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NON E' UN PAESE PER VECCHI
Drammatico
di Ethan e Joel Coen
con Javier Bardem, Josh Brolim, Woody Harrelson, Tommy Lee Jones, Kelly MacDonald
122 minuti - USA 2007 - V.M. 14 anni

«Questo paese è duro con la gente... non puoi fare tutto da solo, non puoi fermare quello che sta per arrivare », dice Ellis (Barry Corbin) a Ed Tom Bell (Tommy Lee Jones) verso la fine di Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men, Usa, 2007, 122'). A lungo lo sceriffo ha tentato l'impossibile: fermare il "lavoro" mortale di Anton Chigurh (Javier Bardem), o almeno salvare la vita di Llewelyn Moss ( Josh Brolin). Ma il vecchio Ellis ha visto il mondo com'era – ne porta ancora negli occhi l'immagine –, e però conosce il mondo com'è. Dunque, non ha illusioni. Che cosa stia per arrivare Ethan e Joel Coen ce lo suggeriscono già all'inizio del grande film che hanno tratto da un romanzo di Corman McCarthy. Sulle immagini d'un pezzo di deserto texano, la voce di Ed racconta d'un assassino sedicenne. Era stato lui ad arrestarlo, e quello gli aveva confidato d'aver sempre desiderato uccidere, e che lo avrebbe fatto di nuovo,se l'avesse liberato. È accorata, la voce dello sceriffo, e colma d'una attesa di morte. È ancora morte quel che subito dopo la regia ci mostra attraverso gli occhi di Llewelyn: cadaveri di messicani nella polvere del deserto, carogne di cani, fuoristrada segnati da colpi di mitra. E poi decine di pacchi di droga. Più in là, una borsa piena di dollari. È questa la «scena primaria» di Non è un paese per vecchi: la scena in cui tutto è già mostrato. Quello che segue, infatti, a noi pare solo una parabola esplicativa di questo trionfo di violenza e avidità. E proprio per amore del denaro Llewelyn rischia la morte. Prende la borsa e poi la contende a Chigurh, che lo bracca per conto dell'uomo ( Stephen Root) ai cui affari si lega tutto quel sangue. Sono tre, i protagonisti del film dei Coen: Ed, Llewelyn, Anton. E però ognuno ne attraversa la storia da solo. Ed insegue Llewelyn per salvargli la vita, ma quando lo raggiunge non lo può più aiutare. Quanto a Llewelyn, prima fugge via da Anton, e poi cerca di incontrarlo per amore della sua Carla Jean (Kelly McDonald). Ma non riesce mai nemmeno a vederlo, e al massimo ne sente la voce al telefono. È un illuso, Llewelyn. Lo è tanto, da convincersi di poter scampare alla violenza della scena primaria, lucrandone denaro e felicità. Quando poi gli sembra d'aver vinto, proprio allora viene spazzato via dalla vita. E tutto accade fuori campo, senza che i Coen ritengano necessario mostrarcelo, con la crudeltà improvvisa che il caso riserva alle nostre illusioni. Quanto poi ad Anton, di tutti sembra il dio spietato: dei trafficanti, del loro capo che sta dietro una scrivania da manager, e anche dei poveracci che incontra per strada. D'altra parte, lo si potrebbe levar via dall'intreccio, e il senso della storia non cambierebbe. Sempre l'avidità muoverebbe gli uomini. Da dietro la sua scrivania, sempre qualcuno giocherebbe con le loro vite. E sempre il paese raccontato dai Coen sarebbe «duro con la gente». Insomma, la scena primaria resterebbe quella che è, con il suo sangue, il suo trionfo di morte. E chissà, forse Anton non è che la personificazione narrativa di questo trionfo. Anche lo strumento con cui uccide lo suggerisce: una bombola d'aria compressa collegata a un tubo al cui termine c'è una pistola da macello. È efficiente, quest'arma improbabile. Ed è sorprendente, nella sua goffaggine tecnica. Si direbbe che, quando uccide, uccida "di più": ossia, che lo faccia con la potenza espressiva d'una messa in scena degna della Morte stessa. Proprio come la Morte, del resto, Anton si affida all'inesorabilità del caso. Lancia una monetina, e questo basta a decidere della sorte di un uomo o di una donna. Poi, secondo che venga testa o che venga croce, si vive o si muore, senza via di scampo. E ancora come la Morte, Anton non può morire. Al massimo, s'allontana dalla scena,zoppicando come fa il diavolo nelle rappresentazioni popolari (così ce lo raccontano i Coen, poco prima che il film si chiuda). Ma non ha nulla di astratto, questa morte demoniaca e personificata. Al contrario, in Anton si mostra la crudeltà materiale di un intero " paese", ovunque lo si voglia collocare. In esso niente vale che non sia pronto a vincere, schiacciando e uccidendo. Nei suoi confini l'avidità è insieme sentimento e ideologia, e quel che conta è prevalere. Di tutto questo Ed è osservatore stanco, addolorato. Lo è tanto, che gli basterebbe salvare Llewelyn, senza immaginare di poter fermare «quello che sta per arrivare». Ma anche questa è un'illusione, l'ultima prima della sconfitta d'ogni speranza e umanità. Nel suo futuro è svanita ogni immagine di futuro, così come ogni immagine di passato. Non è un paese per vecchi, quello raccontato dai Coen, e forse neppure più un paese.
Roberto Escobar (Il Sole 24 Ore)
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