Parrocchia S.Stefano
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Commedia di Nora Ephron con Meryl Streep, Stanley Tucci, Amy Adams 123 minuti - USA '09
D’accordo Meryl è una dea dell’Olimpo e al Festival di Roma si è meritata l’ennesima gratifica, il Marc’Aurelio d’oro alla carriera. Con «Julie & Julia», però, non ritorna, purtroppo, al livello raggiunto dal recente «Mamma mia!» perché la nuova commedia della specialista Nora Ephron non supera i confini della gastronomica (è proprio il caso di dirlo) gradevolezza. Tratto dall’omonimo romanzo di Julie Powell edito in Italia da Rizzoli, il quadretto è diviso in due capitoli: nel primo la sessantenne sprint interpreta Julia Child, moglie di un modesto diplomatico americano trasferito a Parigi alla fine degli anni Quaranta che prima ha il colpo di fulmine per la cucina francese (galeotta la sogliola alla mugnaia) e poi, diventatane un’adepta, conquista le masse in tv e pubblica «Mastering the Art of French Cooking», la vera e propria bibbia di tutte le casalinghe e i casalinghi d’oltreoceano non rassegnati alla barbarie culinaria autoctona; nel secondo Amy Adams interpreta la Powell, una trentenne scrittrice frustrata newyorkese che nel 2002 si mette in testa di rinnovare il culto della «cuoca d’America» tuffandosi a capofitto nella bizzarra impresa di realizzare nell’arco di un anno tutte le 524 ricette riportate dal bestseller. Sarà perché la cucina francese prevede un uso spropositato del burro, ma il sapore finale non ci sembra fragrante e leggero come avrebbe dovuto essere: tutti bravi, per carità, a cominciare da Stanley Tucci che funziona da antidoto coniugale all’incarnazione ai limiti della caricatura della Streep, passando per la dolce ed espressiva Adams (nata ad Aviano nel Veneto, dove il padre era di stanza presso la nota base militare) e finendo con Dan Aykroyd recuperato in un formidabile sketch canzonatorio, ma vincolati a una sceneggiatura meccanica, un ritmo modesto e un sovrappiù di mossette e moralette edificanti. L’aspetto favolistico della doppia storia vera è sottolineato anche dal contrasto fra gli sfondi dei piani temporali differenti: mentre la coppia del passato si muove tra gli hotel e le stradine del cuore glamour di Parigi, quella moderna è costretta a tirare la carretta in un anonimo appartamentino del Queens. E il bello (o il brutto) del film sta nel fatto che ambedue restano sempre e comunque idilliche.
Valerio Caprara (Il Mattino) |
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