Drammatico di Fabio e Damiano D'Innocenzo con Elio Germano, Tommaso Di Cola, Giulietta Rebeggiani, Gabriel Montesi, Justin Korovkin 98 minuti - Italia 2020
Colpisce duro il nuovo film dei fratelli D'Innocenzo, ancora una volta a Berlino dopo averci debuttato nel 2018 con La terra dell'abbastanza. In questa recensione di Favolacce vi spiegheremo quanto e come il nuovo lavoro dei gemelli sia diverso eppure complementare al precedente, più complesso, stratificato e maturo, eppure coerente in un percorso artistico appena agli inizi e che promette di regalarci tante soddisfazioni per gli anni a venire. Un nuovo lavoro che abbiamo amato molto e che speriamo che possa conquistare il pubblico italiano così come quello internazionale, aggiungendo un nuovo nominativo alla lista di autori che riesce a rappresentarci con onore al di fuori dei nostri confini.
La storia di Favolacce ci riporta nella periferia romana. Si parte da Spinaceto, ma è subito evidente che il tono e le scelte stilistiche sono differenti da quelle del lavoro precedente: se La terra dell'abbastanza aveva un'impronta più realistica, con il secondo film i D'Innocenzo hanno scelto un approccio più surreale nei toni, più favolistico diremmo, richiamando il titolo scelto per l'opera, a cominciare dalla voce fuori campo che ci introduce al racconto e ci parla del ritrovamento del diario di una bambina per introdurci al contesto in cui si dipana la vicenda, sulla quale non vi anticiperemo molto per lasciare che arriviate al film senza dettagli che possano rovinarvi la visione.
Ci basteranno poche parole d'introduzione, il punto di partenza di Spinaceto, una piccola area periferica che sembra uscita dalla periferia americana con le sue villette e i giardini a vista, alcune famiglie di estrazione modesta, ma desiderose di una vita migliore, che condividono questa realtà con un senso di disagio sottile ma tangibile. Un malessere che coinvolge anche i loro figli, bambini che soffrono, e soffriranno, l'onda d'urto di quel che capita ai loro genitori.
Quello fatto dai fratelli D'Innocenzo è un ritratto amaro e drammatico della provincia, di un contesto sociale che ben conoscono e ben sanno rappresentare. È infatti questo il principale punto di contatto tra La terra dell'abbastanza e Favolacce: stesso contesto, diversi strumenti e mezzi per metterlo in scena, con i personaggi che vivono in un angosciante limbo, né nell'assoluta povertà, né benestanti quanto vorrebbero. Né poveri né ricchi, né felici né infelici. Sospesi in un nulla di cui nemmeno si rendono conto. C'è solo Elio Germano come volto noto di questo gruppo di individui che appare autentico e spontaneo: i due gemelli hanno l'abilità di infondere questa naturalezza a un cast scelto con cura e di provenienza teatrale, almeno per quanto riguarda i ruoli adulti, e ai giovanissimi interpreti dei bambini.
Surreale nei toni, ricercato nella fotografia e nella scenografia che rende il quartiere un luogo fuori dal tempo, Favolacce è molto più complesso e stratificato del suo predecessore. È evidente la maggior maturità e consapevolezza raggiunta dai due fratelli romani, che dimostrano una duplice capacità: da una parte la voglia e abilità di scavare a fondo e costruire fondamenta solide per la storia che vogliono raccontare (scritta, a detta dei due autori, quando avevano diciannove anni), dall'altra l'intelligenza di mettersi al servizio del film, senza strafare con espedienti di messa in scena o virtuosismi. Nascosti dietro una storia per la quale provano evidente affetto, per sostenerla e valorizzarla.
Antonio Cuomo (Movieplayer.it) |