Commedia di Pupi Avati con Diego Abatantuono, Francesca Neri, Ines Sastre, Vanessa Incontrada, Violante Placido 99 minuti - Italia 2006
Non è la prima volta che Pupi Avati rivolge la sua attenzione al "mondo" dell'intrattenimento e dello spettacolo, dieci anni fa con il film Festival aveva già raccontato la storia di un attore (interpretato da Massimo Boldi) caduto in disgrazia. In La cena per farli conoscere Diego Abatantuono - la cui carriera d'interprete non comico, a tutto tondo, deve più di qualcosa al regista emiliano - è un attore di mezza tacca, ex bello, attempata star di una soap televisiva dalla quale vogliono farlo fuori.
Facciamo la sua conoscenza nella prima scena, "ospitata" in un programmaccio che dovrebbe servire al suo rilancio ma è un vero festival dell'orrore mediatico. È anche un uomo immaturo e vanitoso, che ha sempre e soltanto pensato a sé. Ma è anche simpatico e umano. È per questo che dopo il guaio che gli ha combinato alla faccia un intervento di chirurgia estetica e dopo il tentativo di "insano gesto" che ne segue (vero o messinscena? Vera o mal recitata disperazione?) corrono in suo soccorso le tre belle figlie che, avute da tre donne diverse e sparse qua e là in Europa, questo cattivo padre non ha cresciuto e sempre visto pochissimo. Lo accudiscono e gli procurano un incontro con una signora avvenente, originale e scombinata.
Le ragazze sono Violante Placido, Vanessa Incontrada e Inés Sastre, la signora è Francesca Neri. Non è un film privo d'imperfezioni e approssimazioni. I personaggi minori e le situazioni collaterali non sono abbastanza curati, il ruolo della Neri è incerto e sfuocato, e in particolare risulta un'occasione un po' persa quella del marito maniaco sessuale della figlia Betty-Placido (bravo Fabio Ferrari) che col suo tormentone di voler toccare i capelli delle cognate poteva potenziare una vena torbida, da commedia amara, e invece resta lì appena abbozzato.
Ma il nucleo, il cuore del film, e cioè soprattutto il personaggio principale e il suo interprete, ma anche quelli delle tre figlie, c'è ed è riuscito. La vocazione moralista alla condanna del pattume televisivo s'incarna bene nel profilo cialtrone e malinconico, cui Diego collabora con grandissima misura, del bel personaggio di Sandro Lanza. Senza peraltro regalargli un riscatto finale sbrigativo e facilone. All'ipotetica domanda: chi sarebbe stato in altre stagioni l'interprete ideale per quel ruolo? È fin troppo facile rispondere: Walter Chiari. Avati riesce a mantenersi coerente alla sensibilità che rende riconoscibili i suoi film pur discostandosi da climi e ambientazioni - la provincia, l'ingenuità giovanile - che gli sono abituali. Paolo D’Agostini (La Repubblica)
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