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Mercoledì 03 Luglio 2024
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RUMORE BIANCO
Film documentario etnografico
di Alberto Fasulo
90 min. - Italia, Svizzera '08

Storie che si intrecciano sul fluire del Tagliamento, piccoli momenti di vita quotidiana che si nutrono della forza e della vitalità di un fiume. Contadine che costruiscono le proprie giornate seguendo il ritmo della natura, spiumando una gallina o andando a cercare legna per il fuoco. Un gruppo di ragazzi che si tuffa nel punto più profondo, facendo a gara per chi riesce a lanciarsi nel modo più spericolato. O ancora scienziati e ricercatori che classificano la fauna del greto e gli operai di una centrale elettrica, uniti nel tentativo di controllare la natura più ostile. C’è molto silenzio nel documentario di Alberto Fasulo. Come il “bianco” del titolo suggerisce, il viaggio attraverso le vite degli uomini che abitano sulle rive del Tagliamento, è una pagina non scritta, ancora da riempire. E il bianco di un foglio è un affronto alla scrittura: si deve colmare quel vuoto che il “non colore” reclama, senza perdere di vista il senso ultimo dell’operazione. Dare voce a ciò che esiste da sempre ma che non è ancora stato raccontato, far parlare un fiume che è “provvisto di memoria” e di vecchie cicatrici, ma non ha un vocabolario per esprimersi. La voce degli uomini si poggia su un abbozzo di sceneggiatura, fatta di dialoghi secchi e di parole pronunciate sottovoce; l’imprevedibilità della natura fa il resto. Sullo sfondo dell’acqua che scorre, il canto degli uccelli si mescola al miagolio dei gatti e gli alberi si muovono seguendo la melodia, delicata e minacciosa, del vento. Anche il friulano, con la sua fonetica dura e la cadenza spezzata, si unisce alla musicalità del mondo esterno, diventando un tutt’uno con la natura. Il risultato non è la rappresentazione di un ambiente bucolico o sublimato ma la messa in scena presa dal vero di un’umanità che si identifica con l’acqua del Tagliamento, il “re dei fiumi alpini”. Nato dal passo della Mauria, tra Veneto e Friuli, scende poi verso valle, toccando metaforicamente uno dei momenti peggiori della battaglia di Caporetto, i bombardamenti della seconda guerra mondiale, la caduta dei ponti e le alluvioni di Latisana, riproposti nel film con immagini di repertorio. L’inesorabilità del suo scorrere porta con sé pezzi di storia e silenziose esistenze marginali. Le tappe di questo viaggio corrispondono all’incontro con le persone abitanti della zona, dalle abitudini diversissime ma legate dalla stessa vicinanza al fiume, una linea tortuosa che separa geograficamente ma unisce nella stessa identità culturale. Fasulo riesce a dare voce a chi non ce l’ha, e lo fa con l’intelligenza della lentezza, elogiando lo spirito d’osservazione come fautore della conoscenza. Le persone che vediamo sullo schermo non recitano, non seguono un copione ma si muovono secondo il loro istinto e l’indispensabilità dei gesti. Una prosa priva di ridondanze, semplice nei movimenti e ricchissima di stimoli nei contenuti, resa ancora più vera da una regia che intreccia primi piani a campi lunghi, soffermandosi su dettagli invisibili: una mosca intrappolata, un pesce pescato e liberato, le ossa ritrovate di due caprioli. Accordando natura e meccanica, vecchiaia e giovinezza per trovare un senso di libertà nel “rumore bianco” dell’acqua, che ci accompagna fino ai titoli di coda. Un po’ come il pignarûl della tradizione friulana, che brucia il vecchio per guardare al futuro con speranza, in un rito eterno che guarda al passato e all’avvenire. Il Tagliamento prende così le sembianze di una vecchia signora, con un fagotto pieno di ricordi sulle spalle e la tempra per andare avanti. Lentamente, per sempre.
Nicoletta Dose (MyMovies.it)
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