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Mercoledì 03 Luglio 2024
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THE WRESTLER
Drammatico/Azione
di Darren Aronofsky
con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Liz Friedlander, Mark Margolis, Evan Rachel Wood
105 minuti - USA '08

Su The Wrestler è stato scritto e detto tanto, dal Leone a sorpresa di Venezia alle nomination per l' Oscar, che c' è poco da aggiungere. Se non il consiglio di andare a vederlo perché si tratta di una notevole esperienza sotto l' aspetto umano prima che artistico. Mi spiego: il campione del titolo è un indomabile veterano della sfida-spettacolo chiamata «wrestling» (derivato da to wrest, cioè lottare), un genere di successo popolare negli Usa. Calci in faccia, cazzotti dove arrivano, strangolamenti e chi becca becca. C' è da farsi male, ma il film di Darren Aronofsky ci rivela che è tutta una «combine»: i feroci avversari del ring sono in realtà complici. Per eccitare il pubblico si mettono d' accordo in spogliatoio, studiano i colpi in grado di fare scena e fingono un forsennato antagonismo di facciata. Resta il fatto che in mezzo a tanto gesticolare c' è sempre il rischio che qualche botta arrivi a segno; e allora sono ecchimosi e fratture varie. Non è insomma un' impresa agevole. Sicché ho trovato lusinghieri gli apprezzamenti su Mickey Rourke dei veri «wrestlers» che hanno lavorato con lui. Le dichiarazioni sono apparse sulla rivista Total Film, che ha intervistato tipi dai nomi minacciosi come Ron Killings o Necro Butcher, oltre al campionissimo svizzero Claudio Castagnoli. Tutti concordi nel constatare che Mickey si è imposto come uno della famiglia, generoso e spericolato, sempre disposto a mettersi in gioco. Non mi pare che nessuno, all' apparire del fenomeno The Wrestler, sia andato a cercare Liliana Cavani per renderle un dovuto omaggio. Quando vent' anni fa la regista girò una nuova versione del suo Francesco (che aveva già fatto nel ' 66 per la tv con Lou Castel), scelse proprio Rourke, ovvero un divo che si spartiva tra l' erotico e il poliziesco; e tutti pensammo a una mossa per assicurare alla produzione un valore aggiunto di stampo hollywoodiano. Ricordo che se ne parlava così, mentre Liliana fu la sola ad accorgersi che dietro quel tipetto alla moda c' era un personaggio problematico, capace (misticismo a parte) di fare scelte insensate come quelle per le quali Francesco fu considerato matto. Dare un calcio all' agiatezza scegliendo di vivere in santa povertà fu la lezione del santo, a suo modo imitata da Rourke. Accadde infatti poco dopo l' intermezzo umbro che da attore di successo Mickey tornò a fare il pugile e con il nome di Marielito vinse in Florida nel 1991 il suo primo match. «Mi ero reso conto che non mi piaceva il mestiere e non mi piacevo io - ha raccontato l' attore in un' intervista -. Sentivo un senso di colpa nell' avere successo facendo un film dietro l' altro e così mi sono rapidamente autodistrutto». Solo dopo quattro o cinque anni, avendo in pratica smesso di lavorare per dedicarsi alla boxe, il nostro si rese conto che aveva esagerato e rientrò pian piano nella normalità. In tal modo è riuscito a cogliere al volo l' occasione di The Wrestler, un piccolo film a bassissimo costo che non a caso racconta la vicenda di un rottame umano impegnato nello sforzo di tornare a essere quello di prima. Aronofski non ha certo realizzato un capolavoro, ma è riuscito a fare qualcosa di credibile, curato nei particolari e in grado di valorizzare anche l' indubbio talento di Marisa Tomei. Il valore dell' impresa sta peraltro nella descrizione dietro le quinte di un ambiente poco esplorato che scopre un aspetto crudele dell' America. Nell' antico dibattito fra Diderot e Stanislawski (chi recita deve fingere o vivere?) Mickey Rourke con questa coraggiosa metafora della sua crisi dà una risposta più convincente, in quanto pagata di persona a prezzo di sudore e sangue, di tante teorie astratte dell' Actors' Studio. Vedremo il seguito, se ci sarà, ma l' interprete del «wrestler» ha comunque lasciato l' impronta del suo passaggio nella storia del cinema.
Tullio Kezich (Corriere della Sera)
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