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var index=-1;
// --- OPERA 01
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "La Creazione";
txtAutore[index] = "Giusto dè Menabuoi";
txtStatus[index] = "1370 - 1390 - Battistero San Giovanni Battista- Padova";
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txtImgAutore[index] = "";
txtAudioOpera[index] = "mp3/lacreazione.mp3";
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txtIntro[index] = "" +
"Laudato sì, mì Signore, cantava San Francesco d'Assisi";
txtTesto[index] = "" +
"Qui la qualità pittorica di Giusto è sempre straordinaria e lo si può notare nell'uso del colore morbido e fuso nelle vesti e negli incarnati, nelle accentuazioni luministiche e nei cangiantismi. Giusto usa una tecnica particolare con stesure del colore a velature liquide sulle quali poi a fitto tratteggio ricostruisce la volumetria. Le scene bibliche della Genesi, si svolgono in uno sfondo a finto mosaico d'oro che rifrange la luce. Molte sono le notazioni naturalistiche, i paesaggi con animali e piante in questi episodi. Nella scena con Abramo e gli Angeli e nelle Storie d'Isacco con Esaù e Giacobbe, evidente è la consuetudine del pittore con il disegno architettonico e l'illusione prospettica. Interessante è, inoltre, la scena con la Creazione del Mondo, nella quale la terra è raffigurata come un planisfero con i continenti così com'erano rappresentati nella cartografia studiata da Francesco Petrarca, allora presente a Padova e in stretto contatto con la corte carrarese.
" +
"Anche qui, Giusto tramite l'utilizzo del chiaroscuro riesce a rendere la sfericità della terra. Nelle pareti sono narrate le storie della vita di Cristo e di Giovanni Battista.
" +
"Nella scena della Creazione del mondo lo zodiaco esprime la funzione di Cristo come signore del tempo cosmico. Dio Padre può interrompere il corso degli eventi naturali per manifestare all'uomo il proprio volere: ciò avvenne, per esempio, durante le tre ore di eclissi solare che accompagnarono l'agonia e la morte di Gesù. Attraverso gli angeli, qui rappresentati, Dio domina e neutralizza l'influsso degli antichi demoni planetari sul mondo sublunare.
" +
"La creazione del mondo che non può non creare stupore con la mappa del globo allora conosciuto dagli Urali alle Colonne d'Ercole, con il Mar Rosso tinto di scarlatto.
" +
"Nell'affresco è Gesù, Verbo di Dio, a benedire il mondo appena creato dal Padre: la terra è rappresentata come un globo, allora conosciuto dagli Urali alle Colonne d'Ercole, nel quale si vede delineata la mappa del mondo con al centro il mar Mediterraneo e la penisola Italiana e i 3 continenti allora conosciuti: Europa, Asia e Africa. La terra, che secondo il sistema tolemaico allora vigente, è al centro dell' universo, è circondata da 7 cerchi che corrispondono alle orbite di Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Nella fascia esterna è presentato lo zodiaco che esprime l'influsso degli astri sulle vicende dell'uomo e la vita del mondo. Ma la presenza di Cristo esprime la realtà di Gesù come Signore del cosmo e del tempo: attraverso i suoi angeli il mondo è sottratto agli influssi della sorte e ai capricci del destino (Fato), è retto dalla Provvidenza e protetto dalla benedizione divina simboleggiati dal cerchio di luce dorata che avvolge la creazione.
" +
"Lo stile dell'affresco è semplice e potente e Giusto de Menabuoi dimostra le sue capacità nella qualità assai raffinata del colore e in un certo arcaismo che si ispira a Giotto e non tiene in conto le novità introdotte da artisti padovani.
";
txtBiogr[index] = "" +
"(Firenze, 1330 circa – Padova, 1390 circa).
" +
"Di probabile ma non documentata formazione giottesca, interpretata in senso soprattutto coloristico, divenne pittore alla corte dei Da Carrara. Perseguendo uno stile proprio, arcaizzante e lontano dalle cadenze gotiche e dal realismo dei contemporanei Altichiero e Jacopo Avanzi, non lascerà traccia nello sviluppo della successiva pittura veneta.
" +
"Trascorse la giovinezza in Toscana, forse formandosi nella cerchia di Maso di Banco (uno dei più fedeli e acuti giotteschi); a partire dal 1348 la sua attività è documentata in Lombardia e a Padova.
" +
"La prima opera lombarda del Menabuoi è costituita dagli affreschi eseguiti per l'Ordine degli umiliati in Santa Maria di Brera a Milano, di cui restano, nel sottarco di ingresso della penultima campata (ora un'aula dell'Accademia di Brera) ed entro spazi esagonali e polilobati, busti di Santi e Profeti. La sua mano venne riconosciuta anche nel Giudizio universale dipinto nella campata antistante la zona absidale della chiesa abbaziale di Viboldone, un lavoro databile al 1349 che sembra presupporre una precisa conoscenza del Giotto padovano e quindi un precedente viaggio del Menabuoi a Padova, dove già avrebbe avuto modo di conoscere l'opera del Guariento e di Paolo Veneziano.
" +
"La sua prima opera datata è il Polittico commissionato da suor Isotta Terzaghi nel 1363, ormai smembrato. Vi si trovava al centro una Madonna in trono con Bambino dalla volumetria solida ma ottenuta attraverso colori sfumati capaci di collocare la figura in una dimensione astratta e fuori del tempo. Del 1367 è un tabernacolo con Incoronazione, Annunciazione, Natività e Crocifissione recante sul retro della tavola centrale una iscrizione che colloca l'opera tra le commissioni milanesi di Giusto.
" +
"Si spostò poi a Padova: suoi gli affreschi nella Chiesa degli Eremitani, datati a partire dal 1370 (Cappella Cortellieri), con le raffigurazioni delle Virtù e delle Arti liberali, lavoro di cui restano solo pochi frammenti. Nel 1373 sempre agli Eremitani lavorò alla cappella del capitano tedesco Enrico Spisser dove restano di sua mano una Madonna offerente e alcuni Santi. Probabilmente contemporanea è la Madonna col Bambino che Giusto dipinse nel coro della cappella degli Scrovegni.
" +
"Tra il 1375 e il 1378 eseguì la decorazione ad affresco del Battistero di Padova commissionata da Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco I da Carrara, la quale intendeva adibire l'edificio a mausoleo di famiglia. Rispetto alle esperienze precedenti si accentuano talune ordinate fissità romaniche e bizantine, come nel grande Paradiso della cupola, dove la scena si organizza attorno a un Cristo Pantocratore circondato da una ipnotica raggiera di angeli e santi, le cui aureole disposte in file ordinate ricordano, guardate dal basso, le punzonature di una magnifica oreficeria. Nel tamburo Giusto dipinse Storie della Genesi, sui pennacchi i Profeti ed Evangelisti, dimostrando un estro meno bizantino attraverso sapienti approfondimenti prospettici. Anche nelle Storie di Cristo e del Battista dipinte sulle pareti compaiono architetture finemente calcolate, dove il pittore inserì le sue solenni e statiche immagini. " +
"Più libera appare invece la raffigurazione negli episodi di contorno, come nelle Nozze di Cana, dove una schiera di servitori si muove con naturalezza nella stanza, a differenza degli statici commensali. Dall'analisi di queste scelte stilistiche si evince come l'uso o meno di effetti retrò fosse per Giusto elemento formale volutamente perseguito a fini espressivi e simbolici: egli è forse l'unico pittore del Trecento in grado di scegliere, via via e consapevolmente, quale linguaggio adoperare. La decorazione della piccola abside del battistero comprende sia gli affreschi con scene dell'Apocalisse, sia un prezioso Polittico organizzato su tre ordini ai quali si aggiunge la predella: all'interno della cornice gotica si dispongono la Madonna col Bambino al centro, ai lati 12 scene con storie di san Giovanni Battista, figure di santi nel registro più alto e nella predella gli stemmi dei committenti, mezze figure di Apostoli e al centro una Pietà.
