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Mercoledì 03 Luglio 2024
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UN'ALTRA GIOVINEZZA
Drammatico
di Francis Ford Coppola
con Bruno Ganz, Marcel Iures, Alexandra Maria Lara, Tim Roth
121 minuti - USA 2007

Una coppia è a Malta. Lei domanda: «Cos'è quell'uccello?». Lui risponde: «Un falcone maltese». E' uno scherzo, l'unico di Un'altra giovinezza. Francis Coppola, dopo dieci anni d'assenza dal cinema (tranne che come produttore esecutivo di Marie-Antoinette di sua figlia Sofia), a quasi settant'anni produce a proprie spese, scrive e dirige un film sul Tempo e la Morte, sulla suprema ambiguità della condizione umana, sulla natura illusoria dei sogni, sul linguaggio origine della cultura, sull'estasi paramedianica. Coppola è un poco dimagrito, ha un aspetto vigoroso: in questi anni s'è occupato soprattutto dei vigneti della Napa Valley californiana che hanno fatto di lui uno dei migliori produttori di vino; da adesso lavorerà a un nuovo film da realizzare in Argentina su una famiglia di emigranti italiani. Dell'approdo a Un'altra giovinezza (il film esce nei cinema italiani la prossima settimana) parla con emozione: «La storia mi riguardava da vicino. A 66 anni cominciavo a sentirmi arrivato in fondo alla corsa. Non facevo un film da anni, e non volevo farne un altro come quelli di una volta. Mi sentivo frustrato dalla mia incapacità di finire la sceneggiatura di un progetto che sognavo da tempo, Megalopolis...». Il film è tratto dal breve romanzo 1976 del rumeno Mircea Eliade, storico delle religioni, autore di opere famose (Il mito dell'eterno ritorno, Il sacro e il profano, Miti, sogni e misteri). Un'idea straordinaria: nel giorno di Pasqua del 1938, un professore di linguistica rumeno settantenne deciso al suicidio viene colpito dal fulmine e, anziché morire, guarisce con sorprendente rapidità, ringiovanito di trent'anni. Scaricandosi su di lui, l'energia elettrica ha rigenerato il suo corpo e ampliato la sua memoria di studioso. Gli nascono nuovi denti. Per conoscere la materia di un libro, gli basta guardarlo. Conosce ogni lingua esistente ed esistita. Divenuto il più prezioso essere umano al mondo, conduce un'esistenza da braccato: i nazisti esigono che venga loro consegnato, tutti vogliono analizzarlo per capire come la vita e la giovinezza possano venir prolungate, la curiosità ne fa un perenne fuggitivo anche dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ha come unico interlocutore nelle controversie metafisiche un Doppio di sé che finirà per uccidere. Incontra e ama una donna il cui destino è opposto al suo, la regressione. Eterno mutante, il professore (Tim Robbins, bravissimo) torna nella sua terra d'origine e muore nella neve d'inverno a 101 anni. La vicenda, ricca di implicazioni indiane, ha un'aria Anni '20 alla moda di Rabindranath Tagore. Il film può commuovere, prendere; oppure venir giudicato una baggianata da frettolosi autodidatti. Coppola dice di essersi posto davanti alla storia «come uno studente al suo primo film», di aver voluto «ampliare il vocabolario del cinema». Non scherziamo. La macchina da presa ferma è un esperimento appartenente almeno a Ozu e a Pasolini. Le astrazioni che invadono lo schermo (piccole luci, rose dischiuse, orologi che battono il Tempo, inquadrature capovolte o sghembe, ideogrammi cinesi, indiani o giapponesi, prime pagine dei quotidiani per scandire gli eventi storici, volti moltiplicati) appartengono al gusto Anni '40: e possono essere considerati kitsch oppure visti con affettuoso rimpianto. E' in ogni caso ammirevole che Coppola, senza badare agli spettatori né a nessuno, abbia fatto quel che voleva, come voleva: circondato da critiche, ha fatto sempre così da Peggy Sue s'è sposata ad Apocalypse now.
Lietta Tornabuoni (La Stampa)
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