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IL DIRITTO DI CONTARE
Drammatico
di Theodore Melfi
con Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst
127 minuti - USA 2017

C'è un'ineluttabile amarezza nel ricordarli oggi, quegli anni di battaglie e di speranze. Nei primi anni Sessanta l'America sognava di esplorare le stelle, oggi si rinchiude nei suoi confini, accecata dal terrore. D'altro canto, l'atmosfera di questi mesi, lo sdegno e la fibrillazione che hanno indotto vaste porzioni della popolazione a uscire dallo stato di catalessi post-traumatica per andare in strada a farsi sentire e a mostrarsi il reciproco sostegno hanno contribuito a rendere Il diritto di contare un film particolarmente rilevante, oltre che un successo pazzesco: ha infatti incassato solo in USA più di 130 milioni di dollari a fronte di un budget di 25, conquistando anche tre candidature agli Academy Awards, inclusa quella come miglior film. Oscar o non Oscar, non è un'opera destinata a rimanere nella storia del cinema per i suoi traguardi artistici quella di Theodore Melfi. Gli manca decisamente la voglia di osare e c'è qualche debolezza tipica del biopic convenzionale, ma la storia che racconta è talmente incredibile che siamo perfettamente disposti ad apprezzarlo per le sue intenzioni quanto per i suoi meriti effettivi, e a difendere l'attenzione che ha ricevuto: Il diritto di contare non ha bisogno di essere pionieristico quando le pioniere, le rivoluzionarie dell'impegno e della solidarietà sono le sue protagoniste. Il titolo orginale del film (e del libro di Margot Lee Shetterly da cui è tratto) è Hidden Figures, un pun un po' diverso da quello rappresentato dal non disprezzabile titolo italiano: le hidden figures sono cifre e formule matematiche cruciali per la pianificazione dei lanci spaziali, ma anche figure storiche rimaste nell'oscurità nonostante la loro importanza. In decine e decine di film dedicati alle missioni spaziali - una delle più nobili espressioni della curiosità e della tenacia della nostra specie - abbiamo incontrato decine e decine di astronauti, controllo missione, e dirigenti della NASA che erano quasi sempre maschi bianchi. Niente di nuovo sotto il firmamento hollywoodiano, ma è semplicemente inaccettabile che, a oltre cinquant'anni dagli eventi narrati nel film, non si sia mai sentito parlare di personaggi come Katherine G. Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson. Il diritto di contare pone rimedio a questo oltraggio con una sceneggiatura, firmata dallo stesso Melfi e da Allison Schroeder, che altera parzialmente eventi e cronologia nell'ottica della drammatizzazione, ma fa soprattutto un ottimo lavoro nell'inquadrare storicamente i fatti: non solo le difficoltà e le frustrazioni di queste brillanti scienziate costrette a lavorare in un regime di segregazione razziale, ma anche il clima di paranoia e tensione generale degli anni della Guerra Fredda, con la corsa allo spazio a rappresentare una forma di competizione pacifica, ma non per questo meno vitale, coi sovietici. Nonostante i suoi meriti nell'inquadramento e nell'elaborazione del soggetto, Il diritto di contare non sarebbe il film accattivante che è senza le sue interpreti Octavia Spencer, Janelle Monae e sorpattuttoTaraji P. Henson, un'attrice dalla presenza scenica incandescente che dopo aver conquistato immense platee televisive con il ruolo memorabile di Cookie Lyon in Empire si dimostra perfettamente a suo agio anche nei panni della nerd un po' imbranata. Nonostante l'equilibrio dello script, attento agli spazi personali e alle sfide professionali di tutte e tre le sue eroine e con tutte munifico in materia di momenti esaltanti, potremmo ben definire la sua Katherine la vera protagonista del film, se non altro per quel prologo che sottolinea quale tesoro, scovato in circostanze proibitive, sia la sua intelligenza. La chiamata di Katherine Johnson nel circolo che conta, ovvero nella task force che si occupa della missione spaziale che deve portare l'astronauta John Glenn a diventare il primo americano nello spazio, è frutto di una contingenza mai verificatasi prima: la necessità di dare una possibilità a chi è effettivamente più bravo degli altri pur essendo una donna di colore (la "rivalità" di Katherine con il dottor Stafford interpretato da Jim Parsons è uno degli elementi più gustosi del film, anche se ad esclusivo appannaggio degli spettatori di The Big Bang Theory). Prima dell'avvento di Katherine, Dorothy e Mary, le "computers" di colore, matematiche a cui erano affidati i calcoli prima della rivoluzione informatica, lavoravano isolate dal resto del personale in uno scomodo casermone, con affollate toilette destinate all'uso dei "coloured"; Il diritto di contare illustra dunque la storia di come John Glenn arrivò in orbita, e di come loro, non grazie a un uomo liberatore ma grazie al proprio ingegno, vennero fuori dalla reclusione. Per unirsi a una causa comune: perché un'altra cosa che ci piace - e si può persino definire abbastanza originale - dell'impostazione narrativa del film è la scelta di raccontare con Katherine e le sue amiche non il genio visionario, isolato ed egocentrico di tanti film dedicati alle grandi menti scientifiche, ma un'intelligenza umile e generosa al servizio di un'intera comunità e di un'intero paese. Le "figure nascoste" sono state dunque non superstar, ma elementi di un vasto ingranaggio volto a ottenere un trionfo scientifico e tecnologico, e quando non è impegnato a rivelare la dedizione e l'umanità di Katherine, la generosità e la pazienza di Dorothy e la determinazione e l'orgoglio di Mary, a sfruttare, insomma, il carisma delle sue brillanti prime attrici, Melfi si profonde senza troppi guizzi in una messa in scena corale che ci restituisce il messaggio più attuale del film: l'inclusione fa la forza. Un pensiero che gli autoindulgenti e abulici nemici del "politically correct" chiameranno forse sempliciotto e buonista, ma la mancanza di complessità non è necessariamente semplicismo e l'approccio del film alle questioni razziali è anzi piuttosto apprezzabile: non predica, non accusa e non minaccia; non offre facili e ipocrite soluzioni, ma mostra il cauto ottimismo e e dignitosa pazienza di persone che attendono di poter brillare e dare il proprio contributo, e nell'attesa si sostengono e si supportano generosamente. Finendo per rendere loro - finalmente - l'onore che meritano.
Alessia Starace (Movieplayer.it)
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