Commedia di François Ozon con Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Fabrice Luchini, Karin Viard 103 minuti - Francia '10
Se avete voglia di una bella commedia, Potiche è il titolo giusto. E' più che divertente, è un film in allegria. Una dote rarissima di questi tempi. "Potiche", tradotto con «bella statuina», in francese è un vaso esposto con enfasi ma di scarso valore. Per metafora, una donna decorativa all' ombra di un marito potente. Nell' ultima campagna elettorale i seguaci di Sarkozy, con mediocre machismo, hanno definito "potiche" Ségolène Royal. In un mirabile contrappasso, la vendetta del genere femminile si è poi abbattuta su Sarkozy sotto forma di Carla Bruni. Nel film di François Ozon, tratto da un felice testo teatrale di Barillet e Grédy e ambientato nel fatidico 1977, la "potiche" in questione è una svagata e caricaturale madame Pujol (Catherine Deneuve), moglie, madre e nonna borghese che scrive poesiole, fa footing nel parco e conversa con le allodole, mentre il marito industriale (Fabrice Luchini) è impegnato sulla trincea del lavoro a combattere i sindacati, organizzare «serate rilassanti» (si diceva già allora) con i clienti e inseguire le segretarie per l' ufficio. Finché una malattia lo toglie dal gioco per qualche mese. Costretta dalle circostanze, madame Pujol prende in mano le sorti dell' azienda, sull' orlo della chiusura per i continui scioperi. Con la complicità di un antico amore, il sindaco comunista Babin (Gérard Depardieu), l' ex "potiche" inaugura un nuovo dialogo con i sindacati, rinnova di colori la stanca produzione di ombrellie si rivela insomma assai più capace del marito stronzo e reazionario. Nel finale, dopo un paio di colpi di scena, madame Pujol tenterà una nuova avventura in politica. Il grande dono del cinema di Ozon è la leggerezza. Il suo limite è, a volte la superficialità, un certo assecondare le mode. Ma di sicuro in Potiche vincono le qualità sui difetti. E' un film anzitutto bello da guardare, che restituisce tuttii colori, la vivacità, la musica e la poesia dei vituperati «anni di piombo».I Settanta della rivoluzione femminista, incarnata qui dalla ribellione di una placida signora borghese. Una rivoluzione vera, destinata a cambiare il futuro, assai più della rivoluzione comunista impersonata dal deluso e sconfitto sindaco rosso. Anche soltanto per questo Potiche è una bella vacanza di un' ora e mezza dal quadro desolante dell' immagine femminile nelle cronache e sugli schermi italiani. A parte questo, gli attori. Fabrice Luchini è straordinario sempre e in particolare quando gli affidano personaggi spregevoli come questo vecchio porco miliardario, puttaniere e pure fascistoide, per il quale l' attore ha sostenuto a Venezia d' essersi ispirato a un noto personaggio italiano. E poi ci sono quei due, Deneuvee Depardieu. Ormai non sono neppure attori, ma pezzi della nostra vita. In una scena ballano pancia contro pancia, due sessantenni innamorati persi nella fine degli anni Settanta, quando nella realtà avevano appena finito di girare L' ultimo metrò. Eppure non c' è nulla di malinconico nel loro tempo passato. Sono ancora pieni di fascino e di romanticismo, sono ancora lì a ricordarci che le passioni non invecchiano.
Curzio Maltese (La Repubblica)
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