" +
"Nella Basilica di Sant'Antonio, forse verso il 1380, Giusto dipinse il delicatissimo affresco della tomba da Vigonza con l'Incoronazione della Vergine, i Santi protettori della famiglia e i ritratti di Niccolò e Bolzanello da Vigonza nell'arcosolio, busti di Profeti nel sottarco e una Annunciazione sulla facciata esterna dell'arco.
" +
"Negli affreschi della Cappella Belludi (chiamata anche Cappella dei Santi Filippo e Giacomo il Minore o Cappella dei Conti) nella Basilica del Santo (1382) Giusto si avvicinò allo stile di Altichiero. La decorazione è la sua ultima testimonianza rimasta; vi sono rappresentate le storie dei Santi Giacomo e Filippo e del Beato Luca Belludi con un colore più cupo e composizioni più affollate e variate nei gesti e nelle espressioni, con una maggiore attenzione al realismo della rappresentazione. Le fonti ricordano che Giusto decorò, attorno al 1394, nella chiesa di San Benedetto, la cappella di san Ludovico, distrutta durante l'ultima guerra, con episodi dell'Apocalisse. Ancora a Giusto e alla sua cerchia si attribuiscono un trittico reliquiario conservato presso l'Abbazia di Montecassino e la decorazione a fresco della chiesa di san Francesco a Curtarolo, in Provincia di Padova.
";
// --- OPERA 02
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "Il Giardino delle Delizie";
txtAutore[index] = "Bosch Hieronymus";
txtStatus[index] = "1480 - 1490 - Museo del Prado - Madrid";
txtImgQuadro[index] = "ilgiardinodelledelizie.jpg";
txtImgAutore[index] = "_hieronymusbosch.jpg";
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txtAudioBiogr[index] = "mp3/_hieronymusbosch.mp3";
txtIntro[index] = "" +
"L'essere umano ha il compito di “coltivare e custodire” il giardino del mondo, sapendo che lo scopo finale delle altre creature non siamo noi";
txtTesto[index] = "" +
"Si tratta di un trittico dipinto ad olio su tavola che misura 220 x 389 cm ed è composto da tre pannelli. Attualmente è conservato nel Museo del Prado a Madrid. E' stato dipinto fra il 1480 e il 1490 circa. Il trittico rappresenta il Giardino delle delizie cioè il paradiso terrestre , luogo del piacere dei sensi, nella parte sinistra e in quella centrale, mentre rappresenta l'inferno nel pannello di destra, luogo in cui si consumano i peccati mortali.
" +
"Si tratterebbe di una satira di respiro universale in cui si rappresentano i piaceri incontrollabili che governano l'umanità.
" +
"Il pannello di sinistra (220×97, cm) è conosciuto come una rappresentazione del Giardino dell'Eden o dell'Unione di Adamo ed Eva. I colori sono brillanti e smaltati, accordati sulle tonalità dei verdi e degli ocra, in basso si osserva Dio che ha creato la donna da una costola di Adamo. sulle quali spiccano per contrasto il candore dei corpi, il rosa del manto di Dio e della stravagante costruzione al centro, il blu del laghetto e del cielo.
" +
"La natura è rigogliosa e strana, è diversa da quella della Terra, a sottolineare un altro mondo, posto altrove. Infatti ci sono animali fantastici e rari, alcuni appartengono al nostro mondo altri no. In fondo ci sono delle costruzioni composte da rocce e materiale sconosciuto che sono case di uccelli, i quali sono animali del cielo e icone di ambientazione paradisiaca.
" +
"Il pannello centrale (220×195 cm), rappresenta il vasto giardino 'delle delizie' da cui il trittico prende nome: narra una serie di episodi che possono essere visti per fasce orizzontali. In basso alcune figure stanno raccogliendo e mangiando della frutta e trasportano e toccano conchiglie e minerali di vario genere; si tratta di allegorie dei piaceri della carne. A sinistra ci sono due amanti dentro ad una teca di vetro che rappresenta la fragilità del piacere.
" +
"Al centro del quadro vi sono dei cavalieri nudi che cavalcano animali fantastici e animali che appartengono al nostro mondo, come leoni, pantere, grifoni, asini ecc. Si tratta della cavalcata della libidine che si svolge attorno alla fontana della giovinezza. Sempre al centro si nota una fontana in cui si bagnano donne che hanno sul capo corvi, pavoni ecc.
" +
"In alto e in fondo si vede il globo azzurro della fontana dell'adulterio, ai lati costruzioni bizzarre composte da vegetali e minerali. Il pannello di destra rappresenta, invece, l'inferno, cioè il regno dei peccati mortali in cui ci sono persone sottoposte a supplizi di vario genere e natura, perpetrati da diavoli che sono per metà grilli. Al centro l'inquietante e meraviglioso uomo albero. L'ambiente è molto scuro, è notte e tutto è sintomo di dannazione, dolore e tormento. E' stato considerato come un inferno musicale, poiché tanti sono gli strumenti musicali rappresentati e usati come mezzi di torture.
";
txtBiogr[index] = "" +
"Il vero nome è Jeroen Anthoniszoon van Aken, nasce il 2 ottobre 1453 a Hertogenbosch, località del sud dei Paesi Bassi nei pressi di Tilburg, al tempo possedimento dei duchi di Borgogna, da una famiglia di origini probabilmente tedesche (il cognome van Aken fa pensare a una provenienza da Aquisgrana), in cui sia il padre Anton che il nonno Jan sono pittori (e tali diventeranno anche i fratelli Thomas e Goossen).
" +
"Dopo aver assistito all'incendio che nel 1463 distrugge circa 4mila case della sua città, Bosch inizia a studiare pittura, probabilmente imparando i rudimenti dai parenti: lavora alla pittura in affresco nella bottega di famiglia, dedicandosi anche alla produzione di arredi e alla doratura di statue di legno.
" +
"Dopo aver conosciuto, almeno indirettamente, Rogier van der Weyden e Jan van Eyck, maestri delle Fiandre meridionali, sviluppa uno stile piuttosto differente rispetto a quello dei tempi, scegliendo, invece che dettagli raffinati e volumi plastici, un'esecuzione non pittorica ma grafica, piatta, sulla base dell'illustrazione miniata.
" +
"Nel 1480 Bosch realizza l' 'Estrazione della pietra della follia', attualmente conservata al 'Prado', in cui un chirurgo indossa un copricapo che, simboleggiandone la stupidità, ha la forma di imbuto: una critica a coloro che pensano di sapere e che invece si rivelano più ignoranti dei folli. Poco dopo dà vita all''Epifania' (ora esposta al 'Museum of Art' di Filadelfia), opera che rivela un influsso evidente dell'arte tardo gotica, come si deduce dall'andamento tortuoso delle linee, e la 'Crocifissione', che mostra sulla sfondo una città che può essere identificata con il suo luogo natale. Allo stesso periodo risale l' 'Ecce homo' (ora si può vederlo allo 'Stadelsches Kunstinstitut' di Francoforte), che propone Cristo e Pilato uno davanti all'altro di fronte alla folla.
" +
"Nel 1490 il pittore olandese dipinge la 'Salita al Calvario', sempre con protagonista Gesù: anche stavolta circondato dalla folla, mentre sul retro un bambino, probabilmente immagine del Cristo da piccolo, è impegnato a giocare. 'Il carro di fieno', 'Nave dei folli' e 'Morte di un avaro' sono altri tre quadri realizzati in quel periodo. Non si hanno documenti relativi all'artista, invece, per quel che riguarda gli anni tra il 1500 e il 1504: è probabile, quindi, che in quel periodo egli si sia trasferito in Italia, a Venezia, visto che sin dai primi decenni del XVI secolo molte collezioni private della città lagunare ospiteranno sue opere.
