Drammatico di Luca Guadagnino con Marisa Berenson, Tilda Swinton, Diane Fleri, Alba Rohrwacher 120 minuti - Italia '09
Il fascino discreto del melò. Si potrebbe anche dire il fascino discreto della borghesia. Quella ormai scomparsa, che ha lasciato il passo al volgare potere dei soldi, ma che sopravvive nel silenzio di palazzi milanesi impenetrabili, dove si servono cene viscontiane non soltanto per edipi e posate ma anche per le tensioni interne. Come il capitalismo della famiglia Recchi - che sembrano gli Agnelli ma invece no - dove, alla morte del nonno, succedono eredi, liti, imprevisti finanziari e non solo: nell' avita magione bussa con ghiotte ricette affettive per turbare equilibri già delicati, il giovane chef, amico del figlio (gay sublimato?) che invece sedurrà la madre russa Tilda Swinton, apparentemente algida. Luca Guadagnino, che alla cucina dà spesso il ruolo di coro, sceneggia con Fasano, Barbara Alberti e Cotroneo e assicura che l' amore femminile è l' unico che ci salverà, perché la donna ha gli anticorpi necessari. Infatti ci sarà un terremoto affettivo in casa post adulterio, la figlia confida la propria omosessualità solo al fratello Edoardo che naturalmente vive la nausea e l' infanzia di un capo (vedi alla voce Sartre). Dopo i rimorsi e i ricatti serviti su piatti d' argento (coordina i servizi la bravissima Maria Paiato), il finale recupera, un po' alla Rossellini, il senso del tragico, della catarsi. Io sono l' amore è un melò a denominazione d' origine: Guadagnino è un autore, come Diritti, la Spada, Franchi, col copyright di uno stile, fortuna sua e nostra, lontano dalla becera Italia tv di oggi. Pochi movimenti di macchina, il fascino di udire anche battute non dette, il sesto senso di qualcosa che implode nella storia in un' insolita dinamica tra psicologia privata e di classe. Che, come in Teorema di Pasolini, va in tilt su incognita promessa della Storia. Prima dell' happy Milano estiva di Salvatores, ecco l' infelice Milano innevata alla Resnais di questo film che si raccomanda assai per nascosto pacchetto azionario di seduzione e per l' eleganza delle scene, la fotografia, la grafica dei titoli di testa, che non sono solo forma ma si riproducono nell' eccellente prova del cast. Accanto alle glorie (Swinton, formidabile Delbono, l' infallibile Alba Rohrwacher, i patriarchi Ferzetti e Berenson), due attori giovani si prenotano un posto per domani: Flavio Parenti e Edoardo Gabriellini. Tutti impegnati a palleggiar metafore che talvolta s' incrinano sul lancio ma servono a scuotere dal profondo quel pubblico che ama ancora le vendette servite fredde come negli spaghetti western (ma senza colt).
Maurizio Porro (Corriere della Sera)
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