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AMMORE E MALAVITA
Commedia/Musical
di Antonio e Marco Manetti
con Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Raiz
134 minuti - Italia 2017

Immaginate il momento clou di un episodio di Gomorra - La Serie, o di un qualsiasi film sulla criminalità organizzata: Ciro e Genny si guardano in faccia, si studiano, stanno per uccidersi. Al massimo della tensione, invece di premere il grilletto, cominciano a cantare. A pensarci sembra una follia, invece Ammore e Malavita, film dei Manetti Bros. presentato in concorso alla 74esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dimostra che canti e balli possono migliorare qualsiasi cosa. Ambientata in una Napoli per una volta priva della gravitas e dei colori cupi di cui è stata caricata negli ultimi anni, il film dei Manetti riscopre la gioia di vivere, l'allegria, la spensieratezza e anche la "cazzimma" della città partenopea: per rendere l'idea, Ammore e Malavita comincia con un tour operator (interpretato da Andrea D'Alessio, all'esordio dietro la macchina da presa) che porta turisti americani in visita alle famose Vele di Scampia, e finisce per citare proprio il Salvatore Conte di Gomorra - La serie, in un cortocircuito in cui allo stesso tempo si ride e si omaggia la narrativa dedicata alla città del Vesuvio. Come si è capito, siamo a Napoli: Donna Maria (Claudia Gerini) è la moglie del boss don Vincenzo (Carlo Buccirosso), "o' re do pesce", appassionata di cinema, che suggerisce al consorte di ritirarsi a vita privata fingendosi morto. Per riuscire nell'intento è necessaria la massima segretezza. Quando un'infermiera, Fatima (Serena Rossi), vede in faccia il boss presunto morto, il suo destino è segnato: Ciro (Giampaolo Morelli), una delle due "Tigri", le guardie del corpo di don Vincenzo addestrate alle arti marziali come in un film di Bruce Lee, deve toglierla di mezzo. Peccato che Fatima sia l'amore adolescenziale perduto del killer, in grado di risvegliare in lui sentimenti, e numeri musicali, che credeva ormai sepolti. Colorato, travolgente, ironico, divertente, intelligente: a quattro anni da Song Song 'e Napule'e Napule (2013), i Manetti Bros. tornano per le strade di Napoli mettendo in piedi una storia che non solo mescola generi diversi - il musical, il dramma, i film di arti marziali, la commedia - ma si diverte a prendere in giro meccanismi ormai consolidati del cinema italiano, giocando a incastrare l'una dopo l'altra citazioni pop, come quando viene mostrata la DeLorean di Ritorno al futuro (1985) o viene usata, in modo assolutamente geniale, la canzone di Flashdance (1983) "What a feeling". A impreziosire questo caleidoscopio di colori e trovate, una colonna sonora perfetta, scritta da Pivio & Aldo De Scalzi, con testi di Nelson: brani come "Guaglione 'e malavita" (guaglione 'e malavita, si' stat' condannat', nun c' sta' 'na via d'uscita, mo vid' e scomparì, oppure sarai tu a muri' ammazzat') o "Scampia Disco Dance" entrano immediatamente in testa per restarci tutto il giorno, come solo i numeri più riusciti dei migliori musical sanno fare. Le trovate dei Manetti, sia di scrittura che di regia (l'entrata in scena delle Tigri, le battute, su tutte quella "è come il pomodoro nello spaghetto a' vongole: non conta nu cazz'", già nella storia del cinema italiano) spalmate a decine per tutto il film, sono supportate da un cast perfetto: Claudia Gerini, nonostante sia l'unica non originaria di Napoli, se la cava bene con il dialetto campano, ricordando moltissimo nell'aspetto Madonna, non la Vergine Madre, ma la cantante; Claudio Buccirosso è leggendario, Serena Rossi ha una voce incredibile, Giampaolo Morelli è quasi un guerriero zen che si muove come un ninja, ottimo Raiz nel ruolo dell'altra Tigre, Rosario, così come Franco Ricciardi in quello di Gennaro, braccio destro di don Vincenzo (da segnalare anche il cameo di Patrizio Rispo, volto amatissimo della soap Un posto al sole, che recita con l'inconfondibile accento di Torre Annunziata). Bilanciando perfettamente tutti i generi con cui giocano, l'humor e la sceneggiata napoletana, i Manetti Bros. realizzano il loro film migliore, un fuoco d'artificio irresistibile, cult immediato, che compie un altro passo in avanti nella rinascita del "nuovo cinema di genere italiano".
Valentina Ariete (Movieplayer.it)
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