" +
"Sempre nello stesso periodo, lo stile di Hieronymus si contraddistingue per un mutamento piuttosto evidente, orientandosi in direzione di un gusto rinascimentale, con paesaggi ariosi e figure monumentali. In quegli anni viene dipinto il 'Trittico di Santa Giuliana', realizzato in contemporanea al 'Paradiso terrestre', all' 'Inferno', alla 'Caduta dei dannati' e all' 'Ascesa all'Empireo'. Tra il 1503 e il 1504 Bosch realizza un'altra 'Salita al Calvario', una tavola composta sulla base di due diagonali che si incrociano sul visto di Cristo: un'opera in cui il male non viene proposto attraverso i simboli, ma tramite la deformazione e il grottesco. Al 1504 viene fatto risalire il 'Trittico del Giudizio', commissionato da Filippo il Bello; di pochi mesi più tardi sono il 'San Giovanni Battista in meditazione', situato oggi a Madrid, e il 'San Giovanni a Patmos', tavola di un trittico perduto considerata come il primo dei cosiddetti dipinti meditativi, con tratti che richiamano il Giorgione.
" +
"Dopo il 'San Cristoforo' di Rotterdam, l'artista si dedica alla 'Salita al Calvario' che oggi compare nel Palazzo Reale di Madrid. Il 'Trittico del Giudizio' che oggi si vede a Bruges al 'Groeninge Museum' anticipa la realizzazione dell'Incoronazione di spina, in cui si nota una spiccata influenza italiana. Bosch nel 1510 realizza il 'Trittico della Passione' che ora si trova a Valencia al 'Museo de Bellas Artes', e le 'Tentazioni di sant'Antonio' (oggi sempre in Spagna, ma al 'Prado').
" +
"Hieronymus Bosch muore il 9 agosto 1516 a Hertogenbosch, dopo aver dipinto 'Il figliol prodigo' di Rotterdam: le sue esequie vengono celebrate solennemente nella Cappella di Nostra Signora della Confraternita.
";
// --- OPERA 03
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "La Torre di Babele";
txtAutore[index] = "Bruegel Pieter (IL Vecchio)";
txtStatus[index] = "1563- Kunsthistorisches Museum - Vienna";
txtImgQuadro[index] = "latorredibabele.jpg";
txtImgAutore[index] = "_pieterbruegel.jpg";
txtAudioOpera[index] = "mp3/latorredibabele.mp3";
txtAudioBiogr[index] = "mp3/_pieterbruegel.mp3";
txtIntro[index] = "" +
"La protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario dei costi e benefici";
txtTesto[index] = "" +
"E' il soggetto di due dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio, entrambi a olio su tavola. Il primo e più celebre è la ''Grande Torre'' (114x155 cm) è firmato e datato ('BRVEGEL FE. M.CCCCC.LXIII') e custodito al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Il secondo è la ''Piccola Torre'' (60x74,5 cm), è databile approssimativamente pure al 1563 circa ed è conservato nel Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam.
" +
"Bruegel dovette ispirarsi per l'ideazione del mastodontico edificio agli strati del Colosseo, che aveva visto probabilmente di persona durante il viaggio in Italia del 1552 circa e del quale, comunque, circolavano numerosissime incisioni e disegni. L'edificio antico era considerato dai cristiani contemporanei di Bruegel come un simbolo di Hýbris e persecuzione di fede, poiché luogo di martirio di molti cristiani.
" +
"Nel dipinto, la grande torre occupa maestosamente il centro della scena, dominando il paesaggio tramite l'applicazione della prospettiva con una linea dell'orizzonte più alta della metà della tavola, che dà l'impressione di ammirare l'edificio dalla cima di una montagna. In basso a sinistra si vede il re Nembrot, simbolo di superbia, seguito da un gruppo di cortigiani e soldati e ritratto mentre l'architetto gli mostra la sua opera e gli scalpellini lo omaggiano inginocchiandosi con deferenza.
" +
"Nel medio piano si trova il cantiere della torre, dove piccoli uomini si prodigano su e giù per le rampe a portare avanti il più in fretta possibile l'opera maestosa. La parte sinistra ha la facciata già completa, la zona centrale è invece in via di completamento, mentre sul lato destro si nota una roccia informe che gli operai stanno ancora plasmando. In alto, il nucleo della torre è nudo e così alto da essere attraversato da una nube. Grandissima cura è riposta nel disegno di ogni dettaglio, compresi quelli più tecnici (dalla forma degli ingranaggi e delle impalcature, fino alle gru), che dimostrano una competenza oltre il generico nel campo dell'edilizia. A destra è rappresentato un industrioso porto e a sinistra una fitta città.
" +
"Lo sfondo di campi coltivati e il cielo chiaro e luminoso, offrono una rigenerante pausa per l'occhio, occupato a scorgere tutti i minimi dettagli da miniatura nel resto della scena.
" +
"L'enormità della torre contrasta in maniera drammatica con la piccolezza degli uomini e, in particolare, di re Nembrod, simboleggiando la superbia di chi nel tentativo di superare le proprie possibilità è destinato al fallimento. I contrasti cromatici e luminosi, ad esempio tra il ventre della torre e il cielo chiarissimo, fanno risaltare l'atmosfera sinistra dell'impresa.
" +
"Se nella tradizione biblica la torre di Babele rappresenta la confusione morale e spirituale dell'umanità, nel mondo antico essa era considerata una costruzione carica di valori magici e simbolici. Il suo nome infatti significava 'porta di Dio'. L'altezza straordinaria aveva la funzione di rappresentare il ponte e l'anello di congiunzione tra la dimensione divina e celeste e quella umana e terrestre. Sulla sua cima astrologi e maghi osservavano i segni astrali e canalizzavano sulla terra le energie spirituali provenienti dalle stelle. La composizione a fasce concentriche, ricalcata sulle ziqqurat sumere, serve a riflettere sulla terra la struttura del cosmo. A ogni piano corrispondeva una sfera planetaria o un segno zodiacale.
";
txtBiogr[index] = "" +
"Bruegel Pieter il Vecchio Nato attorno al 1525 a Breda, morto a Bruxelles il 5 settembre 1569. Pittore, disegnatore e incisore; il più grande artista della prima metà del Cinquecento nel nord Europa.
" +
"La documentazione circa la sua carriera è piuttosto scarsa, ciò che si sa è soprattutto grazie alla biografia estremamente elogiativa di Karel Van Mander, pubblicata nel 1604.
" +
"Nel 1551 fu iscritto nella gilda dei pittori di Anversa e cominciò a lavorare per il mercante di stampe Pieter Coecke van Aelst, anch'egli pittore, architetto, disegnatore di arazzi, e sopratutto persona molto colta, che si cimentò anche in traduzioni di testi di Vitruvio e di Sebastiano Serlio.
" +
"Nel 1552 intraprese un viaggio in Francia e in Italia, soggiornò a Roma e si spinse fino in Sicilia.
" +
"La critica sottolinea la provenienza di Bruegel il Vecchio dallo studio di di Hieronymus Bosch e dalla sua fedeltà all'antica Scuola Fiamminga.
" +
"In effetti Bruegel attraversa varie fasi artistiche nel corso della sua vita, la prima si fonda sulla realizzazione di opere stilisticamente molto vicine a quelle del pittore fiammingo Hieronymus Bosh, per passare poi dalla realizzazione di paesaggi fantastici a quelli reali, e ciò in occasione del suo viaggio in Italia. L'esperienza dell'attraversamento delle Alpi colpisce Bruegel molto più di qualsiasi opera artistica, 'inghiottì tutte le montagne e le rocce e al suo ritorno le risputò fuori sulle tele e sulle tavole'.
" +
"Il risultato è la serie di stampe oggi note come i Grandi paesaggi (1555-58), dodici spettacolari vedute di montagna. Questa particolare fascinazione toccò anche l'animo di un altro grande artista Albrecht Dürer quando vide le alpi.
" +
"Dopo aver sposato Mayeken Coecke, la figlia del suo maestro d'arte Coecke, Bruegel si stabilisce a Bruxelles, dove, dopo alcuni viaggi, riprende a dipingere, focalizzando la sua attenzione pittorica sull'uomo e sulla natura, nella nuova contrapposizione al manierismo dei maestri italiani, che predominava allora nei Paesi Bassi. Proprio in quegli anni, ossia nel 1563, il pittore, ormai molto conosciuto, realizza una delle sue opere più splendide e famose: La Torre di Babele.
