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THE JUDGE
Drammatico
di David Dobkin
con Robert Downey Jr., Robert Duvall, Vera Farmiga, Billy Bob Thornton, Vincent D'Onofrio
141 minuti - USA 2014

Niente più armatura, niente scene d'azione mirabolanti: dopo Sherlock Holmes e Iron Man finalmente l'occasione pre Robert Downey Jr. di tornare ad interpretare un personaggio comune, normale nella sua imperfezione e vulnerabilità. Per farlo ha dovuto addirittura crearsi una casa di produzione tutta sua, la Team Downey, insieme all'adorata moglie Susan, presenza fondamentale nella vita dell'attore per la sua rinascita artistica ma soprattutto umana. La sua storia di caduta e redenzione, i problemi di alcool e droga lasciati alle spalle quando tutti lo davano oramai per spacciato, è una di quelle che piacciono tanto agli americani. Forse anche per questo, oltre all'innegabile talento che anche nei momenti più bui riusciva a brillare (basti pensare a come ha risollevato le sorti della serie Ally McBeal prima di essere cacciato), oggi può essere considerato una delle star più importanti del firmamento hollywoodiano, se non altro come numeri al botteghino: con ben sei film che hanno superato il 500 milioni di dollari è oggi l'attore più pagato secondo Forbes. Per il suo esordio come produttore e il ritorno alle radici della sua recitazione, l'ex Charlot ha scelto un dramma familiare di stampo molto tradizionale che parla proprio di ritorno alle origini e affronta temi classici della cultura americana come famiglia, giustizia e redenzione. Hank Palmer è un avvocato di Chicago, brillante di successo e soprattutto senza scrupoli: colpevole o innocente, l'importante è che il cliente possa permettersi la parcella. L'improvvisa morte della madre lo costringe a tornare nella cittadina natale di Carlinville, in Indiana, dalla quale è fuggito da oltre vent'anni, troncando i rapporti col padre e col resto della sua famiglia. L'accoglienza non è delle più calorose, soprattutto da parte dell'austero papà, l'inflessibile Joseph Palmer, che anche gli stessi figli chiamano "il giudice", avendo presieduto per gli ultimi quarant'anni la corte del tribunale della cittadina. Antichi rancori tra padre e figlio sembrano non essere ancora appianati, le sue pecche di gioventù non gli vengono ancora perdonate nonostante il successo che ha avuto nella vita. Hank non vede l'ora di scappare di nuovo ma mentre sta per lasciarsi tutto di nuovo alle spalle, sarà invece costretto a restare per difendere in tribunale proprio il padre sospettato di omicidio in seguito ad un incidente, e bisognoso del suo aiuto al di là di quanto il figlio immagini: ma per lui non sarà facile ricucire gli strappi e riallacciare i legami con la famiglia e il proprio passato. Downey Jr. si ritaglia un ruolo su misura per il suo istrionismo: il suo Hank, avvocato in crisi (ma che evidentemente non sa di esserlo) è brillante e ciarliero, smargiasso quanto basta per ricordare il suo Tony Stark, capace di mettere a posto un paio di bifolchi locali solo con le parole senza ricorrere alle mani, in una delle scene migliori del film. The Judge è soprattutto una grande prova d'attori, e i momenti migliori sono riservati ovviamente ai due Robert, Downey Jr. e Robert Duvall, con quest'ultimo che offre un interpretazione quanto mai intensa: i loro scontri verbali raggiungono momenti molto alti che ricordano, anche per il crossover generazionale, quelli tra Julia Roberts e Meryl Streep ne I segreti di Osage County. L'accostamento non è casuale in effetti, magari virato in chiave maschile, visto che anche in questo caso si tratta decisamente di un family drama piuttosto che di un legal drama da tribunale: si parla di ritorno ai luoghi della giovinezza dai quali si é fuggiti e della necessità di affrontare tutte quelle cose che abbiamo evitato per anni e dalle quali siamo scappati. Si esplora il rapporto tra un padre padrone e un figlio cheèé fuggito con il desiderio di affermarsi per riscattare i suoi fallimenti di adolescente, ed ora è costretto a tornare e riallacciare i legami familiari. Solida prova d'attori dunque, ottima fotografia di Janusz Kaminski che gira su pellicola e non in digitale per conferire al film un look ancora più "classico", d'autore le musiche di Thomas Newman che sottolineano i toni drammatici lasciando spazio ai momenti più leggeri laddove subentrano lo humour e l'ironia. Questo dualismo tra dramma e commedia è un po' la chiave del film e se vogliamo un suo limite: la scelta di affidare la regia a David Dobkin, autore anche del soggetto, celebre per commedie brillanti tipo 2 single a nozze o Fred Claus - Un fratello sotto l'albero, si rivela un'arma a doppio taglio. La sensazione è che questo stare in bilico tra commedia, melò, dramma familiare e legal thriller, non giovi al risultato finale e che il materiale fosse più adatto alle mani di un regista diverso e più rodato per una certo tipo di drammaturgia. I due protagonisti fagocitano la scena, le storyline di contorno sono superflue e i personaggi secondari, da Vera Farmiga a Vincent D'Onofrio, troppo abbozzati e ridotti a semplici cliché. Lo stesso vale per il sottoutilizzato Billy Bob Thornton. Nonostante lo spirito e le velleità da indipendente, la presenza ingombrante del grande studio, se da una parte impreziosisce la confezione, forse dall'altra condiziona l'esito che non riesce ad andare oltre il limite di vari luoghi comuni, nonostante la prova dei protagonisti e i numerosi momenti riusciti. Magari con questo film Robert Downey Jr. sperava di potersi affrancare dalla franchise Marvel sulla quale ha continuato a nicchiare negli ultimi tempi: Iron Man si, Iron Man no, conferme e smentite nel giro di poche ore da un talk show all'altro. Forse l'esordio deludente di The Judge al botteghino USA lo ha fatto ricredere, visto che in questo giorni ha annunciato che Iron Man tornerà in Captain America 3. Una solida prova d'attori in un melodramma familiare che si ispira ai classici del cinema americano. Splendidamente fotografato, il film non riesce però a mettere in scena una drammaturgia sempre convincente, con i personaggi sin troppo abbozzati specialmente quelli di contorno, protagonisti di storyline secondarie superflue e non sviluppate nonostante la notevole durata.
Alessandro Antinori (Movieplayer.it)
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