è un'autentica impresa, una sequenza vivida, raccapricciante, impossibile che non ha praticamente precedenti nella cinematografia mondiale e di cui parleremo per anni. Nulla di tutto ciò, tuttavia, sarebbe stato possibile senza la dedizione e la bravura del "Chivo": Emmanuel Lubezki aveva tra l'altro il compito di ritrarre gelidi crepuscoli, rosee albe, grigie e maestose corone di monti e volti raccolti intorno al fuoco usando esclusivamente la mutevole e imprevedibile luce naturale; e se dovesse vincere il suo terzo Oscar consecutivo, dopo aver ricreato la sensazione dello spazio in Gravity e l'illusione di un unico piano sequenza in Birdman, scommettiamo che non saranno in molti a lamentarsi. Quanto agli interpreti, tanto vale ammetterlo, Leonardo DiCaprio non è il miglior attore in senso stretto di The Revenant. Tom Hardy sparisce nel ruolo con la caparbietà e l'intensità dei grandissimi, riuscendo a dare spessore a un personaggio che ha poco spazio e che nutre verso Glass un'inimicizia che non è giustificata dalla sceneggiatura. Il ruolo di Leo, d'atro canto, è semplicemente il film; tutti gli altri elementi umani, Fizgerald e Brigder, il capitano Henry, gli Arikara - sono accessori all'esperienza del protagonista; hanno lo spazio minimo e sufficiente a giustificare la propria influenza sul percorso di Glass. E anche se l'illusione non è perfetta, perché abbiamo più volte la sensazione di vedere Leonardo DiCaprio affrontare l'orsa, Leonardo DiCaprio mangiare carne cruda, Leonardo DiCaprio muoversi nudo nella neve, Leonardo DiCaprio sguazzare nei torrenti gelidi, Leonardo DiCaprio strisciare e cavalcare e precipitare, questa performance trascende il concetto di recitazione: è una testimonianza di impegno profuso in una missione artistica e in una causa personale, e negli ultimi istanti del film - che Iñárritu ha voluto girare cronologicamente, in modo che le privazioni e le sofferenze segnassero il volto di Leo - il modo in cui quello sguardo in camera ci penetra e ci espone alla fine ci fa realizzare la magnitudine della sua prova, il modo in cui, utilizzando soltanto il linguaggio del corpo, ci ha condotto verso la stessa consapevolezza che salva la vita a Hugh Glass. Revenant - Redivivo è un film quasi senza dialoghi, privo di un lavoro particolarmente approfondito o raffinato sui personaggi, al punto che il contrasto tra il cattivo sfregiato Fitzgerald e il buono ingannato tradito Bridger (Will Poulter è molto bravo, non quanto Tom Hardy, ma molto bravo) appare imbastito un po' rozzamente. In generale le linee narrative estranee a Glass, per quanto esigue, potevano essere gestite in maniera più equilibrata; ma è difficile dire se si tratti di problemi di scrittura o di difetti attribuibili a difficoltà post-produttive dovute alla qualità delle riprese. Il film vi piacerà molto di più se, come Iñárritu, vi concentrerete solo sul rapporto tra Hugh Glass e gli elementi che accompagnano il suo cammino, la mutevole natura che muta, a tratti brutalmente e a tratti dolcemente, il suo animo e i suoi propositi, mentre lui, sopravvissuto all'attacco di un orso, quasi suo malgrado impara ad amarla e a rispettarla. Non parla quasi mai, Hugh Glass, ma osservate i suoi gesti: la richiesta di pietà con cui conquista la fiducia del nativo Pawnee che finisce per proteggerlo dalla tempesta di neve e per guarire le ferite infette; la carezza con cui ringrazia il cavallo morto la cui carcassa l'ha protetto dal freddo; l'abbraccio onirico all'albero/ Hawk che placa i suoi demoni. La via per la sopravvivenza e per la compassione è il rispetto della natura; Hugh Glass lo impara attraverso immani sofferenze. Per noi dovrebbe essere più facile.
Alessia Starace (Movieplayer.it)
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