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Mercoledì 03 Luglio 2024
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150 MILLIGRAMMI
Drammatico
di Emmanuelle Bercot
con Sidse Babett Knudsen, Benoît Magimel, Charlotte Laemmel, Isabelle de Hertogh, Lara Neumann
128 minuti - Francia 2016

C'è un notevole merito che va riconosciuto all'attrice francese Emmanuelle Bercot nella sua veste, oggi sempre più frequente, di regista e sceneggiatrice: la volontà di 'abbracciare' i suoi personaggi, di annullare qualunque tipo di distacco per riversare su di essi tutta la propria empatia, conferendo loro in tal modo una forza e un carisma innegabili. Una caratteristica evidente nella malinconica nonna interpretata da Catherine Deneuve in Elle s'en va, così come nel ragazzo tormentato e nel solerte educatore dei servizi sociali di A testa alta, i due precedenti film della Bercot, ma anche nel team di poliziotti al centro di Polisse, da lei sceneggiato insieme alla regista Maïwenn. Un discorso analogo può essere applicato anche alla pneumologa Irène Frachon, figura ormai nota al pubblico francese grazie al suo esplosivo libro Mediator 150 mg - Combien de morts? e protagonista assoluta del nuovo lavoro della Bercot dietro la macchina da presa, 150 milligrammi, presentato in anteprima all'undicesima edizione del Festival del Cinema di Roma: la vera storia della 'crociata' intrapresa nel 2009 dalla dottoressa Frachon contro una grande industria farmaceutica. L'inquietante storia vera rievocata in 150 milligrammi è quella dello scandalo del Mediator, farmaco per il diabete prescritto però soprattutto per i suoi effetti dimagranti. Irène Frachon (Sidse Babett Knudsen), in servizio presso l'ospedale universitario di Brest, scopre un collegamento fra l'utilizzo del Mediator e i problemi cardiaci di numerosi pazienti, con innaturali alterazioni delle valvole cardiache che in diversi casi hanno portato addirittura alla morte. Assieme ad un'equipe medica presieduta dal dottor Antoine Le Bihan (Benoît Magimel, reduce dalla collaborazione con la Bercot in A testa alta), Irène si tuffa in una ricerca che potrebbe bloccare la vendita del Mediator e portare alla luce gli enormi rischi dovuti al suo uso (con percentuali statistiche da "repubblica delle banane", come rilevato in una battuta del film), scontrandosi però con l'ostilità della multinazionale produttrice del farmaco e di gran parte della comunità medica e accademica. Il conflitto fra un principio etico, assimilabile agli obblighi assunti dai medici nei confronti dei loro pazienti tramite il giuramento di Ippocrate, e le rischiose conseguenze di una battaglia che ripropone il sempiterno archetipo della lotta impari fra Davide e Golia: sintetizzando, in questo aspetto risiede il nerbo drammatico della pellicola di Emmanuelle Bercot. Un conflitto vissuto interamente dalla prospettiva dei 'giusti', eroi quotidiani che mettono la propria abnegazione al servizio di una causa troppo importante per pensare di arrendersi. E il personaggio della Frachon, medico amorevole, madre di famiglia e donna dalle incrollabili certezze morali e dalla battuta pronta, diventa così l'alfiera e la portabandiera di uno scontro emblematico, messo in scena dalla regista seguendo appieno i canoni di un certo cinema di denuncia di stampo hollywoodiano più mainstream: ovvero, lontano da qualunque forma di rigore per adottare invece un'enfasi che costituisce al contempo la forza e la debolezza del film stesso. Se infatti 150 milligrammi è contraddistinto da un ritmo e da un'energia lodevoli, tanto da far scorrere senza troppa difficoltà le oltre due ore di durata, l'approccio un po' schematico della sceneggiatura ed il suo ripiegamento su paradigmi narrativi ben noti rappresentano un tallone d'Achille. Certo, si tratta di un limite in qualche modo intrinseco alla prospettiva scelta dalla Bercot; eppure la regista francese non pone mai alcun freno alla natura schiettamente militante del suo film, né si preoccupa di inserire qualche 'crepa' nella determinazione granitica della propria eroina, o di smorzare (almeno a tratti) il netto manicheismo al cuore della trama. Il suo, in sostanza, è un docu-drama di impegno civile a cui mancano sfumature di maggiore complessità; e anzi, talvolta la Bercot rischia perfino di scivolare sopra le righe, soprattutto nel disegnare le sottili eccentricità di Irène, messe in contrapposizione con l'angosciata prudenza del collega Antoine. Per sua fortuna, la regista trova in Sidse Babett Knudsen un'interprete quasi miracolosa, capace da sola di apportare all'intero film il giusto equilibrio fra verve e gravitas. L'attrice di origine danese, magnifica comprimaria di Fabrice Luchini un anno fa ne La corte, sfodera una vivacità e un carisma da applausi, fornendo un contributo essenziale nel tener sempre viva l'empatia dello spettatore a dispetto dell'ostentato schematismo di cui sopra. E se 150 milligrammi, come prevedibile, si rivelerà (quantomeno in patria) un crowdpleaser, il merito sarà da attribuire anche e soprattutto alla sua ottima protagonista; mentre, a nostro avviso, per la Bercot questo film segna un piccolo passo indietro, forse, rispetto al più affascinante e sfaccettato A testa alta.
Stefano Lo Verme (Movieplayer.it)
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