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Mercoledì 03 Luglio 2024
Parrocchia S.Stefano
di Osnago
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Drammatico
di Philippe Lioret
con Vincent Lindon, Firat Ayverdi, Audrey Dana, Derya Ayverdi
110 minuti - Francia '09

Per terra le cose sono più semplici: a piedi, mimetizzati tra gli scatoloni di un camion, stipati in un container. Quando, invece, c'è dinanzi una «manica» d'acqua gelida da attraversare e le scogliere dall'altra parte non sono bianche, ma grigie, inospitali e minacciose, il pericolo si fa ancora più pressante, l'ansia più atroce. Bilial (Firat Ayeverdi) è un diciassettenne curdo in fuga dall'Iraq. Arriva in Francia e per amore, solo per amore, vuole raggiungere Londra, perché là si trova Mina con la sua famiglia. È clandestino. È solo e impaurito. Ma anche ammirevole nella sua determinazione. Tentativi finiti male lo costringono a considerare il nuoto come unica possibilità di fuga dalla costa francese, per abbandonare la livida e opprimente Calais dove già si è arenato, alla deriva. In quella giungla di disperati descritta in Welcome di Philippe Loiret, in quella Babele attraversata da un'umanità maltrattata e umiliata, il ragazzo incontra Simon, interpretato da un bravissimo Vincent Lindon, insegnante di nuoto, fallito campione olimpico, un matrimonio compromesso e anche lui, in fondo, alla deriva per una paternità mancata, per un'esistenza dissestata. Dal crudo rapporto iniziale, tra i due nascerà una condivisione profonda e sincera in cui le rispettive disperazioni sono messe a confronto nella ricerca di un senso, di una ragione, di una pace. «Le cose gli sfuggono di mano — racconta il regista — e più il rapporto si approfondisce, più Simon è sconvolto dalla situazione di Bilial, di cui capisce la profonda ingiustizia. Entrambi, poi, stanno lottando per salvare il loro amore e la loro storia può riassumersi come quella di due destini contro l'assurdità del mondo». Assurdità e anche sproporzione ribadite da Simon, che ora rischia la prigione perché la legge francese vieta l'aiuto ai clandestini, in una triste confessione: «Tu hai attraversato un continente per inseguire l'amore e io non ho saputo nemmeno attraversare una strada per salvarlo». Il film — che a Berlino ha vinto il Premio Signis della Giuria Ecumenica e recentemente il Premio Lux 2009 del Parlamento europeo che gli permette di uscire sottotitolato in tutta l'Unione — non si attarda in condanne inutili, non predilige il patetico, non gratifica la pur necessità della morale, non distribuisce i torti e le ragioni, non offre panacee immediate. Tutti, in questa assurda e inospitale città dei camion e del commercio, sono costretti a interpretare ruoli scomodi e spiacevoli: lo squallido vicino di casa che denuncia e gode della sua ipocrisia, il poliziotto che esegue il dovere senza il dubbio della giustizia, il volontario che svicola dalla legge per offrire un piatto caldo di minestra, il collega che pensa solo al suo profitto, il compagno di tante disgrazie che tradisce e ruba o quello che minaccia ed estorce denaro. Non ci sono barricate visibili che distinguono i buoni dai cattivi. Senza proporre una sociologia d'accatto, un giornalismo urlato, una politica ricattatoria e soluzioni facili e impossibili, Welcome si concentra sulla sgradevolezza del presente, il fallimento delle scorciatoie, la vischiosità dei problemi in ballo, la miopia generalizzata, l'urgenza di strade umanamente percorribili, mettendo uno di fronte all'altro due mondi e due individui ugualmente soli e inguaribilmente bisognosi d'amore. È un film intenso, commovente, benissimo orchestrato e diretto, che non punta a distillare una lacrima, vera o falsa che sia, ma a interpellare, semplicemente, la coscienza.
Luca Pellegrini (L'Osservatore Romano)
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