Drammatico di Oliver Stone con Michael Douglas, Shia LaBeouf, Josh Brolin, Carey Mulligan, Susan Sarandon 127 minuti - USA '10
Sorpresa. Dopo gli ultimi scivoloni la Borsa del cinema dava Oliver Stone in caduta libera. Invece Wall Street - Il denaro non dorme mai rende vivace e palpitante il fronte di guerra più diffuso, benché immateriale, dei nostri giorni: la finanza. Traducendo in termini di (buon) cinema di genere perfino il crack del 2008, anche se Stone non va davvero fino in fondo. Oggi infatti per conquistare uno Stato basta un computer. E i re rivali non si rovesciano espugnando castelli ma spargendo informazioni pilotate su di loro. Spingendoli magari a eliminarsi da sé: come accade nel prologo al povero Frank Langella, finanziere all'antica, cioè perbene (esisteranno davvero? improbabile), che vedendosi rovinato decide di togliersi di mezzo.
Un duro colpo per Jake (Shia La Beouf), enfant prodige di Wall Street che Langella aveva cresciuto come un figlio. Ma è solo l'inizio. Scomparso il padrino "buono", torna in scena il mefistofelico Gekko (Michael Douglas naturalmente, irresistibile la canonica riconsegna degli effetti personali all'uscita di prigione). Il quale per giunta è il padre, ripudiato, dell'adorabile fidanzata di Jake (la Carey Mulligan di An Education). Chiaro che toccherà al pivellino riavvicinare padre e figlia, o almeno provarci. Magari andando a scuola di maniere forti dal "suocero". Che in carcere ha riflettuto sui suoi misfatti trasformandoli in un bestseller, ma forse non ha perso il vizio... Questo per il lato "familiare" di quello che invece è un vero film di guerra. Con tanto di esercito nemico, guidato dallo squalo Josh Brolin. E relativi agguati, imboscate, scaramucce, duelli, tradimenti, spionaggio. Anche se le armi qui sono pareti di schermi al plasma, consigli d'amministrazione, insider trading. O serate di beneficenza che dietro la facciata di lifting e sorrisi coprono sanguinose rese dei conti.
Anche perché nel frattempo scoppia la Grande Crisi dei subprime, l'America va in bancarotta, i finanzieri iniziano ad azzannarsi tra loro (grande "cameo" del vecchio Eli Wallach). E Stone, servito dall'affilato copione dell'ex-trader Allan Loeb («Facciamo così: tu smetti di dire balle su di me e io smetto di dire la verità su di te»), malgrado l'epilogo trito e convenzionale, ritrova la sua grinta migliore. New York non scintillava così da prima dell'11 settembre. Sarà Rimozione o Restaurazione?
Fabio Ferzetti (Il Messaggero)
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