Drammatico/Storico di Mario Martone con Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco 137 minuti - Italia 2014
La vita di Giacomo Leopardi, una delle figure fondamentali della storia della letteratura italiana, non è mai risultata appetibile per il cinema. Troppo dolorosa e troppo poco emozionante l'esistenza di un letterato che ha trascorso gran parte del suo breve passaggio sulla Terra chino sui libri, intento a scrivere o a studiare, che ha vissuto per interposta persona, da spettatore, come il suo passeggere che dialoga col venditore di almacchi sull'infelicità umana.
Sospettavamo che Mario Martone fosse l'unico cineasta italiano in grado di cimentarsi con questa materia così delicata e antispettacolare, liberandola dalla patina di erudizione scolastica per ridarle nuova vita. La visione de Il giovane favoloso conferma le nostre teorie. Martone riesce a fondere in una pellicola dall'ampio respiro temi tipici della produzione letteraria leopardiana ed episodi della sua esistenza, il tutto con grande naturalezza. Là dove la biografia ufficiale si ferma, il regista non pretende di colmare i vuoti con sovrainterpretazioni, ma si limita a suggerire, a evocare, lasciando che sia il pubblico a farsi una propria idea.
Per il ruolo di Leopardi, Martone si affida a Elio Germano. Il giovane attore romano ricambia la fiducia del cineasta con un'interpretazione eccezionale. Non ci sbilanciamo nel fare pronostici, ma certo è che una Coppa Volpi nelle sue mani non stonerebbe di certo. Il Leopardi di Germano aderisce alla rappresentazione ufficiale tramandata dai libri di letteratura, ma al tempo stesso è vivo, vitale, mosso dalle pulsioni tipiche della gioventù. I pericoli interpretativi insiti nel personaggio erano numerosi, a partire dalle difficoltà fisiche dovute alle patologie che tormentarono il poeta recanatese fin dalla giovane età. Il corpo che si deforma con l'avanzare dell'età, la celebre gobba e l'andatura claudicante esponevano ogni interpretazione al rischio 'caricatura', ma Elio Germano trova una misura tale da rendere credibile ogni mutazione del suo fisico.
Nella prima parte del film, quella dedicata alla giovinezza recanatese, i movimenti impacciati e i dolori che lo attanagliano all'improvviso si alternano a corse a perdifiato, simbolo del suo insopprimibile desiderio di fuggire dalla prigione dorata in cui è recluso. Giacomo conserva il vigore della giovinezza anche se l'avanzare della malattia lo condanna a farsi tagliare la carne o a farsi aiutare a urinare dal padre. Nelle lunghe ore dedite allo studio, Leopardi spia dalla finestra la bella figlia del fattore e tiene una fitta corrispondenza con l'intellettuale piacentino Pietro Giordani mentre i severi genitori vegliano sulla sua condotta. Quando, dieci anni dopo, il poeta riesce finalmente ad affrancarsi dal giogo familiare per stabilirsi a Firenze e poi a Napoli, dove morirà, il suo corpo è ormai completamente deforme, ma il suo sguardo lascia trasparire il desiderio febbrile verso il gentil sesso che lo consuma. Desiderio destinato a restare inesaudito.
Opera poetica e prosaica al tempo stesso, Il giovane favoloso trova la sua verità nella compostezza della rappresentazione. Alla luce della visione, Noi credevamo può essere allora letto come una palestra volta a preparare regista e pubblico a questa immersione nell'Ottocento leopardiano e nell'esistenza del giovane favoloso. Le due opere sono molto vicine per stile registico, messa in scena, esplorazione degli ambienti (soprattutto in interni) e fotografia. Ne Il giovane favoloso, però, Martone decide di movimentare questo approccio naturalistico innestandovi sporadici squarci lirici quali l'inserto del Dialogo della natura e di un islandese, in cui vediamo un'enorme statua di sabbia sgretolarsi a poco a poco - visionaria rappresentazione del pessimismo cosmico - e la suggestiva eruzione del Vesuvio che suggerirà al poeta la composizione de La ginestra. Mario Martone riesce nell'impresa di integrare le composizioni di Leopardi nella sceneggiatura con eleganza, evitando di cadere nel didascalismo. In una delle scene chiave vediamo Leopardi intento a declamare L'infinito mentre, immerso nella natura recanatese, riflette sulla sua infelice condizione. Dalle labbra di Germano la parola poetica sgorga con semplicità. L'attore controlla l'impostazione teatrale sfruttandola quel tanto che gli è necessario, senza eccedere. Nelle mani di un altro regista momenti come questo avrebbero rischiato di sfiorare il ridicolo involontario, ma lo stile classico e misurato di Martone, unito al talento di Germano, trova una sua verità nella poesia.
Nonostante la forma solida e rigorosa che lo contraddistingue, Il giovane favoloso trova il modo di attualizzare la figura di Leopardi anche attraverso la messa in scena di episodi più prosastici, concentrati nel periodo del soggiorno napoletano. A sorpresa vediamo il poeta intento a parlare del gioco del pallone seduto in una taverna napoletana e lo scopriamo ghiotto consumatore di gelato, che ordina in grandi quantità nonostante le raccomandazioni del medico. Una visione che esula dall'immagine ufficiale che abbiamo del personaggio, avvicinandolo a una concezione più moderna. Ad amplificare questo effetto contrastante ci pensano, inoltre, le scelte musicali effettuate da Martone che sceglie come commento sonoro delle immagini liriche e bucoliche le composizioni elettroniche e le sonorità pop della score di Sascha Ring, in arte Apparat. Sono questi guizzi a fare la differenza in un lavoro rigoroso e solido, arricchito dalle ottime interpretazioni di Isabella Ragonese, Michele Riondino e Massimo Popolizio, che potrebbe avere il merito di convincere il grande pubblico a riscoprire sotto una luce diversa uno degli autori studiati a scuola unendo cinema alto e potere divulgativo. Anche solo per aver tentato l'impresa, auguriamo a Mario Martone di trovare spazio nel palmares veneziano.
Il giovane favoloso è un'opera classica e rigorosa che, grazie alla sentita interpretazione di Giacomo Leopardi ad opera di Elio Germano, fa rivivere sotto una luce completamente nuova la vita e l'opera del poeta di Recanati regalandogli un'inedita esistenza cinematografica.
Valentina D'Amico (Movieplayer.it) |