|
Drammatico di Riccardo Milani con Sandra Ceccarelli, Paola Cortellesi, Roberto De Francesco, Claudio Gioè, Michele Placido, Kim Rossi Stuart, Jasmine Trinca 104 minuti - Italia 2006
Nella luce d'una spiaggia africana, davanti al verde d'un mare perfetto, e in un tempo anch'esso perfetto: così inizia Piano, solo. Con la madre Jolanda (Sandra Ceccarelli), in quell'incanto volentieri si perde il piccolo Luca. Torneranno come nostalgia, quel mare e quel tempo, nel film che Riccardo Milani ha tratto da un libro di Walter Veltroni. Ma ne sarà diversa la luce, e diverso sarà il senso di quella perfezione lontana.
È difficile raccontare una vita, soprattutto la vita di chi, come il jazzista Luca Flores, abbia deciso di morire a meno di 40 anni. Il rischio è che i fatti si sommino ai fatti e finiscano per nascondere le emozioni, o che le emozioni pretendano di farsi esemplari. E può accadere che il film ceda alla tentazione di "illustrare" i conflitti fra la grandezza dell'artista e le debolezze dell’uomo. A questi rischi si sottrae Piano, solo. Il Luca di Milani e dei suoi cosceneggiatori lvan Cotroneo, Sandro Petraglia e Claudio Piersanti non è esemplare di alcunché. È invece se stesso, e lo è per intero, sia quando suona o compone, sia quando soffre la sua malattia dell'anima.
Di questa malattia, dunque, c'è un sospetto doloroso già nel piccolo Luca. È chiuso e insieme è in attesa, quel ragazzino cui il bravo Konrad Podolny sa dare un viso intenso e smarrito. Rifiuta l'immediatezza degli affetti, ma poi tenta di ritrovarla. Così fa con il padre, da cui fugge e che poi invano rincorre. E così fa con la madre, al cui sguardo sempre si sottrae, in un gioco fitto di allontanamenti e di ritorni nascosti. In un certo senso - e per paradosso, data la sua età -, a guidare le sue emozioni è la nostalgia. Sembra cioè che per lui valgano gli affetti perduti e rimpianti, più ancora di quelli vissuti e goduti.
C'è però un momento, in Piano, solo, nel quale gli occhi di Luca non fuggono via da quelli della madre. Con la sorella Baba (Beatrice Maione), il ragazzino sta sul sedile posteriore dell'auto guidata da Jolanda, e la guarda attraverso lo specchietto retrovisore. Difeso e protetto da questa "mediazione", non teme più di mostrarsi e di aprirsi. Ora infatti nello specchio le sorride, e da quello stesso specchio ne riceve in cambio un sorriso. Un attimo dopo l'auto sbanda, ed è come se la vita gli confermasse il timore che già da sé coltiva: per lui non c'è amore possibile nel presente, ma solo in un passato denso di colpa e inutilmente rimpianto.
Questa è la malattia dell'anima del Luca Flores di Milani. Su di essa regia e sceneggiatura costruiscono un racconto commosso e controllato, pudico. Commossa e colma di pudore è anche la recitazione di Michele Placido (sempre molto bravo, quando non cede alla volgarità di una parte cospicua del cinema italiano), così come quelle di Ceccarelli e di Paola Cortellesi. E sopra tutti spicca Kim Rossi Stuart, che sa rendere consapevole e disperato lo smarrimento antico del piccolo Luca.
Per ritrovarlo, quello smarrimento, e nel tentativo di guarirne, il musicista torna poi in Africa, e nella spiaggia su cui il film si apre. Ma non c'è più la luce di tanti anni prima, non c'è più quell'incanto. Per lui, ora, anche la nostalgia è un'emozione perduta. Quello che non ha afferrato in quel tempo lontano, la memoria si dimostra incapace di restituirgli. Solo noi, in sala, ne abbiamo sentore. Ci accade quando, alla fine di Piano, solo, passano le immagini di un piccolo film girato su quella stessa spiaggia dal padre di Luca. Nelle sue immagini dai colori incerti e piene di graffi torna il verde di quel mare, torna quella perfezione. E ci sembra sia diventata nostra, la nostalgia impossibile di Luca Flores.
Roberto Escobar (Il Sole 24 Ore)
|
|
|