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Mercoledì 03 Luglio 2024
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LA FORMA DELL'ACQUA
Drammatico
di Guillermo Del Toro
con Sally Hawkins, Michael Shannon (II), Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg
119 minuti - USA 2017

Guillermo del Toro è un autore con un seguito non particolarmente nutrito, ma molto appassionato. Un regista che che con le sue opere è riuscito a creare un legame molto forte con una certa fetta di pubblico, sia per temi trattati che per una estetica ed un approccio originali e riconoscibili, che ne fanno il suo vero marchio di fabbrica. Del Toro è un regista con un'anima che aveva trovato forma definitiva e compiuta poche volte, come nel caso de Il labirinto del fauno, lasciandoci spesso con l'amaro in bocca per potenzialità non completamente sfruttate. È capitato spesso di guardare una sua opera e, pur restandone affascinati, rendersi conto di qualcosa mancante, di estrema cura per alcuni aspetti e superficialità in altri, come un bellissimo tavolo traballante a causa di una gamba leggermente più corta. Sentivamo, insomma, che il regista di Hellboy e Crimson Peak avesse frecce al suo arco molto più ficcanti di quelle che spesso gli vediamo lanciare ed allo stesso modo percepivamo vibrazioni positive per The Shape of Water sin dal primo trailer diffuso, tanto da accogliere con entusiasmo la sua inclusione nel cartellone della 74ma Mostra del cinema di Venezia. Vibrazioni positive che la visione del film ci hanno confermato. Come per altri suoi lavori, come per esempio il già citato Labirinto del fauno, del Toro ci porta nel passato e nello specifico nei primi anni '60 americani, immersi in piena Guerra Fredda. E ci racconta di Elisa, una persona semplice, impiegata come donna delle pulizie in un laboratorio de governo nel quale viene portata una misteriosa creatura acquatica. Elisa è muta e conduce una vita tranquilla, fatta di rituali abitudini e poche, forti amicizie, in particolare con il vicino ed amico Giles e la collega di lavoro, la chiacchierona Zelda. Un'esistenza che l'incontro con il nuovo ospite del laboratorio scuote radicalmente. Se il punto di partenza è riconducibile alla storia classica de La bella e la bestia, è personale l'approccio di del Toro al tema, in perfetto equilibrio tra emozione, fascinazione e timori, tra l'attrazione platonica alla quale ci hanno abituati le versioni più disneyane e quella che eccede in senso contrario. Quello del regista messicano è un romanticismo dark quanto la sua estetica, che ritroviamo rinvigorita e consolidata: splendida la fotografia di Dan Laustsen, magnifiche le scenografie, consapevole e concreta la ricostruzione storica dell'America di quegli anni, di un periodo fatto di grandi ambizioni e mete tecnologiche, ma anche di arretratezza morale con il suo sessismo ed il suo razzismo. In tal senso, The Shape of Water riflette negli anni '60 americani le stesse problematiche del mondo odierno, individuando nella vittoria dell'amore sulla paura una via d'uscita dal disastro in cui ci siamo ingolfati. Fa riflettere, per esempio, il modo in cui la creatura viene vista dei diversi personaggi in gioco: se il villain interpretato da Michael Shannon si pone in maniera conflittuale nei confronti della creatura, individuando in essa la chiave per il rilancio degli USA nella corsa tecnologica contro l'Unione Sovietica, gli fanno da contraltare l'apertura di Elisa e la comprensione della componente più scientifica del laboratorio. È proprio nei suoi personaggi che The Shape of Water trova uno dei suoi maggiori punti di forza, con interpretazioni da parte di tutti i protagonisti che valorizzano la compiutezza narrativa dell'autore: Sally Hawkins è una perfetta Elisa, delicata, profonda e struggente; Richard Jenkins è perfetto nell'incarnare il vicino Giles, figura paterna più che reale amico della protagonista; Octavia Spencer è radiosa e spumeggiante come sempre, diventando complementare rispetto alla silenziosa Elisa. Allo stesso modo è efficace Michaal Shannon, in una prova che riprende e rimodula le caratteristiche principali dei suoi abituali personaggi. In questi personaggi emerge la qualità dello script di del Toro, che si muove di pari passo con la sua resa visiva, con una messa in scena ricca di citazioni, rimandi interni e trovate da lasciare senza fiato che risultano sempre al servizio della storia. Guillermo del Toro attinge ad un tema più volte raccontato e lo immerge nella propria estetica, ampliando il proprio raggio d'azione: il mostro marino di The Shape of Water non è solo un'altra delle creature del regista di Pacific Rim (nella quale molti hanno visto un prequel di Hellboy, per la somiglianza con Abe Sapien), ma una storia che travolge e emoziona con equilibrio, misura ed una definitiva maturità artistica.
Antonio Cuomo (Movieplayer.it)
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