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Mercoledì 03 Luglio 2024
Parrocchia S.Stefano
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LE VITE DEGLI ALTRI
Drammatico
di Florian Henckel von Donnersmarck
con Martina Gedeck, Sebastian Koch, Ulrich Tukur
137 minuti - Germania 2006

Prima della caduta del Muro, a Berlino Est, anche il visitatore più sprovveduto sapeva di non dover mai pronunciare la parola Stasi, sentendosi anche raccomandare caldamente, ma a bassa voce, di non andare mai, neanche per sbaglio, in Normannenstrasse, una via che aveva gli stessi echi sinistri della nostra via Tasso nella Roma occupata del'43. Oggi della Stasi, la polizia segreta che aveva la sua sede proprio in quella via, ci parla, per fortuna ormai apertamente, un regista tedesco esordiente usciti da una nobilissima famiglia, Florian Henckel von Donnersmarck, che tra le pieghe di un dramma avvincente e carico di suspence è riuscito a descrivere in modo magistrale i climi opprimenti fra delazioni, persecuzioni, suicidi che pesavano sulla DDR, ossia sulla repubblica Democratica tedesca. Il protagonista, il capitano Wiesler, è uno di quei tetri funzionari che, con il sussidio bieco di microspie collocate ovunque nelle case, ascoltavano tutti gli sfortunati cittadini di quello Stato, pronti ad arrestarli magari solo per un piccolo indizio. Oggetto delle sue indagini a tavolino, con auricolari e registratori, è un notissimo scrittore ritenuto fino a quel momento insospettabile, ma diventato senza volerlo rivale in amore di un torvo burocrate desideroso adesso di sottrargli l'amante, una grande attrice di teatro. Comincia l'ascolto, minuto per minuto, con la conseguenza, però, che quel capitano, chiuso in una vita solitaria e senza luce, si fa a poco a poco contagiare e mutare dalla vita di quegli altri che dovrebbe non solo spiare ma tentare di punire. Con risultati drammatici per tutti anche se, caduto finalmente il Muro, e riunificate le due Germanie, le responsabilità di quei personaggi, nel bene e nel male, acquisiranno contorni e riflessi nuovi. Un testo esemplare. Con tutti i suoi elementi in ordine, caratteri, situazioni, processi psicologici, incidenti, sorprese. Mentre la regia riesce a evocarvi attorno le atmosfere terribili di quei luoghi e di quei giorni, all'insegna sempre di una paura che dilaga ovunque tappando la bocca a tutti e disseminando angosce e sospetti. Con accenti, però, mai troppo marcati, anzi in cifre in cui il non detto, specie al momento di tirare certe somme, prevale senza mai uno strappo. Affidato a immagini che sembrano quasi fotografare dal vero quei colori verdastri, grigi, opachi, soffocanti, tipici in quegli anni della vita di Berlino Est. Vi concorrono degli interpreti che, specie per quel che riguarda il protagonista, Ulrich Mühe, ne sembrano, almeno fin quasi alla fine, il riflesso più autentico e spettrale. Di fronte a lui Martina Gedeck compone, con lacerata intensità, il ritratto contraddittorio dell'amante dello scrittore. Dà volto a quest'ultimo Sebastian Koch, già visto di recente in Black Book di Paul Verhoeven: asciutto, sincero, sofferto.
Gian Luigi Rondi (Il Tempo)
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