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DIO E' DONNA E SI CHIAMA PETRUNYA
Drammatico
di Teona Strugar Mitevska
con Zorica Nusheva, Labina Mitevska, Simeon Moni Damevski, Suad Begovski, Stefan Vujisic
100 minuti - Macedonia, Belgio 2019

In un mondo di uomini c'è chi oppone una fiera resistenza, a volte perfino involontariamente, come rivela la recensione di Dio è donna e si chiama Petrunya. Prendiamo Petrunya (Zorica Nusheva), irresistibile protagonista della film macedone diretto da Teona Strugar Mitevska. Chi è Petrunya? A prima vista una trentenne sovrappeso, goffa e disoccupata che vive ancora con i genitori. La sua laurea in storia non le è servita a niente finora, non ha mai lavorato in vita sua e non c'è nessun uomo che dimostri un minimo di interesse nei suoi confronti. In più il rapporto conflittuale con una madre ossessiva avvelena ancor di più i suoi giorni. Dopo un colloquio di lavoro fallimentare, Petrunya si ritrova per caso di fronte alla tradizionale cerimonia religiosa del lancio della croce, processione che culmina nel lancio di una croce di legno nell'acqua e nella corsa a ripescarla da parte degli uomini del villaggio. Colui che riuscirà a recuperarla otterrà buoni auspici e sarà considerato un eroe. Infrangendo ogni regola, Petrunya si tuffa e trova la croce, attirandosi però addosso un sacco di guai. Satira religiosa e ironica riflessione sulla condizione femminile: Dio è donna e si chiama Petrunya fa leva sulla leggerezza per lanciare un messaggio forte e chiaro. Dopo secoli di dominio maschile e cultura patriarcale, per le donne è arrivato il momento di farsi valere. La regista veicola il suo messaggio femminista attraverso un film vivace e divertente, ma non per questo meno efficace. Il punto di partenza - un episodio realmente accaduto a Stig nel 2014 - diventa lo spunto per un'acuta riflessione sui ruoli definiti dalla società per uomini e donne e sul loro scardinamento. L'universo dipinto dalla regista è costellato di donne forti, combattive, intenzionate a non chinare più la testa, ma anche di uomini che combattono per proteggere la tradizione e, con essa, la propria mascolinità. Petrunya incarna i difetti, le insicurezze e le difficoltà che ogni donna, a parte poche fortunate, incontra nel suo cammino. Teona Strugar Mitevska decide di tratteggiare un personaggio che si erge a prototipo, la cui storia raccoglie altre mille storie simili. Basta analizzare la scena del colloquio di lavoro, preceduto dalla sgradevole interferenza della madre che prova a costringere Petrunya a dichiarare meno anni per far colpo sul datore di lavoro, per empatizzare immediatamente con la giovane macedone. Petrunya viene messa a disagio per via dell'aspetto fisico non proprio attraente, di un abito che non le dona affatto, di un curriculum vuoto e di una laurea in storia che non le dà titoli per fare la segretaria. A complicare la situazione, il boss finge un approccio sessuale nei confronti della donna che quasi sarebbe pronta a cedere pur di ottenere il maledetto impiego, ma che così facendo passa per una facile. La società impone alle donne ruoli da seguire. Essere belle, curate, accondiscendenti aiuta ad essere apprezzate. Stanca di essere un'outsider, Petrunya infrange la regola principale mettendosi in competizione con i maschi e sconfiggendoli. La donna scatena, così, un vero e proprio putiferio attirandosi l'ira delle gerarchie religiose e della legge. L'istanza di Petrunya viene abbracciata da tutte le donne stanche di essere sottoposte al controllo maschile. Per altro la galleria di figure femminili forti che circondano la volitiva Petrunya è piuttosto nutrita. Nella sua negatività, è la madre a "portare i pantaloni in famiglia" prendendo le decisioni al posto del marito, passivo e sottomesso. Lo stesso tipo di relazione si verifica tra la giornalista rampante chiamata a seguire il caso di Petrunya e il suo cameraman, che desidera solo tornarsene a casa. Nell'ultima parte, Dio è donna e si chiama Petrunya si trasforma in una specie di dramma surreal-claustrofobico alla Una pura formalità. Quando Petrunya viene invitata a raggiungere la stazione di polizia locale, il luogo viene preso d'assedio dalla stampa e dagli uomini del villaggio che, imbufaliti, rivogliono la "loro" croce. Anche in questo caso Teona Strugar Mitevska dosa o toni tragicomici e costruisce situazioni paradossali - grazie alla presenza di agenti di polizia non particolarmente illuminati - per invitare lo spettatore a riflettere sui temi che le stanno a cuore. Qual è il reato commesso da Petrunya, se ne ha commesso uno? Dietro le sue azioni c'è una volontà di scardinare l'ordine sociale? Esiste un reale pericolo insito nel suo gesto? Queste domande continuano a risuonare fino a confluire in un finale aperto in cui torna a serpeggiare la speranza.
Valentina D'Amico (Movieplayer.it)
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