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LE SORELLE MACALUSO
Commedia
di Emma Dante
con Alissa Maria Orlando, Laura Giordani, Rosalba Bologna, Susanna Piraino, Serena Barone
94 minuti - Italia 2020

Ci sono film che non vanno solo visti, ma anche vissuti. Film in cui i dettagli nascosti, le parole non dette, gli eventi non raccontati hanno la stessa importanza di quanto vediamo sullo schermo. Film, come questo gioiello di Emma Dante, dove si percepisce chiaramente lo scorrere del tempo. Lo si nota negli oggetti, nei mobili, nei muri della casa dove il film in gran parte è ambientato; lo si nota nei volti delle protagoniste, negli occhi che mutano, nell'età che passa. Siamo consapevoli che la nostra recensione de Le sorelle Macaluso non potrà in alcun modo riassumere l'incredibile bellezza del film e la raffinatezza, sia di scrittura che visiva, di Emma Dante. Quarto film italiano in concorso al Festival di Venezia 2020 e dal 10 settembre al cinema, Le sorelle Macaluso adatta l'omonima pièce teatrale della stessa Dante portando su schermo una storia tragica e poetica. La trama del film si sviluppa su tre piani temporali (infanzia, età adulta, vecchiaia) concentrandosi sulle nostre protagoniste, sul loro rapporto e su un evento che cambierà per sempre le loro vite. Sono cinque le sorelle Macaluso, bambine e giovani ragazze, che vivono senza genitori all'ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo allevando colombe, che girano libere per casa, per guadagnare qualche soldo. Un giorno, le sorelle si mettono in viaggio per andare al Charleston, un bagno ristorante da cui entrano di soppiatto spesso e volentieri, ma non immaginano che dopo questa volta nulla sarà più lo stesso. Le ritroviamo prima da adulte, intente a cenare insieme sempre nella stessa casa di famiglia che alcune di loro hanno abbandonato iniziando una nuova vita (chi vive in solitaria, chi si è sposata ed è diventata madre), e poi da vecchie. Nel mezzo del film c'è il racconto di una vita intera, anzi, di cinque vite che si intrecciano e si contaminano a vicenda, tra rimorsi, rimpianti, sensi di colpa e affetto indissolubile. Nonostante siano cinque persone diverse, soprattutto col passare degli anni, permane quel legame famigliare fortissimo che non ha bisogno di molti dialoghi, spiegazioni, racconti per arrivare a noi. Rifugge i generi Le sorelle Macaluso: inizia come una commedia, si trasforma in un film drammatico, sfiora il cinema horror, diventa un film di fantasmi per poi chiudere il cerchio in maniera poetica e raffinata. E rifugge anche tutti gli ostacoli e i problemi che il cinema italiano si porta appresso quando vuole raccontare una storia che ha a che fare con i legami famigliari. Mai, in tutta la sua breve durata di 89 minuti, il film scade nei cliché o nel didascalismo che spesso rovina gran parte della credibilità. Anzi, il lavoro di Emma Dante sta proprio nel concentrarsi unicamente sull'essenzialità degli eventi che le interessano facendo in modo (incredibile!) di capire tutto lo stesso. Non serve che i personaggi si dicano ad alta voce, magari urlandosi in faccia, cosa provano o cosa stanno passando in quel momento della loro vita: si dà giustamente molto per scontato eppure non si ha mai la sensazione che manchino dei pezzi. Il racconto non sta nelle parole, ma anche e soprattutto nei gesti, nel linguaggio del corpo, negli sguardi (ce ne sono alcuni che mettono i brividi). È talmente maturo l'occhio della Dante che le serve spesso solo un'inquadratura precisa, perfetta, compiuta per riempire anni e anni di vita. Sotto questo punto di vista Le sorelle Macaluso è una mosca bianca nel panorama cinematografico italiano perché da tempo non ci si trovava di fronte a un'operazione così cinematografica. Le immagini, gli oggetti in scena, il modo in cui i personaggi si muovono e le azioni che compiono sono sempre portatrici di una situazione precisa, di una conseguenza di un evento, di un pezzo del loro carattere e della loro sensibilità. Eppure, non è per niente criptico. Semplice e allo stesso tempo complesso, lineare e contemporaneamente stratificato, il film riesce a giocare coi toni e i registri con naturalezza. Un ottimo testo di partenza e una sapiente e matura regia non basterebbero da soli ad elevare Le sorelle Macaluso come uno dei migliori film italiani dell'anno se non ci fossero le straordinarie attrici che danno volto e corpo alle cinque sorelle. Non importa se parliamo delle cinque giovani della prima parte del film (con Viola Pusateri nel ruolo di Antonella davvero meravigliosa) o delle loro controparti adulte (e in questo caso Serena Barone è una vera forza della natura): il cast è davvero eccezionale, nessuna esclusa. Potremmo citare il modo in cui Simona Malato ha un viso che racconta tutto il personaggio di Maria o potremmo nominare Donatella Finocchiaro e la sua Pina che racchiude dentro di sé una situazione ormai troppo stretta. Non le nominiamo tutte, anche perché la scelta della Dante di dare a ogni sorella un volto diverso in base al momento storico in cui si svolge la storia richiederebbe un elenco non indifferente (sono ben 12 attrici solo per le protagoniste!), ma vogliamo essere chiari: tutte contribuiscono al meglio nel dare fisicità a questa storia. Il cinema de Le sorelle Macaluso non è un cinema puramente narrativo. Occorre scavare oltre la superficie per apprezzare al meglio la vera anima del film che sta nel modo in cui Maria si guarda allo specchio completamente nuda o nel modo in cui si abbuffa di pasticcini al kiwi; sta nella maniera in cui Lia legge i libri ad alta voce o nelle sigarette spente sempre sullo stesso punto del terrazzo. Sta anche in dettagli ancora più raffinati come un piatto che cade e viene ricomposto, nel cuore di un animale chiuso in un sacchetto, nei capelli di una bambola che si confondono con le alghe. E nel modo in cui l'animale simbolo del film, i colombi, continuano a essere una presenza pressante nella casa di famiglia: camminando per le stanze, spiccando il volo con leggerezza, mangiando su un servizio buono. Perché, alla fine dei conti, Le sorelle Macaluso è un film che sarebbe piaciuto molto a un regista russo, Andrei Tarkovsky, che cercava di fossilizzare sulla pellicola lo scorrere del tempo, la presenza del tempo, l'essenza stessa della vita. Ed è proprio attraverso il non detto (perché all'ennesima cena in compagnia le sorelle dovrebbe raccontarsi ancora una volta come stanno vivendo?), che è lo stesso non detto della polvere che si posa sui mobili, sulle maniglie delle porte che si rompono all'improvviso e non vengono mai aggiustate, sulla decadenza e la sporcizia che, col passare del tempo, invecchiano la casa e chi ci abita dentro. Giusto nel finale Emma Dante si concede qualche chiarimento di troppo, ma nulla che possa in qualche modo far venire meno l'incredibile emozione che questo film nella sua esigua durata riesce a sprigionare.
Matteo Maino (Movieplayer.it)
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