Azione - V.M. 14 anni di Todd Phillips con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy, Marc Maron 122 minuti - USA 2019
Siamo sicuri che questa recensione di Joker porterà il sorriso sulle labbra di molti nostri lettori e appassionati di fumetti. Perché, per una volta, tutte le voci girate negli ultimi mese non erano affatto esagerate: quello di Todd Phillips è veramente un gran bel film e l'interpretazione di Joaquin Phoenix davvero degna di un Oscar.
Primo superhero movie in concorso in un festival internazionale (Mostra del Cinema di Venezia 76), Joker è innanzitutto un film dal deciso piglio autoriale, che non prevede alcuna concessione alle logiche commerciali dei blockbuster: nessuna necessità di scene d'azione, di una storia d'amore, di un eroe o di una qualche redenzione. Rispetto agli altri film della DC (ma anche della Marvel ovviamente) siamo davvero agli antipodi; tanto che, in retrospettiva, anche un'operazione coraggiosa come quella della trilogia nolaniana sembra ormai vecchia (per quanto comunque straordinaria) rispetto a questa vera e propria rivoluzione.
Il protagonista del film Joker è appunto Arthur Fleck, un uomo asociale che vive da solo con la vecchia madre malata, affetto da non meglio precisate malattie mentali, tra cui un raro disturbo che lo porta a ridere in modo sguaiato e ininterrotto quando si trova in situazioni di disagio e difficoltà. Il suo sogno è quello di diventare un cabarettista, e magari essere un giorno ospite del suo show televisivo preferito, quello condotto dal comico Murray Franklin, ma nel frattempo si arrabatta come può travestendosi di clown.
Il film segue le sue disavventure in una Gotham inospitale e sull'orlo della rivolta, in cui l'unica speranza sembra essere data dalla discesa in campo politico del miliardario Thomas Wayne. In questo contesto Arthur si ritrova suo malgrado risucchiato in una spirale autodistruttiva di violenza che lo porterà ad avvicinarsi al personaggio che tutti conosciamo, uno dei più celebri villain della cultura pop. Ma per una volta è lui il protagonista, è suo il punto di vista che condividiamo fin dall'inizio, ed è proprio questo a rendere il tutto molto più affascinante. Il personaggio del Joker viene quindi trattato come antieroe qual è anche nel fumetto, ma allo stesso tempo viene inserito in un mondo che sembra provenire non tanto dall'universo della DC Comics, ma dai film della New Hollywood, quelli di Scorsese in primis.
Proprio l'ambientazione iperrealistica del film, una Gotham violenta e sporca ma niente affatto distopica, rappresenta forse la più grande novità di questo Joker. Semplicemente perché Todd Phillips dà l'impressione di aver lavorato in modo opposto rispetto a quanto si fa normalmente con i cinecomic: ovvero non ha cercato di introdurre degli elementi realistici o attuali dentro il mondo dei fumetti, ma piuttosto ha preso il personaggio ideato da Bob Kane e i suoi ideali anarchici e li ha inseriti nella New York/Gotham dei primi anni '80. La differenza è sottile ma sostanziale, e fa sì che si generi un incredibile cortocircuito cinefilo tra il cinema di oggi, più spettacolare che concreto, e quello di una volta, più politicamente e socialmente impegnato.
Abbiamo già citato Martin Scorsese, ma d'altronde i riferimenti al suo cinema (Taxi Driver in primis, ma anche Re per una notte) sono veramente evidenti e anche la presenza nel cast anche di Robert De Niro lascia pochi dubbi. Nel film di Phillips lo spirito di quel cinema ormai lontano si sposa perfettamente con un personaggio come quello di Joker, tanto che Arthur Fleck può tranquillamente essere avvicinato ad un personaggio emblematico quale Travis Bickle. In fondo basta sostituire la celebre "stai parlando con me?" con "stai ridendo di me?" ed il gioco è presto fatto.
Ma quello che davvero sorprende è come, con questo mix di personaggi di fantasia e atmosfere e temi vecchi quarant'anni, Joker riesca comunque a raccontare il mondo di oggi, e a rendere in modo così preciso un male tipico sopratutto dei giovani dei nostri giorni: il disagio di non sentirsi rappresentati, quel senso di trascuratezza e abbandono nonché di superiorità da parte di coloro che contano. Quanti oggi si sentono derisi e trattati come clown, sui social e in TV, da politici e personaggi altolocati, ricchi e potenti? E quanti continuano giornalmente a ricorrere alla violenza pur di farsi notare ed ascoltare in un mondo che li reputa invisibili ed inutili?
Se tutto questo sfocia in un film tanto bello quanto misurato, il merito è quasi tutto del suo mostruoso protagonista: Joaquin Phoenix offre una nuova personalissima rielaborazione di un personaggio che ben conosciamo, e regala al suo Joker una profondità e una tragicità che finora era sempre mancata sul grande schermo. Se quello di Heath Ledger rimarrà per sempre nella storia del cinema per il suo carisma, le sue battute leggendarie ed una caratterizzazione più unica che rara, il Joker di Phoenix è un personaggio molto più completo, più reale, e con cui è molto facile empatizzare.
Ogni sua risata è una richiesta di aiuto, ogni passo di danza un ulteriore avvicinamento alla follia. Perché l'Arthur che conosciamo all'inizio del film pazzo non lo è affatto, ma "semplicemente" malato e vittima di una società (e una madre) che lo ha alienato. Il processo di trasformazione di Joaquin Phoenix è sottile ma impressionante, ed è facile immaginare che anche l'Academy non avrà problemi a riconoscerne, quantomeno con un candidatura, gli indiscussi meriti.
Ma sarebbe ingiusto chiudere questa recensione senza prima elogiare il grandissimo lavoro di Todd Phillips, un regista che finora si era dedicato solo alla commedia (lo ricordiamo soprattutto per la trilogia di Una notte da leoni) ma che in Joker è riuscito a stupirci in un modo che non credevamo possibile. La sua regia è misurata e quasi sempre al servizio del suo incredibile attore, ma al tempo stesso riesce a rendere benissimo l'atmosfera moribonda di una città e una popolazione al limite.
Un'altra cosa che colpisce della sua regia e sceneggiatura è la maturità e l'equilibrio con cui è riuscito ad inserire in Joker citazioni e riferimenti al mondo DC: c'è ovviamente un piccolo Bruce Wayne, ci sono citazioni palesi ad opere precedenti (Il cavaliere oscuro di Nolan o The Killing Joke di Alan Moore) e anche una buona trovata a livello di trama, potenzialmente esplosiva per l'intero canone, che saggiamente decide di lasciare ambigua e non risolta. Ecco, forse l'unico vero appunto che alcuni potranno fare a questo Joker è quello di non aver osato di più in questi termini, e di non aver voluto inserirsi in maniera più netta e decisa nel filone cinematografico pre-esistente. Ma si tratta di un peccato davvero veniale che siamo ben felici di perdonare, a patto però che questo sia solo l'inizio di un nuovo modo di affrontare i cinecomic.
Luca Liguori (Movieplayer.it) |