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Mercoledì 03 Luglio 2024
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HEREAFTER
Drammatico
di Clint Eastwood
con Matt Damon, Cécile de France, Bryce Dallas Howard, Jay Mohr
126 minuti - USA 2010

Il critico Roger Ebert riferisce che Peter Morgan sceneggiatore di Hereafter non crede nell’aldilà, parola di Eastwood che il film lo ha diretto. Quanto a lui, il grande Clint, senza pretendere di dare risposte, prende atto di un fatto: se il credente possiede la certezza della fede, e l’ateo si barrica dietro lo scetticismo della razionalità, c’è pure qualcuno, forse più sensibile, forse più vulnerato, che con una dimensione altra si trova a dover convivere nella quotidianità. L’americano Matt Damon è un sensitivo: gli basta un breve contatto di mano ed entra nel dolore del suo interlocutore, incontra i suoi fantasmi, sa qual è il fardello che si trascina. Invece la giornalista francese Cecile de France, ferita gravemente durante uno tsunami, mentre era in coma è entrata in una luce popolata di ombre, un racconto fatto da molti sopravvissuti. E poi c’è il piccolo londinese Frankie McLaren, legatissimo al gemello morto travolto da un’auto, che non sa come andare avanti senza quel suo alter ego, finché non gli pare che questi si manifesti salvandogli vita. Consapevoli per diversi motivi che non tutto quel che è in terra si può spiegare e che il mistero fa parte dell’esistenza, queste tre persone non hanno vocazioni mistiche, esoteriche o religiose: aspirano semmai a sentirsi normali, comprese, a ricevere amore, a non essere condannate alla solitudine. Piccolo miracolo che si verifica nel finale rasserenante quando i loro destini casualmente si incrociano, secondo un meccanismo drammaturgico in voga. Per entrare nello spirito dell’ottimo copione di Morgan, già autore di impeccabili lavori di tutt’altro genere come Frost/Nixon e The Queen, la chiave di volta è Charles Dickens, che Damon si diletta ad ascoltare letto da Derek Jacobi. Per quella sua capacità di coniugare con naturalezza picaresco e impegno sociale, realismo e fantasmagoria, il romanziere vittoriano, che a un certo punto come si sa si avvicinò al paranormale, è in qualche modo l’ispiratore segreto del film. Il viatico che muove la storia al suo epilogo; e attraverso il quale allo scoccare dei fatidici ottanta, Eastwood ha scelto di affacciarsi alla soglia dell’inconoscibile, imbastendo con estrema finezza di regia e uno sguardo stoico che non indulge mai al patetico un altro suo bellissimo capitolo di cinema.
Alessandra Levantesi (La Stampa)
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