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Mercoledì 03 Luglio 2024
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A EST DI BUCAREST
Commedia
di Corneliu Porumboiu
con Mircea Andreescu, Teo Corban, Ion Sapdaru
89 minuti - Romania 2006

Arriva dalla Romania uno dei primi grandi film della stagione, un gioiello di umorismo e malinconia che rievoca “dal basso” la gloriosa Rivoluzione del 22 dicembre 1989. Ammesso che una Rivoluzione ci sia stata davvero perché laggiù a Vaslui, piccola città vicino Bucarest, non ne sono così sicuri. E poiché il 22 dicembre si avvicina, l’intraprendente conduttore di una scalcinata tv invita in studio due improbabili “eroi” locali. Questo però accade solo nella seconda parte del film, la prima invece ci porta dentro le vite comiche ma non allegre dei nostri protagonisti, intrappolati con sapienza in una serie di inquadrature fisse che spremono da quelle piccole esistenze grandi verità e un divertimento spesso irresistibile ma anche venato da una disperazione che non diventa mai tragica solo perché, come dice il regista pensando forse più ai suoi concittadini che a Ionesco, «noi rumeni abbiamo inventato l’assurdo». Sono queste immagini fisse ma traboccanti di vita a dare all’esordio di Porumboiu il suo sapore così speciale, in cui si mescolano stupore e amarezza, rassegnazione e speranza. Ma è la bravura strepitosa degli attori, interpreti teatrali poco noti anche in Romania, a rendere memorabili i personaggi, i loro sentimenti inespressi e con essi il film, che invece quei sentimenti li esprime benissimo. Il signor Piscoci è un vecchio brontolone perseguitato dai bambini del quartiere, ma pronto a travestirsi da Babbo Natale se glielo si chiede con gentilezza. Il professor Manescu è un tipetto spento che di giorno tenta di ficcare qualche nozione nella zucca dei suoi liceali attempati, e di notte si ubriaca fino a perdere la memoria e a insultare a sangue un onesto bottegaio cinese che si rivelerà l’ago della bilancia. Naturalmente il cuore del film è la lunga scena del talk show, chiamiamolo così (con telefonate in diretta e controscene irresistibili in puro stile Totò), che stabilisce anche la morale della favola. Perché non esiste la Storia, esistono solo tante storie, nessuno saprà mai se Manescu passò quel fatidico 22 dicembre a sbronzarsi o scese in piazza contro Ceausescu, così come non si saprà mai come funzionano i lampioni della città (è il senso del bellissimo e imprevisto finale). Ma l’essenziale è che qualcuno continui a chiederselo, e tanto meglio se è giovane come quel cameraman che della Rivoluzione ha un ricordo tutto diverso, ma un giorno, chissà, farà il regista e sarà lui a raccontare la Storia. O uno dei suoi volti.
Fabio Ferzetti (Il Messaggero)
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