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Mercoledì 03 Luglio 2024
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MIA MADRE
Drammatico
di Nanni Moretti
con Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti, Beatrice Mancini
106 minuti - Italia, Francia, Germania 2015

Negli anni '90, con Caro Diario e Aprile, Nanni Moretti si era lasciato alle spalle il suo celebre alter ego Michele Apicella e si era dedicato ad un cinema profondamente personale, al limite del documentaristico in alcuni momenti, in cui il protagonista assoluto era proprio lui: Nanni e la sua vespa, Nanni e la paradossale odissea medica, Nanni e la nascita del figlio Pietro. Negli anni successivi, invece, Moretti non è stato più protagonista dei suoi film. E non parliamo semplicemente del fatto che sia ne Il caimano che in Habemus Papam i ruoli principali fossero affidati rispettivamente a Silvio Orlando o Michel Piccoli, ma alla necessità da parte del regista di raccontare storie meno personali e intimiste ed avvicinarsi invece a grandi temi come la morte, la religione, la politica. Nel nuovo film, Mia madre, la protagonista è una bravissima Margherita Buy, mentre Moretti si ritaglia ancora una volta solo un piccolo ruolo da attore, quello del fratello Giovanni, ma con una differenza sostanziale: questa volta proprio attraverso il personaggio di Margherita il vero Nanni torna sullo schermo con tutte le sue idiosincrasie, le sue incertezze e i suoi dubbi esistenziali, ma soprattutto ritorna con una vicenda vissuta in prima persona, quella della morte della madre. Non è quindi certamente un caso che in Mia madre la protagonista sia una regista, così come non è casuale quella scarsa convinzione, quel senso di inadeguatezza che essa prova nel guidare i suoi attori e la sua troupe, quando in realtà la sua mente è altrove, con la madre malata (una straordinaria ed emozionante Giulia Lazzarini), con la figlia adolescente (la convincente esordiente Beatrice Mancini, per di più incredibilmente somigliante a Chloe Moretz), o più semplicemente persa in sogni e ricordi. Proprio il passaggio, spesso impercettibile, tra realtà e sogno, tra presente e passato, tra verità e finzione, è forse uno dei punti di forza di questo Mia madre, ed anche l'elemento autobiografico più sottile ma significativo della nuova opera di Nanni Moretti, un uomo che per sua stessa ammissione continua a sentirsi a disagio nella vita di tutti i giorni, così come nel lavoro di oltre quarant'anni, e che si rifugia nel cinema, quasi come fosse un'unica lunghissima seduta psicanalitica. A differenza dei tre film precedenti, però, che a Moretti sono serviti a portare in scena gli incubi e le paure più remote (quelle di ogni genitore, quelle del cittadino/elettore e quelle dell'uomo che si sente inadeguato), questo Mia madre parla di un qualcosa che il regista ha già provato sulla sua pelle, ed è forse proprio per questo motivo che Mia madre risulta autentico ed onesto verso lo spettatore, forse più di tanti altri film (in primis lo stesso La stanza del figlio) che comunque raccontano il dolore nel perdere una persona cara. Il film colpisce al cuore proprio per la delicatezza con cui affronta un argomento così vicino a tutti noi, la presa di coscienza che quella persona che è stata sempre nella nostra vita non è certamente immortale, e la difficoltà di affrontare un futuro senza più una guida, quell'aiuto che mai c'è stato negato. Con la scelta di affidare questo ruolo così personale ad un'altra attrice, Moretti si mette a nudo più che mai, ci racconta non una storia universale ma la sua personalissima esperienza, la sua difficoltà nell'affrontare un momento così difficile e ci mostra davvero, per la prima volta, tutte le sue debolezze: non più quindi solo le "stranezze" che hanno reso celebre il suo cinema e i suoi alter ego, ma il vero uomo che in tutti questi anni si era "nascosto" dietro Michele Apicella o comunque dietro il Nanni personaggio pubblico. In Mia madre vediamo quindi sia il figlio che probabilmente è stato (Margherita e le sue paure) che il figlio che avrebbe voluto essere (l'affettuoso e deciso Giovanni); vediamo quindi l'attore e il personaggio insieme, proprio così come viene incessantemente richiesto da Margherita a tutti i suoi attori col tormentone dal sapore brechtiano "Mettetevi accanto al vostro personaggio". Il regista insegue un sogno, un'ideale, un progetto che solo lui conosce e che dovrebbe mostrare e comunicare agli altri, guidandoli; ma Margherita è distratta e insicura, poco convinta del suo stesso film e del suo importante messaggio sociale ("Ma lui con chi sta? Con il poliziotto o con l'operaio? Vorrebbe picchiare o essere picchiato?"), poco paziente e irascibile con gli attori e con tutta la troupe, anche e soprattutto quando le danno ascolto ("Il regista è uno stronzo a cui voi permettete di fare tutto!"). Anche sul suo mestiere e sul suo essere regista Nanni Moretti fa anche tanta (ironica) autocritica, e grida a se stesso messaggi non troppo differenti da quelli che 20 anni fa urlava a D'Alema davanti al televisore in Aprile ("Fai qualcosa di nuovo, di diverso. Rompi almeno uno schema"), ma di certo non ha dimenticato come essere (molto) divertente, come dimostrano tutte le scene in cui è presente uno strepitoso John Turturro, famoso attore arrivato dall'America ma che dopo essere stato maltrattato dalla sua regista urla: "Voglio tornare nella realtà". Il Moretti regista nella realtà è certamente tornato, e noi gliene siamo grati.
Luca Liguori (Movipelayer.it)
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