Parrocchia S.Stefano
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Drammatico di Bahman Ghobadi con Hamed Behdad, Ashkan Koohzad, Negar Shaghaghi 101 minuti - Iran 2009
È poco probabile che I gatti persiani esca mai nel suo Paese, l'Iran; anche se è stato premiato a Cannes e se è ben fatto, avventuroso, molto interessante. Il titolo deriva dalla proibizione esistente in Iran di portare fuori gatti e cani condannati a segregazione in casa: il regista Ghobadi vede un'analogia tra i pregiati persiani e i ragazzi suoi protagonisti. Non è certo l'unico divieto in Iran, si sa e si apprende dal film: ogni opera o iniziativa culturale deve ricevere in partenza una autorizzazione governativa che può anche tardare moltissimo (il regista ha passato due anni della sua vita ad aspettarla); è vietato alle donne cantare in pubblico come soliste; tutte le attrezzature per i film in 35 millimetri sono di proprietà dello Stato, che le affitta soltanto a chi dispone di autorizzazione; irruzioni senza preavviso della polizia in case private sono frequenti; la metropolitana ha scompartimenti diversi per donne e per uomini; i documenti di viaggio sono tanto difficili da ottenere che il commercio dei passaporti falsi è normale, fiorentissimo. La troupe di Gatti persiani è stata arrestata due volte sul lavoro.
In simili condizioni, il film racconta a Teheran la storia di una giovane coppia decisa a formare una band di rock persiano e ad andare a esibirsi all'estero. La ricerca dei musicisti e dei passaporti consente al regista di descrivere con efficacia Teheran e il mondo underground della musica contemporanea, senza dare alla vicenda una vera conclusione. Nel film «basato su fatti, luoghi e persone realmente esistenti» c'è un uccellino chiamato Monica Bellucci e i musicisti fanno gran fatica a trovare un posto dove provare: suonano in una stalla disturbando le mucche che danno meno latte, suonano in decadenti sale di registrazione, suonano in soffitta quando gli inquilini sono usciti, suonano in cantina. Il loro rock è dolce e un po' lagnoso, ma non sgradevole. Il loro coraggio di vivere è ammirevole e anche divertente. I gatti persiani è almeno una gran sorpresa. Gli unici film iraniani che siamo abituati a vedere sono opere classiche o poetiche di registi come Kiarostami o Makhmalbaf, grandi ma attempati, atemporali e cauti. Questo di Ghobadi è uno dei pochi film iraniani del presente, di giovani, di musica, realistici: nel suo stile frantumato, nelle riprese della sua macchina da presa manuale digitale, ha un'attualità, una vitalità e un ardire rari.
Lietta Tornabuoni (La Stampa)
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