Drammatico di Paolo e Vittorio Taviani con Lello Arena, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Flavio Parenti, Vittoria Puccini 120 minuti - Italia 2015
Con il termine classici si identificano i capisaldi della letteratura. Per intenderci e, per dirla onestamente, quei testi di incredibile importanza storica e culturale che, se non fosse stato per obblighi scolastici, nessuno di noi avrebbe mai sfogliato volontariamente. Ed alcuni non lo hanno fatto nemmeno sotto la minaccia di una bocciatura. Il fatto è che, pur definendoli immortali ed eterni, agli occhi di un adolescente, gli esempi più illustri di letteratura trecentesca sembrano quanto meno datati.
Eppure, tra donne angelicate e amor cortesi, arriva un momento nella vita in cui non solo si comprende la forza di questa capacità di sopravvivere a mode, movimenti di pensiero e cambiamenti espressivi, ma si scopre la modernità racchiusa in pagine scritte secoli prima. Una qualità, quest'ultima che Boccaccio esibisce come un fiore all'occhiello, nonostante l'utilizzo di una lingua molto diversa dalla nostra che, però, non altera minimamente la malizia e l'ironia critica con cui osserva e racconta una realtà senza tempo e rappresentabile all'infinito in molte epoche. Per dirla in termini un po' complessi, Boccaccio e il suo Decamerone rappresentano quasi un archetipo narrativo in cui si mettono in gioco escamotage rappresentativi ben precisi come la metafora, utilizzando lo strumento del novellare.
In parole povere, attraverso cento novelle, l'opera e il suo autore non fanno altro che proporre una visione critica della realtà sociale la quale, basandosi proprio sul principio dei corsi e ricorsi storici, ritroviamo sotto forme diverse anche nella nostra epoca. E proprio per questo motivo i fratelli Taviani, toscani di nascita e di animo, hanno deciso di utilizzare la vicenda apparentemente antica di un gruppo di ragazzi fuggiti da una Firenze assediata dalla peste, per riflettere la condizione attuale di una generazioni di giovani schiacciati e minacciati da una nuova epidemia.
Parlando di Boccaccio e del Decamerone, almeno dal punto di vista cinematografico, non si può non pensare in maniera quasi automatica all'interpretazione che ne ha dato Pier Paolo Pasolini, scegliendo di puntare tutto su una poetica dell'eros molto forte dal punto di vista dell'estetica e dei contenuti. I fratelli Taviani, invece, scelgono un percorso completamente diverso, pur non negando all'opera una disinvoltura sessuale appena accennata, tipica del desiderio giovanile di sopravvivere. In realtà, il loro Maraviglioso Boccaccio segue lo scopo di ricostruire lo sconcerto e la voglia di reazione di una generazione di fronte alla minaccia dell'epidemia e della morte. Una rappresentazione, questa, che i due registi mettono in abiti d'epoca pur riferendola ad una realtà moderna e attuale. Perché, quasi inaspettatamente, la peste sembra essersi presentata nuovamente alla ribalta sotto le forme inquietanti e oppressive di un paese e di una società immobile e incapace di offrire alternative. Questa volta non uccide fisicamente, ma annienta i desideri di una generazione intera che nell'incontro e nell'alleanza trova la forza di reagire. In questa visione la parola e il racconto hanno un ruolo fondamentale, aiutando non solo ad alleggerire gli animi ma, soprattutto, a creare una comunità d'intenti.
Stabiliti gli intenti e lo scopo, i Taviani hanno affidato la narrazione di questa vicenda ad un gruppo di giovani novellatori il cui compito è di portare lo spettatore all'interno di cinque storie diverse nell'animo e nell'intento. In questo gioco di scatole cinesi e di continuo cambio di atmosfere e volti, però, si nasconde il punto debole del film che risente di una forte discontinuità soprattutto nel ritmo globale e dei singoli episodi, fatta eccezione per il Calandrino di Kim Rossi Stuart e per la rea Badessa di Paola Cortellesi. Ad accentuare ulteriormente queste difficoltà è una struttura narrativa piuttosto rigida in cui si ripete automaticamente lo schema del passaggio dalla realtà al racconto senza alcuna variazione. Così, nonostante sia chiaro il valore e l'ottica del film, il progetto perde d'intensità e di originalità rispetto alle intenzioni dei due registi che non rendono merito all'opera e al suo scrittore. In questo senso, dunque, possiamo dire che il Boccaccio, nonostante non sia più un giovincello da qualche secolo, ha dimostrato di saper essere più moderno e innovativo dei suoi interpreti.
Tiziana Morganti (Movieplayer.it)
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