Commedia di Checco Zalone con Checco Zalone, Souleymane Silla, Manda Touré, Nassor Said Berya, Alexis Michalik 90 minuti - Italia 2020
Ci avviciniamo alla recensione di Tolo Tolo, il nuovo film di e con Checco Zalone, con una lieve apprensione: è senza dubbio il film italiano più atteso del 2019, quello che tutto il mondo del cinema di casa nostra, in particolare gli esercenti, aspetta con ansia. È il film che potrebbe salvare il cinema italiano, incassando da solo - così si spera - una cifra che potrebbe far bene a tutta l'industria (il suo ultimo film, Quo vado?, ha incassato qualcosa come 60 milioni di euro).
È insomma un film che non va preso alla leggera. E, dopo averlo visto, vi possiamo dire che è un'opera a suo modo sorprendente: molto più dura, diretta, coraggiosa degli altri film del comico barese, in Tolo Tolo, Checco Zalone mantiene il suo solito sguardo "finto ingenuo" sul mondo per scardinarne i pregiudizi. È però anche un film in cui si ride meno, e non a crepapelle, rispetto agli altri: piuttosto si sorride, un po' a denti stretti, perché quello che vediamo è la realtà. Ma è anche un film che forse avrebbe potuto essere qualcos'altro.
Già leggendo la trama di Tolo Tolo si capisce che film ci troviamo davanti. Checco Zalone, a Spinazzola, nelle Murge, terra di carne e burrate, ha un sogno: aprire il sofisticato ristorante giapponese Murgia & Sushi. Come può andare? Male. E allora, fuggito ai debiti e ai pignoramenti, lo ritroviamo in un resort a Malindi, in Kenya. Lavora come cameriere, ha un amico, Oumar (Soulemayne Sylla), e una ragazza che gli piace, Idjaba (Manda Touré). Sembra andare tutto bene, ma scoppia una guerra, e Checco ci si trova in mezzo. Sarà costretto a fuggire e a tornare in Italia. Ma senza alcun aiuto dai propri connazionali. Sarà costretto a compiere "il viaggio", quello che ogni giorno compiono migliaia di migranti: attraversare il deserto, arrivare in Libia, con tutto quello che comporta, affrontare il mare su un barcone. Per poi trovarsi di fronte ai porti chiusi.
Per nulla ignorante, a differenza del personaggio che da anni porta sullo schermo, Checco Zalone, Luca Medici (questo il vero nome dell'attore barese) stavolta ci regala un film molto più coraggioso, e rischioso, degli altri. Partendo da uno dei suoi capisaldi, cioè i tipici vizi dei nostri connazionali (l'illegalità, la furbizia, le scorciatoie, l'evasione fiscale), alza nettamente il tiro, ancor più di quello che aveva fatto nel suo secondo film, Che bella giornata, in cui parlava di scontro di civiltà e terrorismo, e va a toccare il nervo scoperto dei nostri giorni. Tolo Tolo ha il pregio di mostrare qualcosa che raramente al cinema, e soprattutto in una commedia, ci hanno fatto vedere: il viaggio della speranza di tante persone e le prigioni in Libia. E, cosa che ricorre in tutto il film, l'enorme gap che c'è tra chi vive in Africa e chi vive in Occidente. La reiterata gag/tormentone sui medicinali e sui cosmetici (la crema all'acido ialuronico) serve proprio a questo, a far capire in quanti problemi ci perdiamo e quante cose diamo per scontate. Cose che gli altri nemmeno conoscono...
Quella dei cosmetici è uno dei tormentoni di Tolo Tolo. Ma il film ha molti momenti inusuali, spiazzanti, sorprendenti. Da un Checco simil Mussolini (che vi spieghiamo più avanti) a un cameo esilarante di Nichi Vendola nei panni di se stesso e un personaggio che ricorda l'ascesa fulminea di certi politici di oggi. Da alcuni momenti da musical, come la canzone cantata da Checco con alcuni africani su un bus alla danza in mare alla Esther Williams dopo un naufragio, al cartoon sulla cicogna che chiude il film. Fino a un momento molto toccante, su Viva l'Italia di Francesco De Gregori, che commenta lo sbarco di una nave in Italia tra le proteste degli italiani. Poco prima, Checco aveva detto di non volere il porto di Vibo Valentia per sbarcare, preferendone altri. È un esempio di come il gioco di Checco sia sempre lo stesso: il ribaltamento del punto di vista, il voler fare l'ignorante per smascherare l'ignoranza altrui (già dal primo film si era infatti paragonato a Borat), il porsi come un Candido di fronte ai pregiudizi e alla cattiveria.
