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MATERNAL
Drammatico
di Maura Delpero
con Lidiya Liberman, Renata Palminiello, Denise Carrizo, Agustina Malale, Marta Lubos
91 minuti - Italia, Argentina 2019

La prima sorpresa di Locarno 2019 ve la sveliamo con la recensione di Maternal di Maura Delpero, unico film italiano in concorso. Film italiano dal respiro internazionale, Maternal è girato interamente in Argentina con un cast italo-argentino che fonde attrici professioniste e non professioniste. Un'opera al femminile in cui la presenza maschile è solamente evocata e, in un mondo come questo, è sostanzialmente una presenza negativa. Il titolo originale di Maternal è Hogar, termine ben noto a chi conosce l'Argentina. Gli hogar sono case famiglia per ragazze madri di estrazione sociale bassa in cui le giovani, spesso minorenni, vengono accolte con la loro prole. Nello specifico l'hogar in cui è ambientato il film è gestito da suore di origine italiana. In Maternal vanno così a confluire due tipi di femminilità: quella irriverente e un po' sfacciata di adolescenti costrette ad affrontare situazioni familiari difficili o addirittura tragiche, crescendo figli che non erano pronte ad avere, e quella severa e trattenuta delle suore. A questi due gruppi corrispondo due tipologie di attrici scelte con grande perizia da Maura Delpero. A interpretare le suore sono attrici teatrali di grande esperienza, come Renata Palminiello, mentre le giovani argentine sono quasi tutte non professioniste alla prima esperienza davanti alla macchina da presa, alcune realmente provenienti dalla realtà degli Hogar come Agustina Malale, volto dell'irrequieta Lu. tà assoluta di controllo del mezzo realizzando un'opera prima intensa e rigorosa che si pone in bilico perfetto tra finzione e documentario. Il film si apre in medias res, con le due protagoniste in bagno: Fatima seria e timorosa, Lu sfacciata e ribelle, intenta a farsi bella per uscire con l'ennesimo ragazzo sbagliato. Alla spontaneità dei comportamenti delle giovani ospiti dell'hogar si contrappone il rigore formale dell'opera, che procede in cui le austere simmetrie dell'edificio si riflettono nei corpi rigidi, negli abiti lineari e nei veli triangolari delle suore. Due mondi collidono all'interno dell'hogar, due femminilità antitetiche, una sfacciata e desiderosa di esplodere, un'altra repressa e congelata. L'anello di congiunzione tra questi due mondi così distanti è Suor Paola (Lidiya Liberman), giovane suora la cui vocazione comincia a vacillare quando si trova a prendersi cura della piccola Nina, figlia di Lu abbandonata dalla madre che ha lasciato l'hogar. Infrangendo le regole dell'istituzione a cui appartiene, Paola si affeziona a Nina tanto da accarezzare l'idea di poterle fare da madre. Il rapporto con la piccola fa vacillare la sua devozione all'abito che indossa e questa crisi viene raccontata attraverso piccoli dettagli significanti, tocchi sapienti con cui Maura Delpero dimostra di amare e rispettare le sue donne, religiose e non, esplorandone l'intimità con rispetto e dedizione. Lo stesso discorso vale per le ospiti dell'hogar. Se la strafottenza di Lu nasconde una profonda insicurezza, che la spinge a gettarsi nelle braccia di uomini violenti e sbandati per colmare una carenza d'affetto, la backstory più agghiacciante è quella, appena suggerita, che riguarda Fatima e i suoi due figli, frutto di violenza domestica. La regista sceglie, però, ancora una volta di lasciare che sia lo spettatore a colmare i vuoti, evitando di speculare sulle miserie delle protagoniste.
Valentina D'Amico (Movieplayer.it)
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