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Mercoledì 03 Luglio 2024
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IL SIGNORE DELLE FORMICHE
Drammatico
di Gianni Amelio
con Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Sara Serraiocco, Leonardo Maltese
130 minuti - Italia 2022

Partigiano, poeta, antifascista, drammaturgo, filosofo, scrittore e studioso delle formiche: Aldo Braibanti oltre che un grande intellettuale fu infatti anche un esperto mirmecologo. Così ce lo presenta Gianni Amelio nel film Il signore delle formiche, che ne ripercorre l'assurda vicenda giudiziaria, che si sarebbe conclusa nel 1968 con la prima e unica condanna per plagio del nostro paese. Presentato in concorso alla 79° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, ricostruisce la storia del caso Braibanti, un evento cruciale per la società civile dell'epoca e che tredici anni più tardi avrebbe portato all'abrogazione del reato grazie all'impegno dei Radicali, che Amelio ha voluto omaggiare in un fotogramma con una brevissima apparizione di Emma Bonino. Il signore delle formiche è un film profondamente politico: lo è quando sceglie di puntare il dito contro l'ottusità della discriminazione, o nel momento in cui offre uno spaccato del bigottismo della provincia italiana negli anni '60. E non smette di esserlo neppure nel racconto di quello che fu prima di tutto un amore tragico. È l'amore cresciuto nella campagna emiliana del 1959, tra le mura del torrione Farnese di Castell'Arquato dove Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) aveva fondato un laboratorio artistico destinato a coinvolgere i giovani della provincia piacentina. Il primo incontro tra il poeta e Giovanni Sanfratello (nel film Ettore) avviene tra libri, prove teatrali, lunghe disquisizioni filosofiche e le teche dove Aldo custodisce le formiche che studia, osserva, colleziona. Gianni Amelio ne affida la rievocazione a un lungo flashback, prima di spostare la narrazione a Roma nel 1965 quando inizia un processo destinato a fare scalpore e che si sarebbe chiuso solo quattro anni dopo confermando l'accusa di plagio contro Braibanti e condannandolo a nove anni di reclusione, scesi a due dopo il ricorso in appello a un anno di distanza. Il reato che gli veniva contestato era quello di aver sottomesso alla sua volontà, sia in senso fisico che psicologico, il suo allievo e successivamente compagno. A stabilirlo era l'articolo 603 del codice penale che puniva "chiunque avesse sottoposto una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione", in realtà fu solo un modo per normare quella che era un'accusa di omosessualità. A denunciarlo fu la famiglia di Giovanni che spedì il ragazzo in un ospedale psichiatrico per sottoporlo a devastanti elettroshock, la "cura" dell'epoca per "guarire" dall'influsso del "diabolico". Nell'indifferenza dell'opinione pubblica solo un giornalista de L'unità, Ennio (Elio Germano), si impegnerà a sostenerlo e a ricostruire la verità. Lontano da facili retoriche Il signore delle formiche affida la narrazione a rigore e compostezza, forse un po' sbilanciato in una prima parte troppo verbosa, ma capace di spiccare il volo nella seconda metà del film, quella del processo che restituisce attraverso le inquadrature fisse dei testimoni nell'aula di tribunale il senso di tutto: la provincia italiana retrograda nella quale ai giovani "fanno male i libri che hanno meno di cento anni" e dove "gli invertiti hanno due strade: o si curano o si ammazzano". L'Italia che da lì a poco sarebbe stata travolta dalla spinta rivoluzionaria del '68 e la straziante deposizione di Ettore, che Leonardo Maltese riesce a portare sullo schermo con misura e stupefacente disincanto. Luigi Lo Cascio nei panni di Aldo è un intellettuale dallo sguardo commosso e silente, convinto che "voler bene sia la più grande crudeltà"; di straordinaria potenza e verità i duetti con Ennio, scalcinato cronista del giornale di partito a cui Elio Germano regala la sincerità che merita, l'unico ad accorgersi che "con le campane, Gesù Cristo e Padre Pio" l'accusa avrebbe portato a casa la vittoria. "Questo processo è lo specchio del nostro paese retrivo, meschino e criminale", tuona in uno dei suoi slanci alla ricerca di giustizia, con una battuta che rende questa storia tragicamente moderna, un atto di denuncia contro l'omofobia. Con la consapevolezza ieri come oggi che "sta cambiando la gente, ma non chi ha il mano il potere". Chapeau.
Elisabetta Bartucca (Movieplayer.it)
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