" +
"Nel 1564 nasce Pietre, il suo primogenito, anche lui destinato a diventare artista.
" +
"Il periodo compreso tra il 1565 ed il 1568 fu abbastanza prolifico per la produzione pittorica dell'artista, con la realizzazione di grandissime opere quali: la serie dedicata ai Mesi, Il paese della cuccagna ed il Banchetto nuziale. Nel 1568 nasce il secondogenito Jan, che sarà noto come 'Jan Velvet', Jan dei velluti per la sua abilità a dipingere i tessuti.
" +
"Bruegel ci ha lasciato circa una settantina di opere pittoriche, malgrado la sua attività si sia svolta nel corso di una vita relativamente breve.
" +
"Sul ricordo di Bosch, Bruegel illustrò soggetti fantastici e personaggi tratti dalla Bibbia e al Vangelo visti da un'ottica laica e talvolta mostrati con impietosa crudezza, utilizzando con forza i colori, le luci e le ombre e si segnalò per la capacità di disegnare rendendo con essenzialità ed efficacia le pose, i movimenti e le fisionomie.
" +
"Da ricordare la Tempesta raffigurante una mostruosa balena, simbolo della forza distruttiva della natura, i Cacciatori nella neve e la Mietitura, soggetti situati in immensi paesaggi dall'atmosfera vibrante. I posteri hanno chiamato il pittore Pieter Bruegel il Vecchio per distinguerlo da Pieter Bruegel il Giovane, suo figlio primogenito, mentre invece il suo secondo figlio fu Jan Bruegel il Vecchio o 'Jan Velvet', anch'egli pittore ed entrambi i figli scrivevano il loro cognome come 'Brueghel', reinserendo la lettera 'h' che il padre aveva eliminato (per ragioni sconosciute) nel 1559.
" +
"Il maestro morì nel 1569; la salma fu inumata nella chiesa di Notre-Dame de la Chapelle, a Bruxelles, città dove visse per quasi tutta la sua vita, ma i due figli erano ancora bambini alla sua morte e quindi non poterono esserne allievi.
";
// --- OPERA 04
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "La Tempesta";
txtAutore[index] = "Giorgione";
txtStatus[index] = "1505 - 1508 - Galleria dell'Accademia - Venezia";
txtImgQuadro[index] = "latempesta.jpg";
txtImgAutore[index] = "_giorgione.jpg";
txtAudioOpera[index] = "mp3/latempesta.mp3";
txtAudioBiogr[index] = "mp3/_giorgione.mp3";
txtIntro[index] = "" +
"Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti";
txtTesto[index] = "" +
"Il soggetto, quasi incomprensibile, ha stimolato le più diverse interpretazioni. Protagonista è il paesaggio aperto su una natura magica e misteriosa in cui si manifestano poeticamente la sua forza e i suoi fenomeni.
" +
"Nella scena le figure umane si inseriscono come elementi secondari e accidentali. Tutta l'immagine si concentra nell'attimo dello scoppio del fulmine, che trascolora e trasforma ogni elemento visibile. Ogni cosa assume un colore e un aspetto strano, irreale: l'acqua si oscura al passaggio dei nuvoloni densi di pioggia, gli edifici della città sullo sfondo s'illuminano nel bagliore improvviso e i muri emanano particolari riflessi. Le chiome degli alberi più lontani brillano come se la pioggia fosse già arrivata, bagnando le foglie.
" +
"In primo piano, alberi, foglie, persino i sassi, perdono la loro consistenza, avvolti dalle ombre che s'insinuano per via del cielo improvvisamente oscurato. In quell'attimo tutto si trasforma in un'immagine di grande suggestione. La tempesta appartiene al genere dei cosiddetti 'paesetti con figure', opere di destinazione privata molto apprezzate dalla colta committenza veneziana.
" +
"Si tratta di dipinti di piccolo formato, nei quali i temi, profani o sacri, sono solo un pretesto per ampie raffigurazioni paesaggistiche, interpretate in modo lirico e malinconico, grazie alle pennellate vibranti della pittura tonale. In queste tele si fondono gli interessi eruditi, filosofici, letterari e archeologici dei collezionisti, che determinavano la scelta dei soggetti. Ma dietro alla rappresentazione si nascondevano spesso significati allegorici o allusioni a vicende private o specifiche legate agli stessi committenti.
" +
"A destra, ai margini di un boschetto, presso una fonte, siede una donna seminuda che allatta un bambino e guarda verso lo spettatore. Questa figura, per le sue caratteristiche, (nuda, con i vestiti sparsi e seduta a terra) è stata indicata come una “zingara” da Michiel. A sinistra un giovane in abiti del Cinquecento la osserva, appoggiato a un bastone. Poiché il bastone viene probabilmente scambiato per una alabarda, il personaggio è indicato dal Michiel come “soldato”. Tuttavia si può notare che è in abiti civili, e non in armatura.
" +
"Alle loro spalle, al di là di rovine con colonne e finte logge, si apre la veduta di una città su un fiume attraversato da un semplice ponte di legno, con case medievali, torri, chiese, edifici classici e cupole. In particolare, si vede un edificio che sembra una moschea e alte mura di stile orientaleggiante che lo storico Calvesi ha identificato come “Egitto”. Il cielo, plumbeo e gonfio di nubi, è squarciato da un fulmine. Figure e paesaggio si fondono in virtù della tecnica della pittura tonale, che armonizza i colori, in questo caso basati tutti su cromie verdi e dorate, e sfuma i contorni per creare effetti di compenetrazione atmosferica.
" +
"Giorgione è riuscito a cogliere quel particolare istante di luce che precede i temporali di sera, quando l'aria è satura di umidità ma vi sono ancora gli ultimi raggi del crepuscolo. Da notare l'effetto “bagnato” sulle foglie, quello delle “ombre in movimento” dovuto al passaggio dei nuvoloni e lo spettacolare effetto della trasfigurazione dei colori sotto la luce del lampo. I tocchi di giallo e di verde chiaro muovono le fronde e le rendono vibranti e vive, creando l'impressione del vento, mentre il rosso dell'abito dell'uomo bilancia con la sua vivacità l'omogeneità cromatica del resto della composizione.
";
txtBiogr[index] = "" +
"Conosciuto anche come: Giorgio da Castelfranco, Giorgione da Castelfranco, Zorzo da Castelfranco.
" +
"Studente di: Giovanni Bellini (1430-1516).
" +
"Insegnante di: Dosso Dossi (1490-1542).
" +
"Giorgione, primo grande pittore veneto del Cinquecento, nasce Castelfranco Veneto in un giorno imprecisato del 1477 o del 1478: di lui non è restato un autografo, una sua opera firmata o un solo documento.
" +
"Considerato il fondatore della Pittura Veneziana del XVI secolo, nel breve tempo di 15 anni, Giorgione ha creato uno stile decisamente nuovo che è stato il predellino di lancio per l'arte di Tiziano (1480-1576), la personalità dominante del Cinquecento Italiano.
" +
"L'artista è riuscito a sciogliere gradualmente la rigidità degli schemi intellettuali del Quattrocento, sino a creare l'atmosfera naturale per oggetti, paesaggi e figure come in un bagno di luci e d'ombre; sembra che in questo Giorgione sentì l'influenza di Leonardo, che fu a Venezia nel 1500.
" +
"Giorgio Vasari (1511-1574) nelle sue 'Vite' descrive l'uomo, l'artista ed alcune caratteristiche della sua opera, senza essere troppo preciso sulle date di nascita e di morte; pare che l'accrescitivo del nome, Giorgione, gli venga attribuito dal Vasari 'dalle fattezze della persona e dalla grandezza dell'animo'.
" +
"Anche se Giorgione ha raggiunto la fama come pittore di grandi affreschi su parete o soffitti, il suo personale stile pittorico viene evidenziato soprattutto in immagini, relativamente piccole, dipinte per il suo piacere nel suo studio.
" +
"La maggior parte dei suoi soggetti sono ispirati alla mitologia ed alla letteratura laica, ma il paesaggio ha sempre un ruolo importante nelle sue composizioni.
