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Mercoledì 03 Luglio 2024
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IN UN MONDO MIGLIORE
Drammatico
di Susanne Bier
con Ulrich Thomsen, Trine Dyrholm
100 minuti - Danimarca/Svezia 2010

Susanne Bier ha sempre messo al centro delle sue storie sentimenti forti, primordiali, e rapporti familiari animati da passioni violente per la loro intensità non edulcorata. Con Non desiderare la donna d'altri aveva dipinto un triangolo che vedeva due fratelli contendersi l'amore della moglie di uno dei due (e Hollywood prontamente ne aveva girato un remake meno originale); con Dopo il matrimonio, candidato all'Oscar nel 2006, la Bier aveva esplorato, attraverso un altro triangolo, la forza dell'amore coniugale ma anche quella dell'istinto di sopravvivenza. In entrambe le storie i figli erano onnipresenti ma sempre di contorno rispetto agli adulti della storia. Con In un mondo migliore, vincitore del Gran premio della giuria all'ultimo festival di Roma e proposta della Danimarca per la cinquina degli Oscar, i bambini finalmente sono al centro: due amici, il timido Elias e lo spavaldo Christian (Markus Rygaard e William John Nielsen), si confrontano con il mondo crudele delle scuole medie e con i bulletti locali, ponendosi come obiettivo di comportarsi in modo diverso dai loro genitori, troppo tolleranti e disposti a offrire l'altra guancia. Christian invece conosce la legge della giungla e la applica ad amici e nemici; Elias è più dubbioso, ma avverte il carisma dell'amico e fa tesoro della sua amicizia e protezione. È un attimo perché la violenza difensiva di Christian si trasformi in offensiva, e perché Elias lo segua lungo la sua pericolosa escalation. Ai genitori non resterà che aprire gli occhi su quello che succede ai loro figli, e su quanto i loro metodi educativi siano inadeguati e inefficaci. In un mondo migliore si misura schiettamente con la complessità e l'aggressività istintiva della natura umana, a stento arginata, e talvolta repressa, dalla cosiddetta società civile. E mostra come la violenza cresca come una spirale e avviluppi come una ragnatela chiunque la avvicini, sia con paura che con interesse. «Non venirmi a dire ciò che è giusto e cos'è sbagliato!», sbotta Christian davanti al padre (Ulrich Thomsen, l'attore feticcio del Dogma), mettendo in evidenza tutta la sua inadeguatezza come guida e come esempio vincente. E se è vero che i figli non capiscono il valore stabilizzante del contenimento della rabbia e delle pulsioni animalesche, è anche vero che i loro padri sembrano aver perso il contatto con la crudezza della realtà e con la natura maschile più profonda e ferina. Ancora una volta Susanne Bier, pur sempre lungo le corde del melodramma e con qualche caduta di tono e di tensione, dimostra il coraggio di manipolare una materia incandescente, trattando temi scomodi e spaventosi che hanno a che fare con la ridefinizione delle nostre identità in tempi di grande smarrimento. Meno compiuto dei suoi film precedenti, anche perché il finale è aperto e si deve prestare a varie interpretazioni, In un mondo migliore è però più coraggioso e sperimentale dal punto di vista degli argomenti. La Bier mostra una lucida volontà di staccarsi dallo stile narrativo melodrammatico che l'ha resa famosa cercando toni più asciutti ed essenziali, meno compiaciuti dal punto di vista formale e meno effusivi da quello emotivo. La regista-sceneggiatrice si mette in gioco e cerca nuove strade espressive, pur restando fortemente ancorata alla sua poetica intensa e carnale. I due ragazzini rimarranno un mistero per noi spettatori così come per i loro genitori, ma ancora più misterioso si rivelerà il distacco dei genitori dalle cose del mondo, a metà fra il rigore morale e l'abulia, la forza d'animo e la mancanza di iniziativa. E la regista conserva intatta l'ambiguità inscritta in questa storia contemporanea e crudele. In un mondo migliore è anche il ritratto di un paese, la Danimarca, percepito all'esterno come l'epitome della convivenza civile, e invece minato al suo interno da tensioni sociali e politiche che contraddicono la sua facciata perbene. E la rabbia senza nome che agita i personaggi della storia, accresciuta da ingiustizie cui si cerca di reagire con pazienza e calma razionale, si ritrova in tutto il mondo occidentale, schiacciato sotto il peso di frustrazioni collettive e individuali che non trovano espressione nel reame del politically correct, e finiscono spesso per sfogare in nazionalismi e xenofobie altrimenti inspiegabili.
Paola Casella (Europa)
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