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IL DIVO
Drammatico
di Paolo Sorrentino
con Toni Servillo, Piera Degli Esposti, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci
110 minuti - Italia 2007

C' era una volta (e c' è ancora, quasi nonagenario...) Giulio Andreotti, romano, degasperiano, imprescindibile in parlamento dal dopoguerra agli anni ' 90, 17 volte ministro, 8 volte presidente del consiglio, senatore a vita dal ' 91. Processato per associazione mafiosa, ha goduto della prescrizione per fatti precedenti il 1980 ed è stato assolto per quelli successivi; condannato a 24 anni come mandante dell' omicidio del giornalista Pecorelli è stato prosciolto in Cassazione. Sulla sua figura, accanto a una montagna di carte processuali che solo il suo avvocato Giulia Bongiorno si vanta di aver scalato, esiste ormai un' abbondante bibliografia pro e soprattutto contro. Da vari decenni il personaggio è considerato onnipotente, intoccabile e pressoché inconoscibile. Ha fatto buona impressione il coraggio da lui dimostrato affrontando nei tribunali di Perugia e Palermo le infamanti accuse piovutegli addosso, evitando a differenza di altri di fuggire all' estero o di sollecitare leggi a proprio favore. Le sue battute rappresentano una gran riserva del folklore giornalistico; e i libri che pubblica di continuo ne fanno il solo politico italiano che potrebbe vivere con i diritti d' autore. Siamo evidentemente di fronte a una figura troppo complessa per venire giudicata in base a un film. Di Il divo è meglio quindi parlare come di una favola un pò nera, nella fosca ammirevole fotografia di Luca Bigazzi, o meglio grigia: ma di un grigio assunto a velame dell' ambiguità. E' così che hanno visto, amato e premiato la pellicola di Paolo Sorrentino gli stranieri a Cannes, senza sapere niente di Andreotti. Il divo è un titolo brechtiano, da leggere alla rovescia. Anche se è chiamato in tal modo per assonanza con «il divo Giulio (Cesare)» non c' è niente di divistico nell' immagine e nei comportamenti di un anti-divo per eccellenza. Tale lo impersona, lavorando di fantasia su spunti colti qua e là, il talentoso Toni Servillo, intonandosi al progetto di un film che vuol essere un ritratto piuttosto che un racconto. E magari un ritratto come quello di Churchill eseguito da Bacon, che la vedova irritata condannò al rogo. Nerovestito, curvo, impassibile, laconico, con le braccia in grembo o dietro la schiena, protetto dietro gli occhiali da una maschera di estraneità al limite del disgusto, indifferente al gran carnevale delle maschere intorno a lui. Se negli atteggiamenti in cui coglie il suo antieroe Sorrentino è acre ma rispettoso, non lo è altrettanto per quanto riguarda il contesto. Il coro dei cortigiani, tutti con nomi e cognomi veri, si direbbero caricature di Giannelli rimbalzate vive dalla pagina grazie all' arcivernice di Lambicchi. Gli interpreti che sfruttano le occasioni più ridanciane sono Carlo Buccirosso (Pomicino), Flavio Bucci (Evangelisti) e Massimo Popolizio (Sbardella). Fanno da contrappeso due aggraziate figure femminili, Anna Bonaiuto (la moglie Livia) e Piera Degli Esposti (Enea, la segretaria). Giulio Bosetti è uno Scalfari da confondere con quello vero. Credo poi di aver riconosciuto l' impeccabile Pietro Biondi che rende a Cossiga un buon servizio soprattutto fungendo da spalla nel duetto in cui il marpionesco Giulio, con l' aria di confidare un segreto di stato, confessa il suo innamoramento giovanile per Mary Gassman sorella di Vittorio. Lungi dall' essere grato per il bonario trattamento, l' ex-presidente ha lanciato contro Sorrentino l' epiteto di «registucolo». Avrà voluto mettere le mani avanti di fronte all' eventualità che a Il divo possa far seguito Il picconatore? In tal caso può starsene tranquillo. Perché di Giulio Andreotti, la talpa politica che pur continuando a scavare i suoi cunicoli nella realtà è riuscito ad abitare la favola, ne esiste soltanto uno.
Tullio Kezich (Il Corriere della Sera)
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