" +
"Giorgione amava in particolare rappresentare le tempeste, i tramonti e gli altri fenomeni naturali, ma era apprezzato, nella cerchia dei patrizi veneziani, come pittore di ritratti, nei quali il soggetto veniva rappresentato in fantasiose vesti mitologiche, realizzazioni che hanno creato una moda.
" +
"Il pittore sviluppa una forte sensibilità rinascimentale per le relazioni geometriche e per la struttura formale delle sue composizioni: la Madonna con i Santi Francesco e Liberale, dipinta fra il 1500 e il 1504, ne è un valido esempio.
" +
"Qui Giorgione colloca il trono in posizione elevata, al fine di realizzare un immaginario triangolo equilatero, mentre il paesaggio dolce e l'atteggiamento contemplativo delle figure forniscono un classico esempio delle sue composizioni.
" +
"Giorgione e Tiziano hanno lavorato insieme a varie opere, ma l'unico affresco eseguito certamente dai due al Fondaco dei Tedeschi, a Venezia, è andato distrutto.
" +
"Da tempo i critici d'arte sono discordi sull'attribuzione di alcune opere, come Il Cristo e l'adultera, la Madonna e Santi e il Concerto Pastorale, a Tiziano o al Giorgione.
" +
"Sembra che il paesaggio nel quadro della Venere Dormiente, il più ammirato di tutti i dipinti del Giorgione, evocazioni ideale della bellezza, sia stato dipinto dal Tiziano dopo la morte del suo maestro e amico.
" +
"Il pittore morì in giovane età, a 33 anni, probabilmente di peste, nell'ottobre del 1510.
";
// --- OPERA 05
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "Arca di Noè";
txtAutore[index] = "Aurelio Luini";
txtStatus[index] = "1550 circa - Chiesa San Maurizio - Milano";
txtImgQuadro[index] = "arcadinoe.jpg";
txtImgAutore[index] = "";
txtAudioOpera[index] = "mp3/arcadinoe.mp3";
txtAudioBiogr[index] = "mp3/_aurelioluini.mp3";
txtIntro[index] = "" +
"Al tempo del diluvio, Noè portò nell'arca tutti gli animali, a rappresentare la biodiversità: non possiamo vivere senza il resto della natura";
txtTesto[index] = "" +
"La rappresentazione della salita degli animali sull'Arca è attribuita a uno dei figli di Bernardino Luini: Aurelio. Se lo confrontate con gli altri affreschi non potete non notare la differenza di bravura rispetto al padre. Ciononostante, si capisce che il pittore, o uno dei suoi probabili aiutanti, dovesse avere una conoscenza approfondita delle specie di uccelli che si potevano incontrare nei dintorni di Milano o nella campagna lombarda e, se è così, si intuisce che questo spettro si deve essere parzialmente modificato nel corso del tempo.
" +
"Guardate l'affresco attentamente, superando il fatto che gli unicorni stanno salendo sull'Arca. E' pieno, ma proprio pieno, di coppie di uccelli con un aspetto verosimile, corrispondente a specie reali, anche se rappresentate in modo magari un po' impreciso. Alcune sono ancora molto comuni, altre meno, altre delle vere e proprie rarità. Una ovvia ve la dico: a sinistra sul tetto dell'Arca si vede chiaramente un'Upupa posata, e la testa della seconda spunta dal colmo del tetto vicino al comignolo.
" +
"Tutti sanno che sull'arca di Noè gli animali sono saliti a due a due, in coppia, due di ogni “razza”. Ma perché questo cagnolino dal pelo bianco , si accompagna a un altro cane ma di diversa razza? E se si osserva bene, solo…il cagnolino guarda dritto negli occhi lo spettatore!
";
txtBiogr[index] = "" +
"(Milano, 1530 – 6 agosto 1593).
" +
"Figlio di Bernardino Luini, ne ereditò insieme ai fratelli la commissione per la decorazione ad affresco della chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore a Milano, caratterizzata dall'insieme di influssi lombardi (ad esempio, di Vincenzo Foppa) e della scuola forlivese (ad esempio, di Melozzo da Forlì).
" +
"Nel 1560 affrescò il tramezzo del monastero benedettino di S. Maria Assunta a Cairate (Varese); ad anni più tardi risalgono la drammatica Pietà (Milano, San Barnaba), gli affreschi di S. Maria di Campagna a Pallanza, presso Verbania (in collaborazione con Carlo Urbino), gli affreschi di S. Vincenzo alle Monache a Milano (oggi a Brera), la S. Tecla per il Duomo (oggi in sacrestia) e la Madonna tra i Ss. Rocco e Sebastiano per la cattedrale di Tortona.
" +
"Aurelio Luini fu un interessante esponente dell'ultimo manierismo lombardo, anche per il suo essere tramite diretto con l'arte di Leonardo da Vinci (di cui era in possesso del Cartone di sant'Anna, oggi alla National Gallery e di un perduto 'libricciuolo' di teste grottesche). Amico di Giovanni Paolo Lomazzo ed affiliato (con il nome di compà Lovìgn) alla sua eterodossa Accademia dei Facchini della Val di Blenio, Aurelio incontrò anche problemi con la censura ecclesiastica, come testimonia una misteriosa ordinanza del vescovo Carlo Borromeo che nel 1581, per un breve periodo, gli vietò di dipingere.
" +
"Aurelio Luini, figlio di Bernardino, benché allievo del padre, non ne segui sempre il fare. Conosceva la prospettiva, onde introdusse nei suoi quadri paesi ed architetture di molta vaghezza. Dotto nella notomia, tolse a imitar Polidoro e su questo fare dipinse la facciata della Misericordia, dove è bella la composizione ma manierato lo stile paterno, ha volgari le idee, panneggiamenti di pratica. Pare altro che talvolta tornasse ai paterni insegnamenti come nel quadro del battesimo di cristo in san Lorenzo e in altri che sembrano dipinti da Bernardino. Morì a Milano nel 1593. Fu maestro di Pietro Lunghi.
";
// --- OPERA 06
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "La predica agli uccelli";
txtAutore[index] = "Giotto di Bondone";
txtStatus[index] = "1297 - Basilica Superiore di San Francesco- Assisi";
txtImgQuadro[index] = "lapredicaagliuccelli.jpg";
txtImgAutore[index] = "_giotto.jpg";
txtAudioOpera[index] = "mp3/lapredicaagliuccelli.mp3";
txtAudioBiogr[index] = "mp3/_giotto.mp3";
txtIntro[index] = "" +
"Francesco amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso";
txtTesto[index] = "" +
"Il programma iconografico corrisponde alle scelte della Chiesa di creare una Biblio pauperum, una illustrazione per immagini dei testi sacri comprensibili ai poveri e agli analfabeti.
" +
"L'opera è situata nella chiesa superiore della basilica di San Francesco di Assisi.
" +
"È l'esempio più maturo dello stile di Giotto per il suo alto valore artistico ed esalta il tema francescano di valorizzazione di tutte le creature viventi. Francesco è quasi al centro della scena: è rivolto a destra, leggermente chinato verso terra, e parla ad una schiera di uccelli che si sono raccolti attorno a lui. Dietro al santo, alla sua sinistra, c'è un altro frate, che assiste con stupore alla scena. In primo piano, alla destra del santo, troviamo un grande albero che, insieme ad un altro di dimensioni minori, crea l'effetto di profondità.
" +
"L'opera è simmetrica, ci sono equilibrio ed armonia dati dal fatto che il santo è posizionato sull'ideale asse di simmetria della scena. La composizione è libera, realizzata con pennellate veloci e leggere che rivelano uno stile sciolto e naturale. In generale l'effetto è dinamico. Giotto rende la volumetria dei corpi attraverso un effetto di chiaroscuro: tutte le figure sono contornate da una linea precisa. Le figure sono disposte secondo un certo ordine: troviamo a destra gli uccelli e a sinistra i frati. Le forme sono reali: Giotto è riuscito a rendere bene l'umanità del santo grazie ai volti espressivi, le pose studiate individualmente, le pieghe morbide delle vesti e la luce viva che colpisce il soggetto. " +
"Il colore è realistico, policromo, complessivamente chiaro; il colore dominante è l'azzurro del cielo al quale si accostano colori caldi e sfumati. La luce è interna al dipinto: l'illuminazione è molto viva, come si può scorgere dall'aureola intorno al capo del santo, che spicca per la grande luminosità.
