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IL TRADITORE
Drammatico
di Marco Bellocchio
con Pierfrancesco Favino, Maria Fernanda Cândido, Fabrizio Ferracane, Luigi Lo Cascio
135 minuti - Italia 2019

Marco Bellocchio è un regista che ha già affrontato e raccontato la nostra storia e con Il traditore torna a farlo dedicandosi a una pagina ampia, corposa e dolorosa, seguendo l'evoluzione di un personaggio che ha segnato gli ultimi decenni del secolo scorso con le sue rivelazioni in ambito mafioso, andandosi a intrecciare saldamente con gli sviluppi del rapporto Stato/Mafia del nostro paese. Se Pierfrancesco Favino sia riuscito a rendere un ritratto efficace di Tommaso Buscetta, il primo pentito italiano, è uno dei punti principali di questa nostra recensione de Il traditore, perché è chiaro che il film dell'autore di Buongiorno, notte, in concorso a Cannes 2019, si affida soprattutto sulla sua prova attoriale. Trattandosi di un film che racconta uno spaccato di realtà, non è il contenuto della trama de Il traditore a stupire, quanto piuttosto la costruzione dello script del film che sceglie di seguire Tommaso Buscetta, il Boss dei due mondi, per un intervallo di tempo molto lungo. Conseguenza di ciò è una delle poche perplessità che ci ha lasciato il film di Bellocchio, che vive di alcuni passaggi piuttosto bruschi. La storia apre sin dagli anni '80 e dall'arresto di Buscetta in Brasile per l'estradizione in Italia, passando per il complesso rapporto col il giudice Giovanni Falcone, la strage di Capaci e gli sviluppi successivi che hanno portato alla fuga definitiva dal nostro paese. Quanto detto poco sopra fa intuire che il lavoro di Pierfrancesco Favino viene accompagnato anche da diversi cambiamenti fisici intercorsi nei venti e passa anni che scorrono davanti ai nostri occhi. Venti anni di storia italiana popolati da una schiera di personaggi che hanno accompagnato la storia di Buscetta con ruoli e interessi differenti. Tra questi spicca Maria Fernanda Cândido, che offre un intenso ritratto di Cristina, moglie del protagonista, ma meritano una menzione anche Fabrizio Ferracane, Luigi Lo Cascio e Nicola Calì, rispettivamente nei panni di Pippo Calò, Totuccio Contorno e Totò Riina. Un discorso a parte va fatto su Fausto Russo Alesi che tratteggia la figura di Giovanni Falcone e costruisce insieme a Favino il sottile e complesso rapporto che intercorre tra i due. Ma se tutto gira a dovere è perché è solido il perno di questo racconto che si dipana nel corso del tempo e che Favino segue con consapevole adattamento al contesto in cui si muove con sicurezza, alternando i modi da uomo che sa conquistare la simpatia della gente a quelli duri da uomo di Cosa Nostra. Non scopriamo oggi la bravura dell'attore italiano, ma non capita di frequente che abbia la possibilità di dedicarsi a un ruolo di tale spessore e importanza. L'abilità di Favino va di pari passo con quella dell'autore della pellicola, perché è vero che l'interprete diventa Buscetta e ci accoglie nel suo mondo, ma è la solida messa in scena di Marco Bellocchio ad accompagnarci attraverso gli anni e la lucida selezione di quei momenti dell'evoluzione del personaggio e la sua storia che meglio assecondano e sostengono la chiave di lettura scelta per portarlo in scena. In questo lungo cammino, Bellocchio non cerca lo spettacolo, si mette al servizio dell'ampia pagina di storia che vuole raccontare, ma si concede almeno una sequenza di grande impatto visivo ed emotivo. Colpisce quando serve, ma ci lascia il tempo e lo spazio per riflettere sul personaggio e ciò che rappresenta nella storia del nostro paese.
Antonio Cuomo (Movieplayer.it)
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