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Mercoledì 03 Luglio 2024
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IL MIO MIGLIORE AMICO
Commedia
di Patrice Leconte
con Pierre Aussedat, Daniel Auteuil, Dany Boon, Christian Gazio
94 minuti - Francia 2005

Quando posso vedo volentieri la trasmissione francese «Qui veut gagner des millions?» condotta dallo sfingeo Jean-Pierre Foucault che ora ritrovo nel pieno delle sue funzioni in Il mio migliore amico. In questo film il regista Patrice Leconte fa convergere abilmente la suspense del racconto con quella del quiz televisivo nel momento in cui il candidato dovendo rispondere alla domanda milionaria (Manet o Monet?) può ricorrere all' aiuto telefonico di un amico. Domanda: messi in questa situazione, vi verrebbe subito in mente a chi telefonare? Ovvero intorno a voi c' è qualcuno che ritenete il vostro migliore amico? Ne dubita, nel corso di una cena comitale al ristorante, l' antiquaria Catherine (Julie Gayet) polemizzando con il socio François (Daniel Auteuil), da lei stigmatizzato come incapace di rapporti umani. Molto risentito, l' uomo si accalora fino a scommettere che entro dieci giorni sarà in grado di presentarle un vero amico del cuore. La posta in gioco? Un antico vaso greco, recentemente acquistato a un' asta da François sulla suggestione della leggenda che lo accompagna: quella di essere stato utilizzato per raccogliere le lacrime del primo proprietario in lutto (guarda caso) per la morte di un amico. Il fatto che il vaso sia fragilissimo è il primo campanello d' allarme sugli aspetti prevedibili di una trama per altri aspetti originale. Anche se l' incidente avrà una coda a sorpresa, si intuisce da subito che il vaso finirà a pezzi. Altra facile previsione: pur inciampando in una teoria di bizzarri incidenti di percorso, François troverà la persona che cerca. Terza aspettativa da mettere in conto: il taxista Bruno (Dany Boon), che da anni è si candida come partecipante a tutti i quiz e viene regolarmente respinto, arriverà alla fine in TV di fronte all' implacabile Foucault. Che tipo sia François lo abbiamo capito fin dalla scena di apertura, quando presenziando a un funerale non rinuncia a telefonare e di infilare, al momento delle condoglianze, la proposta di acquistare un comò del defunto. Anche Bruno ha un difetto per cui lo chiamano «l' uomo che sapeva troppo»: assilla infatti i clienti del taxi con una valanga di notizie storiche sulle strade e le piazze che attraversa. Sulle prime impaziente di fronte a queste chiacchiere erudite, l' antiquario si convince poco a poco che il loquace giovanotto è il tipo da utilizzare per vincere la scommessa. La scarsa presenza femminile (François non mostra grande trasporto per la sua amante, Bruno vive ancora all' ombra dei genitori e la scommettitrice Catherine è lesbica) farebbe perfino sospettare una sottaciuta implicazione omosessuale. Ma non è il caso. Siamo invece in un minimalismo naïf alla Zavattini, memore forse delle disavventure di Aldo Fabrizi in Prima comunione. Il primo personaggio al quale François si rivolge per ottenere un' attestazione di amicizia è un antiquario, che rifiuta di considerarsi sodale di un concorrente che gli ruba i clienti. Un altro è un antico compagno di scuola che detesta il protagonista da quando, undicenne, già lo considerava spaccone e rompipalle. A niente servono i manuali su come conquistare gli amici, le conferenze e, almeno sulle prime, le lezioni di simpatia sollecitate al malcapitato Bruno. L' educazione sentimentale dell' uomo sprovvisto di amicizie procede stentatamente fra gli spalti della partita domenicale e le cene in famiglia dai genitori del tassinaro per ingraziarsi i quali gli compera un vecchio tavolo tirato giù dalla soffitta. Esaurito lo sprint iniziale, il film procede con sviluppi non sempre plausibili. Per fortuna, accanto a Dany Boon che assicura il valore aggiunto di una freschezza di cabarettista, Daniel Auteuil si conferma un eclettico miniaturista di caratteri, capace di trascorrere dall' autorevole Napoleone di Virzì a questo compassionevole ometto senza qualità.
Tullio Kezich (Il Corriere della Sera)
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