" +
"Il significato dell'opera è l'esaltazione delle creature viventi tipica del messaggio francescano. L'effetto di insieme è dinamico, la rappresentazione è realistica e naturale, anche grazie alla presenza di elementi della natura come gli alberi. L'opera comunica in generale un senso di serenità e calma.
" +
"In questo caso Giotto descrive l'evento miracoloso ambientandolo in un paesaggio esterno e naturale, e l'attenzione viene focalizzata sulle persone, mentre gli sfondi sono molto semplici e servono soprattutto come ambientazione. In questo dipinto, oltre alle persone, troviamo anche animali che fungono da soggetto della rappresentazione.
";
txtBiogr[index] = "" +
"Giotto da Bondone, meglio noto semplicemente come Giotto, nasce probabilmente nell'anno 1267, a Colle di Vespignano, presso Vicchio, nel Mugello. Pittore, architetto, scultore, è una delle massime figure dell'arte non solo italiana, ma dell'intero Occidente. E' ricordato per aver dato un senso del tutto nuovo ai concetti di colore, spazio e volume, 'riprendendo' e immortalando i suoi soggetti direttamente dalla realtà, 'dal naturale', come si diceva un tempo.
" +
"Di famiglia contadina, il suo nome deriverebbe con ogni probabilità da Angiolotto, o al limite da Ambrogiotto, due nomi all'epoca molto usati. Suo padre è Bondone di Angiolino, lavoratore della terra, secondo le cronache dell'epoca. Prendendo per buona la testimonianza di un grande storico dell'arte come Giorgio Vasari, l'allora maestro Cimabue l'avrebbe scovato, ragazzino, nel tentativo di disegnare delle pecore, durante una delle sue giornate di lavoro al campo.
" +
"Intorno ai dieci anni, il piccolo Giotto comincia già a frequentare la bottega di Cimabue, dove di lì a poco suo padre finirà per collocarlo in pianta stabile.
" +
"Tra il 1285 e il 1288, è molto probabile che l'artista, durante i suoi studi, abbia soggiornato per la prima volta a Roma, forse al seguito del suo maestro Cimabue o, come scrivono alcune cronache, insieme con Arnolfo da Cambio, altra figura importante a quel tempo.
" +
"L'influenza di Cimabue è evidente in quelle che sono considerate le prime opere dell'allievo: la 'Croce dipinta' di Santa Maria Novella, compiuta tra il 1290 e il 1295, con il volto del Cristo dai lineamenti tardo bizantini, e nella 'Madonna col bambino', conservata nella pieve di Borgo San Lorenzo, databile anch'essa intorno al 1290.
" +
"Verso il 1300, dopo alcuni probabili pernottamenti anche ad Assisi, Giotto fa ritorno a Firenze. Realizza nell'arco di un biennio le opere 'Il polittico di Badia' e la tavola firmata con le 'Stigmate di San Francesco'. Frequenti sono i suoi ritorni nella capitale, dove attende ai lavori del ciclo papale nella Basilica di San Giovanni in Laterano, oltre ad occuparsi di altre decorazioni, preparando la città ad accogliere il Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII. È, forse, uno dei periodi di massimo splendore e slancio artistico per il pittore toscano.
" +
"Dal 1303 al 1305 è a Padova, chiamato a realizzare l'affresco della cappella di Enrico Scrovegni. La 'chiamata' ricevuta al Nord, testimonia la grande considerazione che gode a quel tempo l'artista, considerato ormai nettamente superiore al suo maestro Cimabue. Come dirà lo stesso Dante Alighieri nella 'Divina Commedia': 'Ora Giotto ha il grido'.
" +
"Intorno al 1311, ritornato a Firenze, dipinge una delle opere più importanti della sua carriera di artista: la 'Maestà' degli Uffizi. Collocata originariamente nella chiesa fiorentina di Ognissanti, l'opera esprime tutta la grande modernità dell'artista, in procinto di stabilire un nuovissimo rapporto con lo spazio, come testimonia la prospettiva del trono.
" +
"Tra il 1313 e il 1315 cerca di assicurarsi alcuni affari importanti, come certi appezzamenti di terreno da un tale ser Grimaldo, di cui si lamenta in alcune lettere, o nominando un procuratore per riavere delle masserizie lasciate nella capitale anni prima, non ancora ritornate all'ovile. Dipinge intanto, probabilmente entro il 1322, la Cappella Peruzzi, sita in Santa Croce a Firenze.
" +
"Tra il 1322 e il 1328 inoltre realizza il Polittico Stefaneschi alla Pinacoteca Vaticana, Il Polittico Baroncelli e l'affresco a secco delle 'Storie Francescane' della Cappella Bardi, sita in Santa Croce, sempre a Firenze. Il lavoro per Baroncelli rappresenta una vera e propria testimonianza di vita trecentesca ed è notevole: una delle sue migliori realizzazioni. Quello per la famiglia Bardi, banchieri importanti della città, consta di sette riquadri, incentrati su alcune scene tratte dalla vita di San Francesco.
" +
"Nello stesso 1328 Giotto si trasferisce nella città di Napoli. Durante questo periodo compie diversi studi e lavori, percependo da Roberto d'Angiò una somma di denaro importante, oltre al beneficio dell'esenzione fiscale. Tuttavia, del periodo napoletano non rimane nulla. Intorno al 1333 Giotto soggiorna anche a Bologna, di ritorno dal Meridione. Nel 1334, a Firenze, ove rientra, le autorità cittadine lo nominano capomastro nell'Opera di Santa Maria del Fiore, oltre che Soprintendente assoluto alle opere del Comune. In pratica, gli viene affidato il Duomo fiorentino, oltre che la costruzione delle mura della città, con uno stipendio di circa cento fiorini all'anno.
" +
"Il 18 luglio del 1334, dà inizio al campanile da lui disegnato, che prenderà il suo stesso nome, per quanto la realizzazione finale non risponderà fedelmente ai suoi voleri iniziali. Il giorno 8 gennaio del 1337 Giotto muore a Firenze: viene sepolto con grandi onori in Santa Reparata (Santa Maria del Fiore), a spese comunali.
";
// --- OPERA 07
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "Le spigolatrici";
txtAutore[index] = "Jean-François Millet";
txtStatus[index] = "1857 - Musée d'Orsay - Parigi";
txtImgQuadro[index] = "lespigolatrici.jpg";
txtImgAutore[index] = "_jeanfrancoismillet.jpg";
txtAudioOpera[index] = "mp3/lespigolatrici.mp3";
txtAudioBiogr[index] = "mp3/_jeanfrancoismillet.mp3";
txtIntro[index] = "" +
"Il ricco e il povero hanno uguale dignità, perchè “il Signore ha creato l'uno e l'altro”";
txtTesto[index] = "" +
"Il dipinto qui esposto (83,5x111 cm), è stato realizzato nel 1857 dal pittore Jean-François Millet. È conservato nel Musée d'Orsay di Parigi. Il dipinto fonde la pittura di genere a quella di paesaggio, tipica del realismo.
" +
"Il dipinto ritrae in primo piano tre donne, curve nei campi, che raccolgono le spighe sfuggite alla mietitura, mentre alle loro spalle la luce del sole illumina il campo, dove c'è un piccolo villaggio, sotto un cielo terso. Esso è molto grande, e sta ad indicare che per queste spigolatrici c'è speranza e futuro.
" +
"La raccolta del grano era uno dei lavori più umili della società: infatti, Millet venne inizialmente criticato, soprattutto per la scelta dei soggetti, appartenenti alle classi più umili. Le tre donne sono il ritratto della fatica e della miseria, ma sono rappresentate con grande umiltà.
" +
"Le spigolatrici è stata oggetto di riproduzioni da parte di incisori francesi come Paul-Marcel Damman; anzi, è stata certamente una delle opere più riprodotte, contribuendo alla fortuna dell'artista, ed anche Millet stesso ne trasse delle acqueforti negli anni successivi.
