Drammatico di Emerald Fennell con Carey Mulligan, Bo Burnham, Laverne Cox, Clancy Brown, Jennifer Coolidge 108 minuti - USA 2020
Ci sono film che non sono belli nel senso canonico del termine. Non sono rassicuranti né danno al pubblico ciò che hanno promesso in precedenza. O magari non hanno promesso proprio niente perché il loro obiettivo è colpire lo spettatore allo stomaco con una botta secca. Come evidenzia la recensione di Una donna promettente, il lavoro di Emerald Fennell è tutto questo e molto altro. Un film che manipola e disturba, ma non lo fa in modo plateale bensì con una sottigliezza inedita, soprattutto per un'opera prima. Emerald Fennell è un'attrice e come tale ha regalato a Carey Mulligan un ruolo che ne ha cambiato radicalmente l'immagine di fronte agli occhi del pubblico, ma è soprattutto una donna capace di raccogliere le istanze di tante voci femminili stravolgendo il genere rape-and-revenge per gettare uno sguardo sulla contemporaneità.
La stessa sequenza d'apertura di Una donna promettente dovrebbe metterci in allarme. Un gruppo di yuppie trentenni in un locale notturno individua una donna visibilmente ubriaca e scommette su chi tra loro riuscirà ad approfittare di lei. A offrirsi di riaccompagnarla a casa è Adam Brody, il bravo ragazzo di O.C. che, una volta appartatosi con lei nel proprio appartamento, subisce la sua reazione furiosa alle avance. Reazione che viene solo suggerita nella caustica sequenza dei titoli di testa in cui, sulle note di It's Raining Man (versione DeathbyRomy), Carey Mulligan, scarpe coi tacchi in una mano e una brioche nell'altra, ben visibile addosso il sangue che presumiamo appartenere a Adam Brody, fa ritorno a casa a piedi all'alba. Lo sguardo che rivolge a un gruppo di operai che fanno apprezzamenti al suo passaggio è sufficiente per farli zittire e allontanarsi alla chetichella a testa bassa.
Una donna promettente è un film spiazzante sia nel contenuto che nella forma. Una sintesi felice tra Hello Kitty e Kill Bill in cui una bionda commessa di un coffee shop che indossa pigiami rosa, vive coi genitori e ha lasciato gli studi adesca uomini nei locali notturni per sedurli e punirli del loro comportamento irrispettoso nei confronti delle donne. Il tutto per vendicare un abuso sessuale subito in passato dalla sua migliore amica. Naturalmente tutte le informazioni vengono centellinate man mano che la storia avanza tra svolte e colpi di scena, visto che la sceneggiatura, premiata con l'Oscar, opera sul coinvolgimento del pubblico a vari livelli. Una donna promettente è un gelato al veleno che, dietro la confezione accattivante e la colonna sonora pop, lancia stilettate nei confronti del maschio predatore e delle donne compiacenti (epocale il confronto con Connie Britton, qui nei panni di una preside di facoltà restia a prendere provvedimenti contro studenti sospettati di crimini sessuali "per non rovinar loro la carriera"), rifiutando ogni soluzione consolatoria.
Che i giudizi su Una donna promettente non siano unanimi non stupisce affatto. A urticare una fetta di spettatori, in gran parte uomini, è il tono del film che, dietro una patina zuccherosa, lancia stilettate a più non posso contro il perbenismo e il maschilismo della società americana per poi diffondere, ancora a un livello ulteriore, un accorato messaggio contro le molestie sulle donne e le sue conseguenze sulle vittime. Un film del #MeToo che rifugge ogni didascalismo per veicolare il suo messaggio con una forma sui generis. Un'opera in cui i rabbiosi e squallidi adescamenti di Cassie (questo è il nome del personaggio di Carey Mulligan) convivono con una scena in cui Ryan (Bo Burnham), l'unico uomo che potrebbe ridare alla ragazza un po' di fiducia nel genere maschile, canta Stars Are Blind di Paris Hilton danzando tra gli scaffali di una parafarmacia.
All'uscita negli USA di Una donna promettente, un critico ha insinuato che Carey Mulligan non fosse perfettamente credibile come seduttrice, paragonandola addirittura a un trans quando sfoggia un look più sensuale nella fase di adescamento delle sue prede. In realtà, dopo averla vista diretta da Emerald Fennell, nessun'altra attrice sembra più adeguata di lei nel ruolo di Cassie. Dopo aver inanellato una serie di ruoli in costume intervallati da qualche personaggio più intrigante come la struggente Sissy di Shame e la dolce Irene di Drive, Carey Mulligan si mette in gioco decostruendo la sua immagine di performer per creare il personaggio dell'imperscrutabile e granitica Cassie, giovane donna infelice e depressa che nasconde i suoi sentimenti più profondi per portare a termine la missione che si è prefissata. Impossibile empatizzare con una creatura così sfuggente, eppure Una donna promettente non è un film che si dimentica facilmente.
Per il personaggio di Cassie, l'inglese Mulligan non ricorre ad alcuna trasformazione fisica a esclusione se vogliamo, dei capelli biondi lunghi e ondulati che sostituiscono il taglio corto con cui siamo abituati a vederla. Lavorando sui toni di voce, sulle espressioni del viso, sugli sguardi, sulla prossemica che muta quando si trova in corrispondenza dei genitori, del possibile fidanzato Ryan, dell'ex collega della scuola di medicina Alison Brie e degli uomini che punta per vendicare il torto subito dall'amica, la performance di Carey Mulligan brilla per sottigliezza e varietà di sfumature, ma anche per modernità grazie alla patina di ironia con cui la regista Emerald Fennell avvolge la sua critica al machismo.
Nelle due ore di durata di Una donna promettente, il termine stupro non viene mai usato, sostituito da perifrasi e allusioni. Emerald Fennell sfrutta le stesse tattiche usate dai difensori dello status quo vigente e dai finti moralisti che si schierano sempre dalla parte del maschio, gli stessi che affermano che la donna "se l'è cercata", rivolgendole contro di loro.
L'ironia, come ci insegnava Pirandello, è l'arma più potente di tutte. Non lasciamoci abbagliare dai colori fluo, dai bei ragazzi che sbucano a ogni angolo, dagli ammicchi al pubblico e dalle canzoncine vivaci. Dietro la confezione pop, Una donna promettente è come un farmaco in pillole. La copertura di zucchero cela un cuore amaro e velenoso. Allo stesso modo, l'unione tra Emerald Fennell e Carey Mulligan dà vita a un film che esce dai canoni del tradizionale revenge movie per dirci qualcosa in più sulla società odierna. Il giudizio che ne emerge è impietoso. Ma l'insegnamento più prezioso che il film ci offre è che se a dar bordate al sistema sono due donne bionde e vaporose, non per questo i colpi fanno meno male.
Valentina D'Amico (Movieplayer.it) |