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Mercoledì 03 Luglio 2024
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THE FABELMANS
Drammatico
di Steven Spielberg
con Michelle Williams, Paul Dano, Seth Rogen, Gabriel LaBelle
151 minuti - USA 2022

Occhi spalancati che comunicano emozione. Sguardi che assorbono e mutano. Il nuovo film di Steven Spielberg parte da qui nel raccontare la forza e magia del cinema, dal suo potere di raccontare, mutare e trasformare la realtà. E dobbiamo dirlo subito, sin dalle prime battute della recensione di The Fabelmans: si tratta di un capolavoro assoluto, una definizione che usiamo senza timore e nel senso più ampio, compiuto e soddisfacente possibile. In Italia arriverà il 22 Dicembre, ma abbiamo avuto modo di vederlo grazie al passaggio in Alice nella Città nell'ambito della Festa del Cinema di Roma, in una proiezione nella splendida cornice dell'Auditorium della Conciliazione e davanti a un pubblico che ha applaudito sia all'apparizione del logo Amblin, sia allo splendido finale che meriterà di essere approfondito a dovere. The Fabelmans è un film che abbiamo amato, una emozionante lettera d'amore nei confronti della settima arte, che va a completare la già splendida e ricca filmografia di uno dei registi più importanti e influenti del cinema contemporaneo. Sulla falsariga di altri autori contemporanei, dal nostro Paolo Sorrentino a Cuarón, Iñárritu e Branagh, Steven Spielberg in The Fabelmans racconta se stesso. Lo fa in modo romanzato, instillando nella vita di Sam Fabelman le esperienze della propria esistenza, rendendolo un proprio alter ego su schermo attraverso cui raccontare la nascita e l'evoluzione dell'amore che lui stesso ha avuto nei confronti del cinema. Il film apre con Sam bambino e la sua prima esperienza in una sala cinematografica, per seguirlo negli anni successivi lungo le tappe che lo hanno portato a lavorare nel mondo del cinema, dai primi tentativi con la cinepresa di casa, alla prima moviola e i primi progetti tra amici. Tappe che si vanno a inserire nel racconto personale e familiare di Sam, di quei Fabelman del titolo, famiglia ebrea costretta a trasferirsi più volte per seguire la solida carriera del padre, fino ad approdare in California, con le difficoltà e le opportunità che per Sam questo traguardo rappresenta. È importante l'aspetto familiare in The Fabelmans, quasi quanto quello relativo al cinema, nel raccontare una componente intima e personale della vita di Steven Spielberg. Più volte, infatti, l'autore americano ha messo in scena nei suoi film la sofferenza che gli ha provocato la separazione del padre e la madre, dai genitori separati di E.T. in avanti, e il nuovo film torna sull'argomento e in qualche modo permette all'autore di far pace con quella situazione e col padre, interpretato nel nuovo lavoro da un Paul Dano che sorprende per profondità e misura. È il tassello che più ci ha colpiti di un cast costruito con cura, capace di veicolare le emozioni, ma anche l'ironia, perché The Fabelmans è anche uno dei film più divertenti del regista, come lo erano stati Prova a prendermi o The Terminal: se in quei casi i toni da commedia erano presenti, qui si sfocia nel territorio dell'(auto)ironia nei confronti della realtà che circonda il protagonista. "I film sono sogni che non dimentichiamo" Che frase magnifica, che concetto incantevole e vero. Sogni. Veicolo di immaginazione. Fiabe, in qualche modo. Forse è per questo che Spielberg ha scelto Fabelman come cognome per il proprio alter ego su schermo e la sua famiglia, un nome che suona tanto come "uomo delle favole", affabulatore. E non è forse una fiaba a sua volta il racconto che ce ne fa? Storia romanzata di un'esistenza, versione trasformata di una vita. Questo fa il cinema nel messaggio che l'autore vuole trasmetterci: racconta e trasforma, prende la realtà ma non si limita a riprodurla com'è, la muta e ne dà una propria idea nuova, più forte, più ricca. Fiabesca, come da sempre è stata l'opera di Spielberg, un cinema che sa volare sulle ali della fantasia per raggiungere vette di sentimenti e sensazioni vertiginose. Ma non è solo questo il messaggio del film, perché il cinema muta la realtà, la colora, deforma o migliora, ma trasforma anche noi che ne fruiamo: i momenti chiave di The Fabelmans si sviluppano attorno a qualcuno che guarda immagini proiettate e cambia nel farlo. Gli occhi spalancati del piccolo Sam incastonati in una maschera di stupore, il volto di sua madre che chiusa in un armadio viene travolta dal dolore, le reazioni opposte dei compagni di scuola di Sam che guarda il film del loro Ditch Day girato e montato dal ragazzo. Sguardi che ammirano, assorbono e cambiano. Il cinema, ci dice Spielberg, ha questo immenso potere di catturarci, ipnotizzarci, per poi entrarci nell'animo e mutare il nostro pensiero e le nostre emozioni. E noi che siamo suoi spettatori affezionati da oltre quarant'anni lo sappiamo bene. Forse è grazie a questo super potere che Steven Spielberg si è innamorato del cinema, perché è l'arma che sa usare, in modo naturale e miracolosamente spontaneo, per dire la sua in questo mondo. Una magia che riesce a ripetere film dopo film, da ottimo stregone qual è. Ma il cinema al quale si è legato indissolubilmente il regista nasceva analogico, si muoveva sul supporto fragile della pellicola, risuonava del rumore ritmico del proiettore che girava e c'è questo calore, questo sentimento, questa poesia di un tempo passato in The Fabelmans. Steven Spielberg non è un regista che è stato incapace di rinnovarsi e adattarsi al presente, in molti casi ha saputo anche guardare con lungimiranza al futuro, ma il seme di amore e passione che è germogliato nel suo cuore ha quell'origine e sapore d'altri tempi. Quello è il cinema di cui il regista si è innamorato e di cui ci ha fatti innamorare, quello vissuto al buio di una sala, con lo sguardo (s)travolto dalla luce di uno schermo abbastanza grande da contenere i nostri sogni. Non possiamo pensare a uno spot più bello, prezioso e riuscito per la visione dei film in sala. E siamo grati a Spielberg per averlo girato, oggi più che mai.
Antonio Cuomo (Movieplayer.it)
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