" +
"Millet fu uno dei più importanti artisti che entrarono a far parte della scuola di Barbizon e durante la sua attività dipinse un gran numero di quadri che ritraevano diverse scene di vita all'interno dei campi in cui si lavorava; questo fu in assoluto il tema che preferì immortalare all'interno delle sue opere e le spigolatrici rappresentano l'esempio più famoso ed eclatante di tutta la sua attività.
" +
"In questo quadro così come in molti altri, Millet dà particolare importanza allo studio della figura umana e del suo legame, dello sviluppo legato al lavoro in campagna, cercando di dare un grande senso di sacralità e grandezza anche ai gesti più umili e semplici. Non bisogna pensare che ritraeva queste persone trasformandole in dei re o dei principi, ma semplicemente dava alle loro semplici attività un senso di grandezza e di particolare importanza.
" +
"All'interno de le spigolatrici infatti si può notare che le protagoniste sono tre donne che sono intente alla spigolatura, dove si nota la ricerca disperata di quest'ultime in contrasto al gran numero di covoni e carri da trasporto carichi e ricchi che si trovano alle loro spalle.
" +
"Millet rende le donne in modo molto reale, immortalando le mani arrossate e deformate a causa della grande pesantezza del lavoro e anche i volti che sono decisamente non belli e non paragonabili alla Venere di Botticelli. Millet non cerca di instaurare un senso di pietà negli occhi dello spettatore, piuttosto cerca di regalare a tutta la scena un forte seno di epicità.
" +
"La grandezza monumentale dei protagonisti si può notare nel semplice gesto bloccato delle donne e anche la loro grandezza monumentale rispetto a tutta la scena che le circonda. Il tema rappresentato non venne visto di buon occhio dal pubblico e dalla critica del tempo, tant'è che nel 1857 quando le spigolatrici venne presentato al Salon il governo cancellò immediatamente l'opera, temendo che il soggetto rappresentato potesse instaurare nel ceto basso un senso di ribellione alla società, portando alla nascita delle lotte sociali.
";
txtBiogr[index] = "" +
"Millet nasce il 4 ottobre 1814 a Gruchy, un piccolo gruppo di case sulla riva del mare di Normandia. Non ancora ventenne viene accompagnato dal padre nella vicina Cherbourg dove studia presso un allievo di Gros. Nel 1837, grazie a una borsa di studio, arriva a Parigi e frequenta i corsi di Delaroche all'Accademia di Belle Arti, aspirando a vedere le proprie opere esposte al Salon. Qui, dopo alcuni iniziali rifiuti, esporrà regolarmente, e con dibattuto successo, negli anni a venire, fino a esser nominato membro della giuria nel 1868. A Cherbourg torna ancora nell'inverno 1840-1841, e vi incontra Pauline-Virginie Ono, prima moglie con la quale si trasferisce a Parigi e che morirà di lì a tre anni. Ritornato nel 1844 a Cherbourg, Millet conosce Catherine Lemaire, sua nuova compagna, con la quale, l'anno successivo, andrà per alcuni mesi a Le Havre, prima di tornare nella capitale.
" +
"Nel 1846 incontra Troyon e Diaz e, l'anno dopo, Daumier, Barye e Rousseau, ovvero alcuni dei pittori che costituiranno la Scuola di Barbizon. Dopo la rivoluzione del 1848, grazie a una somma stanziata dallo Stato, Millet, dal giugno 1849, si trasferisce a Barbizon dove rimarrà, salvo dei brevi viaggi, fino alla morte nel gennaio del 1875.
" +
"La vita dei campi è analizzata in tutte le sue fasi e in ogni momento della giornata, dall'alba al tramonto, passando per la calda, prediletta luce meridiana. Millet la esalta sia quando è animata della presenza dell'uomo sia quando essa si offre come puro paesaggio. È un continuo racconto in cui di volta in volta sono protagonisti gli zappatori, i piantatori di patate, i contadini che lavorano nei vigneti, la pastorella che, all'ombra di un albero, fa la maglia mentre il cane vigila sul gregge. O ancora le scene corali della fienagione e della mietitura. Il ritrovarsi composto per il pranzo e il riposo abbandonato all'ombra dei covoni.
" +
"Con la stessa partecipazione sono descritte le scene nell'intimità della casa dove regna la figura femminile. Dunque la madre che insegna alla figlia il lavoro a maglia; la donna che, alla luce di una lampada, rammenda un vestito; la ragazza che fa il burro; la donna che fila la lana; la toeletta del mattino alla luce di una finestra.
" +
"Come detto, la campagna viene descritta anche come puro orizzonte, e questo in particolare nell'ultimo periodo della vita dell'artista. E il suo occhio sa avere precisione quasi botanica, nella descrizione di alcuni fiori che annunciano la primavera, così come registrare la poesia crepuscolare di un cortile bagnato dal chiaro di luna. Millet è stato un paesaggista superbo, cantore, soprattutto nei pastelli, di una luce tutta nuova.
" +
"Va infine detto che la concezione della vita contadina, da parte di Millet, era piuttosto conservatrice e non così progressista come cercavano di 'leggerla' alcuni critici dell'epoca. Egli pensava infatti che l'uomo fosse condannato a portare il suo peso e vedeva nel contadino la vittima di una ineluttabile fatalità. Allo stesso tempo credeva che la sua pittura dovesse 'disturbare i benestanti', e in questo senso fu determinante il suo contributo nell'imporre l'uomo, nella semplicità e fatica del suo quotidiano, come soggetto storico.
" +
"Sono le sue stesse a confermarcelo, in una lettera scritta il 30 maggio 1863: 'Qualcuno mi dice che nego le seduzioni della campagna. Io vi trovo ben più che delle seduzioni: degli infiniti splendori. Vedo, come lo vedono loro, i piccoli fiori di cui Cristo diceva: 'Vi assicuro che lo stesso Salomone, in tutta la sua gloria, non ha mai avuto una veste come la loro'. Vedo molto bene le aureole dei soffioni, e il sole che diffonde la sua gloria laggiù, ben oltre i paesi, sulle nuvole. Allo stesso modo vedo nella pianura, tutti fumanti, i cavalli che lavorano; più lontano, in un posto roccioso, un uomo, tutto curvato, di cui, per tutta la mattina, si sono sentiti gli 'ah!' e che adesso cerca di raddrizzarsi un attimo per riprendere fiato. Il dramma è avvolto di splendori. Questa non è una mia invenzione ed è ormai da tempo che è stata coniata questa espressione 'il grido della terra'.
" +
"I miei critici sono delle persone istruite e di gusto, credo; ma io non posso mettermi nella loro pelle. E dato che nella mia vita non ho visto altra cosa che i campi, cerco di dire come posso ciò che ho visto e provato quando vi lavoravo.'
";
// --- OPERA 08
// --- --------
index = index + 1;
txtTitolo[index] = "La rinuncia degli averi";
txtAutore[index] = "Giotto di Bondone";
txtStatus[index] = "1297 - Basilica Superiore di San Francesco - Assisi";
txtImgQuadro[index] = "larinunciadegliaveri.jpg";
txtImgAutore[index] = "_giotto.jpg";
txtAudioOpera[index] = "mp3/larinunciadegliaveri.mp3";
txtAudioBiogr[index] = "mp3/_giotto.mp3";
txtIntro[index] = "" +
"La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante";
txtTesto[index] = "" +
"E' un dipinto murale, eseguito tra il 1290 e il 1295circa, ad affresco, attribuito a Giotto di Bondone (1267 ca. - 1337), ubicato nella parete settentrionale della navata nella Basilica Superiore di San Francesco in Assisi (Perugia),e misura 230 x 270 cm.
" +
"Il dipinto murale è la quinta delle ventotto scene del ciclo che raffigura le Storie di san Francesco d'Assisi.
