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Mercoledì 03 Luglio 2024
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UN ALTRO MONDO
Drammatico
di Silvio Muccino
con Greta Scacchi, Silvio Muccino, Isabella Ragonese, Maya Sansa, Michael Rainey Jr.
110 minuti - Italia 2010

Non basta essere cinefili professionisti per orientarsi nel nuovo film di Silvio Muccino. Si comincia, infatti, con la voce fuori campo del regista/protagonista che snocciola una litania di frasette poetiche che fanno rabbrividire. E anche il racconto che prende le mosse da questo imbarazzante autospot ci va giù pesante con le situazioni, le descrizioni, i dialoghi, le angolature di ripresa, le musiche e i dettagli di luce e colore, tutti improntati a una forma retorica permanente, esibizionistica, kitsch. Eppure in «Un altro mondo» sopravvivono elementi che sorreggono sottotraccia l'impianto, passaggi che potrebbero fare ridere e invece pretendono in qualche modo il rispetto. Sarà lo spettatore a decidere in base alla propria sensibilità, ma per noi il segreto che riscatta l'operazione senza salvarla sta nella prova della coppia Muccino/Ragonese. Un duetto che sopporta le docce più melodrammatiche che scozzesi previste dal copione tratto dal romanzo di Carla Vangelista, non tanto grazie alla sincerità - una dote che sulla scena conta pressoché niente - quanto per merito del contagioso entusiasmo e di una tecnica sorprendente. Lui si chiama Andrea ed è un ventottenne di censo, funestato da una madre altera e gelida come uno stoccafisso (Greta Scacchi), quasi una caricatura che spadroneggia in una casa tutta quadri antichi e sofà di velluto sostituendo gli assegni agli affetti; lei si chiama Livia ed è la sua convivente deprivata di slanci e progetti; gli altri sono gli amici goliardi e gaudenti, pesci pilota di un trantran mai illuminato da una speranza o da un senso. La depressione ovviamente incombe, ma va ancora peggio quando lo sballato rampollo riceve una lettera dal Kenya che gli annuncia l'imminente morte del padre di cui s'erano perse le tracce da tempo. Convocato a Nairobi da un'odiosa amica di babbo (Maya Sansa), scopre di avere un fratellino nero di otto anni (Michael Rainey) che gli viene a viva forza affibbiato sul gobbo. Tornato a Roma il protagonista vorrebbe velocizzare le pratiche d'affido, anche perché le sue abitudini sono stravolte dalla buffa invadenza dell'ometto che si esprime come un libro stampato; ma la lotta senza quartiere tra i valori assoluti e sani (in primo luogo della paternità) e quelli falsi, illusori e cinici del nostro «monno 'nfame» darà un esito prevedibile. Il menu vagamente veltroniano, che per qualcuno riflette i tormenti autobiografici di Muccino, potrebbe nauseare se non ci fossero, appunto, gli attori giusti: Silvio mai così convinto, impetuoso, fotogenico (anche troppo per quanto si guarda e si piace, soprattutto nelle scene di sesso), Isabella intensa, tempista, sempre a suo agio nell'inquadratura (anche coraggiosamente, quando non ne è impreziosita).
Valerio Caprara (Il Mattino)
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