Tolo Tolo, per il messaggio che manda, per la popolarità del suo autore, e per il pubblico a cui è destinato, è un film potenzialmente più dirompente di qualsiasi pamphlet politico. Dice "qualcosa di sinistra" (come chiedeva Nanni Moretti a D'Alema in Aprile), dice bene cose che molti leader politici oggi faticano a spiegare. È un film molto duro, a tratti realistico - per le situazioni che mostra - anche se filtrato sempre dall'ironia e dalla commedia. Il rovescio della medaglia è dato dal fatto che durante il film si ride poco, molto di meno rispetto allo standard dei film di Checco Zalone. Probabilmente dipende dal fatto che il realismo di certe situazioni colpisce molto, e non avviene quello scarto tra la finzione e la realtà che spesso fa scaturire la risata. Dall'altro, Luca Medici, conscio del tema che sta affrontando, si preoccupa di spiegare troppo certe situazioni, di essere didascalico. Il momento in cui, su un camion pieno di africani, si alza in piedi e si atteggia a Mussolini, viene seguito dal dialogo con un africano, in cui lui spiega a Checco cos'è successo. "Abbiamo tutti il fascismo dentro, con lo stress viene fuori". "Come la candida" risponde Checco. Una metafora efficace, ma è un esempio di come ogni cosa, nel film, venga soppesata e spiegata.
Ma forse tutto questo accade anche perché Tolo Tolo non nasce come tutti i film di Checco Zalone, da una sua idea, poi sceneggiata insieme al fido Gennaro Nunziante, che da questa prova non è più con lui. Tolo Tolo nasce da un soggetto di Paolo Virzì, che probabilmente aveva in mente un film più cattivo, più scorretto di quello di Checco Zalone (che, in questo senso, si ferma sempre un attimo prima di diventarlo) una sorta di moderno Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?, come hanno fatto notare in molti alla presentazione del film alla stampa.
Scrivendo il film, i due si sono resi conto che stava diventando sempre più il film di Checco, che ha preferito assumersi in prima persona, per usare un gergo economico, il "rischio d'impresa", prendendo in mano la regia e firmando il film. Di Virzì resta un'idea sicuramente coraggiosa, il senso di un cinema impegnato, e quello splendido personaggio di Oumar - ispirato a un ragazzo realmente esistito che il regista livornese conosceva - un ragazzo africano coltissimo che ama i romanzi francesi e il Neorealismo italiano, Bertolucci e Pasolini. In questo modo Checco Zalone ha portato nel suo film temi e modalità di un altro cinema: li ha fatti suoi, li ha saputi leggere e, sì, ha preso una posizione. Il suo coraggio è qualcosa che va apprezzato.
Ci chiediamo, a questo punto, quali saranno le reazioni del pubblico di Checco Zalone al nuovo film Tolo Tolo. Che è un pubblico trasversale, non certo il pubblico di Paolo Virzì o di un Nanni Moretti, abituato a trovare nei film certi temi e certi discorsi. Un pubblico meno pronto a tutto questo, anche di idee diverse rispetto al messaggio del film, potrebbe rimanerne spiazzato. A questo punto potrebbe succedere di tutto. Una parte del pubblico potrebbe non capire il film e il suo messaggio. Una parte potrebbe anche rifiutarlo. Oppure potrebbe esserci chi - la speranza è questa - possa anche capirlo e, per una volta, riflettere, rivedere le proprie idee. Sarebbe la vittoria più grande. Anche il tipo di comicità che punta meno sulla risata e più sul sorriso a denti stretti, per uno come Checco Zalone, è un bel rischio. Vedremo se sarà premiato. Noi facciamo il tifo per lui.
Maurizio Ermisino (Movieplayer.it) |