Questo sito si avvale di soli cookie tecnici necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.
Maggiori informazioni | Chiudi
Mercoledì 03 Luglio 2024
Parrocchia S.Stefano
di Osnago
...una comunità in cammino!
Mappa del Sito Corrispondenza
Home Parrocchia Gruppi Parrocchiali Oratorio Scuola Materna Cine-Teatro Link
NEMICO PUBBLICO
Drammatico/Poliziesco
di Michael Mann
con Christian Bale, Marion Cotillard, Stephen Graham, Johnny Depp
140 minuti - USA '09

C'è una curiosa differenza tra il titolo italiano e quello originale dell'ultimo film di Michael Mann: da noi è singolare, Nemico pubblico; in originale è plurale, Public Enemies. Forse il regista voleva riferirsi non solo a John Dillinger, che nel film è interpretato da Johnny Depp, ma anche a tutti quegli altri gangster - Alvin Karpis, Pretty Boy Floyd, Walter Dietrich, Baby Face Nelson - che nella prima metà degli anni Trenta scossero l'opinione pubblica americana. Oppure si riferiva ai due «nemici» che si confrontano nel film, come era stato anche nella realtà: Dillinger da una parte e Melvin Purvis (interpretato da Christian Bale) dall'altra, il poliziotto dell'Fbi che gli dette la caccia fino ad ucciderlo. Una cosa però è certa: anche col titolo, Mann ha voluto evitare di focalizzare tutto il suo interesse su un unico «nemico», cancellando quella mitizzazione del personaggio che invece era stata perseguita dai mezzi di comunicazione di allora, a cominciare da giornali e cinema. No, per Michael Mann, John Dillinger non è l'eroe sbruffone e romantico che si era «inventato» John Milius affidando a Warren Oates il ruolo per protagonista per il suo Dillinger (1973) né il personaggio «favoloso» che accende le fantasie di Michel Piccoli nel capolavoro di Marco Ferreri Dillinger è morto. A settantacinque anni dai fatti reali (il film inizia nel 1933 e finisce il 22 luglio 1934, davanti al Biograph Theatre di Chicago), Mann sembra preoccupato soprattutto di ritrovare la verità dei luoghi e delle facce che condivisero quell' ultimo anno di vita con il trentenne rapinatore di banche (era nato il 22 giugno 1903 a Indianapolis), all'inseguimento di una verosimiglianza quasi maniacale che finisce per rivelare un anti-eroe senza retorica, bisognoso d'amore come tutti (il suo rapporto con Billie Frechette, affidata sullo schermo a Marion Cotillard) e condannato a un presente per niente romantico. Per questo la successione degli eventi non sempre è di facile decifrazione. Le azioni, che si tratti di un'evasione dal penitenziario, di una rapina in banca o di una fuga romantica, sono raccontate con la precisione del cronista e non con l'enfasi del romanziere. Lo spettatore sa benissimo quale è stato il destino di Dillinger (ucciso dai federali all'uscita di un cinema) ma sembra saperlo anche il diretto interessato, che vive ogni cosa come se fosse l'ultima e forse per questo riesce a trarsi d' impaccio anche dalle situazioni più disperate. È chiara solo la caccia che l'Fbi di J. Edgar Hoover (Billy Crudup nel film) decide di scatenare contro i gangster, affidandosi all' intuito poliziesco e ai metodi non certo ortodossi del suo agente di punta, Melvin Purvis. E anche qui, Mann non calca certo il pedale sull' enfasi. In quegli anni la guerra al crimine comincia a impiegare nuove tecniche, dal telefono all'aeroplano, e soprattutto una più decisa determinazione repressiva: i giornali chiedono risultati e gli agenti devono ottenerli, anche a costo di usare metodi non certo rispettosi della persona (vedi l'interrogatorio della Frechette). Ma ancora una volta il film evita mitizzazioni e divisioni manichee: non ci sono «buoni» o «cattivi» ma gangster e poliziotti impegnati in una lotta senza regole. Lo si capisce benissimo nella scena finale, quando Dillinger va al cinema a vedere l'ultimo film della sua vita, Le due strade di W. S. Van Dyke, storia di due amici d'infanzia che hanno preso strade diverse: Clarke Gable è diventato un gangster che William Powell condanna alla sedia elettrica. Tutto questo la Hollywood di ieri lo raccontava con tutto il romanticismo possibile, offrendo a Gable (che si dice si fosse ispirato al vero Dillinger per entrare nel personaggio) l'occasione di «redimersi» per il bene della donna amata. Mann, invece, gioca proprio sul contrasto tra mitologia e realismo, trasformando gli ultimi minuti di vita del «nemico pubblico n. 1» in un agguato piuttosto squallido, dove c' è chi ha paura e chi tradisce, chi trema e chi aspetta nell'ombra. Usando tutta la sua arte (e quella del direttore della fotografia, l'italiano Dante Spinotti) per costruire uno spettacolo capace comunque di sorprendere: senza chiedere nessun tipo di identificazione ma piuttosto spingendo chi guarda a riflettere sul destino delle persone e sul modo in cui sono disposti ad accettarlo.
Paolo Mereghetti (Corriere della Sera)
 Versione Stampabile 
 Invia questa pagina 
Area Riservata | Privacy | Regolamentazione
Parrocchia Santo Stefano | Via S.Anna, 1 | 23875 Osnago (LC) | Tel. e Fax 039 58129 | Codice Fiscale 85001710137
Sala Cine-Teatro don G.Sironi Tel. 039 58093 - 349 6628908