Commedia di Roberto Andò con Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Giulia Andò 103 minuti - Italia 2022
L'ispirazione artistica, si sa, non è mai totalmente legata alla realtà storica della vita di un autore, ma può arrivare nei modi, dai luoghi e dalle situazioni più inaspettati. Con questo spirito ci addentriamo nella recensione de La stranezza, il nuovo film di Roberto Andò presentato alla Festa del Cinema di Roma e dal 27 ottobre al cinema. La "stranezza" del titolo è sia quella che prende nelle noti di luna piena - un tempo si credeva che alcuni malesseri fossero legati a fenomeni astrali - sia l'atmosfera e la sensazione di straniamento che pervade tutto il film.
Siamo nell'Italia del 1920. Luigi Pirandello (un sempre impeccabile Toni Servillo) torna in Sicilia e partecipa ai funerali dell'amata balia Maria Stella. Un disguido con il cimitero lo costringe a fermarsi qualche giorno in più a Girgenti, dove fa la conoscenza di due becchini, Nofrio e Bastiano (Ficarra e Picone), che si dilettano anche col teatro e vogliono portare per la prima volta in scena una tragedia invece delle solite commedie popolari. Nella vita di tutti i giorni c'è bisogno di ridere o di riflettere? Pirandello, fin dal viaggio in treno, ha sei personaggi che lo assillano nella sua mente, ma non riesce a dare loro una storia, uno scopo, uno spettacolo. Il drammaturgo fa così la conoscenza di un sottobosco popolare, pieno di personaggi curiosi e sopra le righe, e di un teatro con pochi mezzi che deve fare di necessità virtù. Tutti elementi che in qualche modo lo ispireranno a dare forma all'opera che per il momento ha solo nella testa, senza un chiaro contorno del chi, come, perché, dove, quando.
Roberto Andò con questo film prova ad indagare proprio le cinque "W" del giornalista riguardo lo spettacolo, che inizialmente ebbe tanto insuccesso e provocò reazioni forti nel pubblico (come si vede nel film), che mai aveva assistito ad attori che provenivano dal pubblico anziché dal palco, tanto da chiedersi a fine proiezione se gli schiamazzi e i fischi dei presenti facessero ancora parte della commedia. È un'atmosfera costantemente rarefatta quella che Roberto Andò mette in piedi per La stranezza, dalla nebbia delle strade, alla fotografia scura e sporca proprio come i vicoli siciliani che mette in scena; dal mondo di teatranti improvvisati che collaborano con Nofrio e Bastiano a quello "nobile" di cui fa oramai parte Pirandello. Un Pirandello quasi sullo sfondo, grazie a un'interpretazione silenziosa di Toni Servillo, perché i veri protagonisti sono i due becchini, i personaggi nella testa dell'autore con cui è solito passare la domenica per riordinare le idee.
La stranezza è un film estremamente meta-narrativo nel suo farsi. È come se fossimo costantemente a teatro anche quando non ci siamo fisicamente. La macchina da presa viaggia di casa in casa (quella di Onofrio, quella di Bastiano, quella di Pirandello stesso), quasi in modo claustrofobico, anche nei vicoli stretti e bui di Girgenti, nei treni e nelle carrozze, per raccontarci un mondo "chiuso" e allo stesso tempo disperatamente desideroso di uscire, di respirare, di cambiare aria. Il gruppo di attori in erba dei due becchini sogna una vita migliore ma allo stesso tempo crede nella verità dell'arte e nel frattempo deve affrontare i problemi quotidiani, compresi i tradimenti all'interno del gruppo e della famiglia, scaramucce quotidiane e colpi di scena degni di una soap opera di bassa lega. D'altronde ognuno di noi indossa delle maschere nella vita di tutti i giorni, quando il copione insitamente scritto dalla società ce le impone (così come il teatro), e Pirandello lo aveva teorizzato molto bene. Il teatro delle maschere è quello della vita e qui i due universi si mescolano e si confondono, rendendo estremamente difficile distinguerne i contorni e i confini. La cura di costumi e scenografie va di pari passo con quella per la scrittura, anche se forse questa incertezza che si mantiene fino alla fine sulla verità della storia raccontata lascerà qualche spettatore un po' perplesso.
C'è grande ironia sulla morte ne La stranezza, un film che riflette tra le righe su quel grande spettacolo messo in scena che è la vita e che si trova proprio nel mezzo tra la nascita e la dipartita. A emergere nel film sono soprattutto Ficarra e Picone, che ci regalano una risata spesso dolceamara, proprio come la verità del quotidiano, e caratterizzano i loro Nofrio e Bastiano come due uomini semplici che cercano di colorare la propria esistenza come possono. Ognuno interpreta il ruolo che la società gli impone, non solo i due becchini aspiranti drammaturghi ma anche gli altri: dalla sorella di Bastiano, costretta a stare chiusa nella loro abitazione durante il giorno (di nuovo il concetto della casa che torna) al suocero di Nofrio, che viva in casa con il genere e gli sbarra sempre la strada nel corridoio sulla sedia a rotelle. Il film è anche estremamente geolocalizzato all'ambiente siciliano ma prova a raccontare un quadro universale, non sempre riuscendoci.
Federico Vascotto (Movieplayer.it) |