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Mercoledì 03 Luglio 2024
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TRE PIANI
Drammatico
di Nanni Moretti
con Margherita Buy, Nanni Moretti, Alessandro Sperduti, Riccardo Scamarcio, Elena Lietti
119 minuti - Italia 2021

Che lo si ami o lo si odi, Nanni Moretti è certamente uno dei registi dalla personalità più forte del panorama italiano, o forse europeo. Uno di quegli autori a cui bastano veramente pochissimi elementi per rendere riconoscibili la loro opera e la loro poetica. Non è un caso che nella sua lunga carriera, iniziata quarantacinque anni fa con Io sono un autarchico, non abbia mai diretto film che non fossero da lui scritti e ideati, se non addirittura basati sulle sue personalissime esperienze. Fino ad oggi ovviamente, visto che Tre Piani è un adattamento del romanzo omonimo di Eshkol Nevo: tre storie che Moretti trasporta da Tel Aviv a Roma, modificandole in maniera importante fino a ritagliarsi anche un ruolo che nel libro non c'era. Ma sono tre storie che Nanni Moretti non sembra avere davvero a cuore. Non quanto le strambe vicende dei Michele Apicella di turno. Non quanto le storie di vita vissuta di Caro Diario o Aprile. Certamente non quanto l'elaborazione del lutto presente in Mia madre, il suo precedente film del 2015. Come vedremo in questa recensione di Tre piani questa poca convinzione si percepisce nel film, in più momenti, e fa sì che diventi l'opera meno riuscita del regista romano, sicuramente la più dimenticabile. Tre storie dicevamo, una per ogni piano di una palazzina di un quartiere borghese di Roma. Tre famiglie, tutte coinvolte e sconvolte da una terribile tragedia che, in una notte, finisce col cambiare la vita di tante persone. C'è una coppia di giudici che deve fare i conti con la colpevolezza del figlio, una donna che sta per partorire da sola con il marito lontano per lavoro e infine due giovani genitori che approfittano costantemente della gentilezza degli anziani vicini affidando loro la bambina per poi pentirsene soltanto dopo un dubbio incidente. Le tre storie vengono raccontate in parallelo, spesso sfiorandosi, nel corso di dieci anni; ma è soltanto nella seconda metà, quando la maggior parte degli avvenimenti sono già accaduti e la sceneggiatura può concentrarsi sui personaggi e le conseguenze della loro azioni, che il film riesce davvero a trovare il giusto respiro e a giocarsi al meglio le sue carte. Con uno script che fa del suo meglio per adattare un romanzo che è fortemente radicato nella realtà israeliana e ha molti dei suoi punti di forza in concetti e idee difficilmente riportabili sullo schermo, la differenza in questo film la fanno soprattutto gli attori: il cast scelto da Nanni Moretti è ricco di nomi importanti e molto apprezzati anche all'estero, ma deve fare i conti con una direzione degli attori non particolarmente ispirata se non addirittura svogliata. A pagarne il prezzo è soprattutto Riccardo Scamarcio, che alterna momenti di grande intensità ad altri quasi imbarazzanti che incidono soprattutto sulla prima parte del film. Scamarcio però non è l'unico a sembrare in difficoltà: se Alba Rohrwacher prova comunque a fare il possibile con il ruolo più difficile del film, anche perché più solitario e legato alla storyline meno convincente, non si può dire lo stesso dalla giovanissima Denise Tantucci, tanto bella quanto priva di naturalezza. La parte del leone la fa però Margherita Buy, non a caso l'attrice maggiormente legata al cinema di Nanni Moretti e con più esperienza: nel momento in cui il suo personaggio acquista più spazio, il film cresce e comincia finalmente a veicolare emozioni. L'impressione è che, al netto della bravura dell'attrice, proprio questa terza storyline sia quella che più interessi a Moretti, che infatti si inserisce "di forza" nel ruolo di un giudice, e non a caso parla di elaborazione del lutto e di rapporti tra genitori e figli. Gli unici veri sprazzi del cinema di Moretti che abbiamo imparato ad amare in questi decenni sono proprio qui, tutto il resto sono storie che avrebbe potuto raccontare qualsiasi altro regista. E infatti, a volte, si ha la sensazione di essere davanti a qualcosa di già visto. Qualcosa che con Moretti non ci era mai capitato e speriamo non ci capiti mai più.
Luca Liguori (Movieplayer.it)
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