" +
"L'episodio raffigurato in realtà si svolse in piazza del Duomo a Foligno, è il momento in cui san Francesco, spogliatosi degli abiti, rifiuta la vita che la ricchezza del padre Pietro Bernardone gli avrebbe consentito, per intraprendere un cammino di povertà, riconoscendo solo la paternità di Dio.
" +
"Le scenografie architettoniche sono particolarmente sviluppate in altezza e creano complessi volumi con vuoti e pieni (si guardi per esempio al terrazzo sulla destra sostenuto da una colonna). In questi edifici non sono mantenuti rapporti dimensionali coerenti con le figure presenti, ma sono delle semplici quinte alla scena. Alcune incertezze assonometriche si possono notare nella scaletta esterna sulla sinistra, dove i gradini non sono dritti per permettere l'innaturale visione del pavimento (mentre si vede il soffitto del pianerottolo anche in basso dove è sorretto da due colonne). " +
"La scena, è organizzata secondo uno schema molto efficace di due fasce verticali intervallate dallo sfondo neutro: a sinistra Pietro Bernardone, il padre di Francesco, col volto contratto, dalla notevole espressività, viene trattenuto da un uomo per un braccio; egli ha il pugno chiuso e si solleva la veste come per volersi lanciare contro il figlio, un vero e proprio 'gesto parlante'; dietro di lui si dispiegano i cittadini borghesi; dall'altra parte san Francesco spogliato che prega asceticamente verso la mano di Dio benedicente che appare tra le nuvole; il vescovo Guido II, dietro al Santo, imbarazzato dal gesto del giovane, copre con il piviale alla meglio la sua nudità e altri religiosi (caratterizzati dalla tonsura) lo seguono. La netta spaccatura della scena è efficacemente simbolica delle posizioni inconciliabili dei due schieramenti, che sono il passato e il presente di Francesco. " +
"Infatti, l'atto del Vescovo che, con il suo piviale, ricopre il corpo del Santo simboleggia il passaggio da una figliolanza meramente umana alla condizione di 'figlio di Dio', rivestito dalla Chiesa.
" +
"Nella casualità quotidiana della folla non è tralasciata nemmeno la raffigurazione di due bambini, quali passanti, che tengono le vesti rialzate, forse per tenere dei sassi da tirare al 'pazzo'.
" +
"in alto, nel cielo appare La mano benedicente di Dio Padre, verso il quale è rivolta la preghiera di san Francesco: questa richiama la ragione ultima della scelta del Santo. Il significato simbolico è confermato dalla linea che idealmente congiunge le mani, riportando ad unità le due parti della scena.
" +
"Notevole è la resa anatomica del corpo di san Francesco, con chiare lumeggiature che definiscono il volume della muscolatura di sorprendente modernità. La figura del Santo è l'unica nuda fra tante coperte da voluminosi panneggi.
";
txtBiogr[index] = "" +
"Giotto da Bondone, meglio noto semplicemente come Giotto, nasce probabilmente nell'anno 1267, a Colle di Vespignano, presso Vicchio, nel Mugello. Pittore, architetto, scultore, è una delle massime figure dell'arte non solo italiana, ma dell'intero Occidente. E' ricordato per aver dato un senso del tutto nuovo ai concetti di colore, spazio e volume, 'riprendendo' e immortalando i suoi soggetti direttamente dalla realtà, 'dal naturale', come si diceva un tempo.
" +
"Di famiglia contadina, il suo nome deriverebbe con ogni probabilità da Angiolotto, o al limite da Ambrogiotto, due nomi all'epoca molto usati. Suo padre è Bondone di Angiolino, lavoratore della terra, secondo le cronache dell'epoca. Prendendo per buona la testimonianza di un grande storico dell'arte come Giorgio Vasari, l'allora maestro Cimabue l'avrebbe scovato, ragazzino, nel tentativo di disegnare delle pecore, durante una delle sue giornate di lavoro al campo.
" +
"Intorno ai dieci anni, il piccolo Giotto comincia già a frequentare la bottega di Cimabue, dove di lì a poco suo padre finirà per collocarlo in pianta stabile.
" +
"Tra il 1285 e il 1288, è molto probabile che l'artista, durante i suoi studi, abbia soggiornato per la prima volta a Roma, forse al seguito del suo maestro Cimabue o, come scrivono alcune cronache, insieme con Arnolfo da Cambio, altra figura importante a quel tempo.
" +
"L'influenza di Cimabue è evidente in quelle che sono considerate le prime opere dell'allievo: la 'Croce dipinta' di Santa Maria Novella, compiuta tra il 1290 e il 1295, con il volto del Cristo dai lineamenti tardo bizantini, e nella 'Madonna col bambino', conservata nella pieve di Borgo San Lorenzo, databile anch'essa intorno al 1290.
" +
"Verso il 1300, dopo alcuni probabili pernottamenti anche ad Assisi, Giotto fa ritorno a Firenze. Realizza nell'arco di un biennio le opere 'Il polittico di Badia' e la tavola firmata con le 'Stigmate di San Francesco'. Frequenti sono i suoi ritorni nella capitale, dove attende ai lavori del ciclo papale nella Basilica di San Giovanni in Laterano, oltre ad occuparsi di altre decorazioni, preparando la città ad accogliere il Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII. È, forse, uno dei periodi di massimo splendore e slancio artistico per il pittore toscano.
" +
"Dal 1303 al 1305 è a Padova, chiamato a realizzare l'affresco della cappella di Enrico Scrovegni. La 'chiamata' ricevuta al Nord, testimonia la grande considerazione che gode a quel tempo l'artista, considerato ormai nettamente superiore al suo maestro Cimabue. Come dirà lo stesso Dante Alighieri nella 'Divina Commedia': 'Ora Giotto ha il grido'.
" +
"Intorno al 1311, ritornato a Firenze, dipinge una delle opere più importanti della sua carriera di artista: la 'Maestà' degli Uffizi. Collocata originariamente nella chiesa fiorentina di Ognissanti, l'opera esprime tutta la grande modernità dell'artista, in procinto di stabilire un nuovissimo rapporto con lo spazio, come testimonia la prospettiva del trono.
" +
"Tra il 1313 e il 1315 cerca di assicurarsi alcuni affari importanti, come certi appezzamenti di terreno da un tale ser Grimaldo, di cui si lamenta in alcune lettere, o nominando un procuratore per riavere delle masserizie lasciate nella capitale anni prima, non ancora ritornate all'ovile. Dipinge intanto, probabilmente entro il 1322, la Cappella Peruzzi, sita in Santa Croce a Firenze.
" +
"Tra il 1322 e il 1328 inoltre realizza il Polittico Stefaneschi alla Pinacoteca Vaticana, Il Polittico Baroncelli e l'affresco a secco delle 'Storie Francescane' della Cappella Bardi, sita in Santa Croce, sempre a Firenze. Il lavoro per Baroncelli rappresenta una vera e propria testimonianza di vita trecentesca ed è notevole: una delle sue migliori realizzazioni. Quello per la famiglia Bardi, banchieri importanti della città, consta di sette riquadri, incentrati su alcune scene tratte dalla vita di San Francesco.
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"Nello stesso 1328 Giotto si trasferisce nella città di Napoli. Durante questo periodo compie diversi studi e lavori, percependo da Roberto d'Angiò una somma di denaro importante, oltre al beneficio dell'esenzione fiscale. Tuttavia, del periodo napoletano non rimane nulla. Intorno al 1333 Giotto soggiorna anche a Bologna, di ritorno dal Meridione. Nel 1334, a Firenze, ove rientra, le autorità cittadine lo nominano capomastro nell'Opera di Santa Maria del Fiore, oltre che Soprintendente assoluto alle opere del Comune. In pratica, gli viene affidato il Duomo fiorentino, oltre che la costruzione delle mura della città, con uno stipendio di circa cento fiorini all'anno.
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"Il 18 luglio del 1334, dà inizio al campanile da lui disegnato, che prenderà il suo stesso nome, per quanto la realizzazione finale non risponderà fedelmente ai suoi voleri iniziali. Il giorno 8 gennaio del 1337 Giotto muore a Firenze: viene sepolto con grandi onori in Santa Reparata (Santa Maria del Fiore), a spese comunali.
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